Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9758 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9758 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BULGARU ANDREI N. IL 09/07/1961
avverso la sentenza n. 12/2003 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
23/08/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
4e44e/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 30/01/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 agosto 2013 la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato sussistenti le
condizioni per l’estradizione di Bulgaru Andrei, richiesta dalla Repubblica di Moldavia in relazione
all’ordine di cattura internazionale emesso dal Tribunale di Centru 1’8 dicembre 2010 per il reato di

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione il Bulgaru,
deducendo una palese violazione del diritto di difesa nel giudizio svoltosi dinanzi alla Corte d’appello,
dove egli non ha ottenuto audizione pur avendo chiesto di essere sentito in ordine ai fatti per cui è
accusato. La base indiziaria a suo carico è insufficiente ed artificiosa, mentre il procedimento penale
avviato nei suoi confronti, come pure la successiva richiesta di estradizione, sono determinati da ragioni
politiche. Sussistono, infine, rischi di possibili persecuzioni politiche e lesioni della propria sicurezza ed
integrità personale, con la conseguente violazione dell’art. 698 c.p.p. .

3. Con memoria difensiva dell’Avv. Marius Lazar, pervenuta presso la Cancelleria di questa
Suprema Corte in data odierna, si richiede il rigetto della richiesta di estradizione avanzata nei confronti
del Bulgaru, titolare di doppia cittadinanza, sia moldava che romena, assumendo che la richiesta è stata
proposta dalle autorità moldave senza che egli fosse a conoscenza del processo e potesse dunque
dimostrare la sua innocenza. Vengono citate, al riguardo, la disposizione di cui all’art. 4, comma 1, della
Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’Unione europea, unitamente a quelle in tema di
rifiuto dell’esecuzione di cui alla Decisione quadro 2009/299/GAI, ed alle norme contenute negli artt.
47 e 48, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. .

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

5. Dalla motivazione dell’impugnata pronunzia risulta che la Corte d’appello ha puntualmente
considerato le obiezioni difensive in tema di violazione dei diritti della difesa nel procedimento dinanzi
all’A.G. moldava, escludendone la fondatezza sul rilievo, contestato solo genericamente dall’estradando,
che egli è stato in realtà assistito da un difensore che ha potuto interloquire sulla vicenda, chiedendo il
rigetto della richiesta del Procuratore della Repubblica.
Sotto altro, ma connesso profilo, deve poi rilevarsi come la Corte d’appello abbia correttamente
ritenuto l’infondatezza delle deduzioni e dei rilievi contenuti nella memoria difensiva — del tutto analoga

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truffa aggravata continuata, commesso tra l’agosto ed il dicembre 2008 e sino al 16 settembre 2009.

a quella successivamente trasmessa anche a questa Suprema Corte — osservando come le questioni ivi
sollevate ineriscano, propriamente, all’applicazione della diversa normativa in materia di mandato di
arresto europeo, laddove nel caso in esame deve ritenersi, con ogni evidenza, applicabile la normativa
estradizionale, atteso che la Moldavia non fa parte dell’U.E. ed ha invece aderito alla Convenzione
europea di estradizione del 13 dicembre 1957.

idonee a ritenere che l’estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per i motivi
delineati nell’art. 698, comma 1, c.p.p. .
Al riguardo, peraltro, è noto l’indirizzo interpretativo espresso da questa Suprema Corte, secondo
cui, in tema di estradizione per l’estero, il divieto di pronuncia favorevole ove si abbia motivo di ritenere
che l’estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori, ovvero a pene o trattamenti
crudeli, disumani o degradanti, o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti
fondamentali della persona, opera esclusivamente nelle ipotesi — nel caso di specie non prospettate, né
in alcun modo ravvisabili – in cui ciò sia riferibile ad una scelta normativa o di fatto dello Stato
richiedente, a prescindere da contingenze estranee ad orientamenti istituzionali, non rilevando quelle
situazioni rispetto alle quali sia comunque possibile una tutela legale (da ultimo, Sez. 6, n. 10905 del
06/03/2013, dep. 07/03/2013, Rv. 254768).

7. Sulla base della documentazione inviata dallo Stato richiedente, la Corte d’appello ha
coerentemente ravvisato la presenza di ragioni giustificative poste a fondamento del mandato di cattura
provvisorio emesso in ordine alla realizzazione del reato contestato all’estradando, rilevando, sulla
stregua delle fonti di prova indicate dallo Stato richiedente (deposizioni delle parti lese), che la richiesta
estraclizionale è stata formulata per avere egli, nella sua qualità di direttore di una società commerciale
con sede legale in Ungheni, in concorso con la moglie, amministratrice della medesima società, posto in
essere attività fraudolente in danno di ditte terze, conseguendo ingiusti profitti pari a complessivi Lei
3.278.563,60 nel lasso temporale sopra indicato.
Procedendo in tal guisa, dunque, deve ritenersi che la Corte di merito abbia fatto buon governo del
quadro di principii al riguardo stabiliti da questa Suprema Corte, secondo cui, in tema di estradizione
per l’estero, secondo il regime di consegna disciplinato dalla Convenzione europea del 13 dicembre
1957, l’autorità giudiziaria italiana è tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione, che la
documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema
processuale dello Stato richiedente, l’esistenza di elementi a carico dell’estradando (da ultimo, Sez. 6, n.
16287 del 19/04/2011, dep. 22/04/2011, Rv. 249648).

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6. Non sono emerse, né sono state specificamente allegate, situazioni concrete, oggettivamente

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8. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al
versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo quantificare nella misura di euro
mille.
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli
adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att., c.p.p. . Manda alla Cancelleria per gli adempimenti

di cui all’art. 203, disp. att., c.p.p. .

Così deciso in Roma, li, 30 gennaio 20143.

att., c.p.p., nonchè a quelli previsti dall’art. 203, disp. att., c.p.p. .

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