Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9755 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9755 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso straordinario proposto da
1. Domenico Festa, nato a Ginosa il 29/09/1961
avverso la sentenza del 20/02/2013 della Corte Suprema di Cassazione
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo la revoca della sentenza n. 526 del
2013$ di questa Corte, limitatamente al rigetto del ricorso nella parte relativa al
reato di cui all’art. 648 cpv. cod. pen., con rigetto nel resto e disposizioni per
l’ulteriore corso;
RITENUTO IN FATTO
1.

Questa Corte Suprema di Cassazione, con sentenza emessa il

20/02/2013 ha definito il procedimento penale a carico di Domenico Festa n.r.g
29452/2012, inerente ad episodi di truffa e ricettazione, rigettando il ricorso
proposto d’interessato.
2. Ha proposto ricorso il Festa ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen. nel
presupposto che la Corte abbia erroneamente qualificato i fatti ai sensi dell’art.
648 comma 1, in luogo che in base al capoverso della norma incriminatrice, così
incorrendo nell’errore di non rilevare la già intervenuta prescrizione del reato,
situazione che caratterizza anche l’ulteriore imputazione per il reato di truffa,
consumato il 12/07/2005, che alla data della citata pronuncia doveva qualificarsi
anch’esso estinto.
Si chiede quindi la revoca del provvedimento impugnato e l’accertamento
della causa estintiva dei reati.

Data Udienza: 30/01/2014

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Deve rilevarsi che nella sentenza oggetto dell’impugnazione straordinaria
è effettivamente indicato uno dei reati attribuiti all’odierno ricorrente, nella
ricettazione di cui all’art. 648 cod. pen, ed altrettanto chiaramente dalla lettura
della sentenza di secondo grado è emerso che la responsabilità era stata
riconosciuta applicando la fattispecie di cui al capoverso della medesima

Tale erronea indicazione non risulta però produttiva di effetti giuridici
suscettibili di rimedio con l’impugnazione proposta, che può attivarsi solo
nell’ipotesi di errori che discendono da erronea percezione, e producano effetti
giuridici automatici, che non richiedano un diverso giudizio, estraneo all’ambito
del rimedio proposto (Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011 – dep. 17/10/2011,
Corsini, Rv. 250527) .
È bene ricordare che per pacifica giurisprudenza (solo da ultimo
Sez. 2, Sentenza n. 4032 del 10/01/2013, dep. 25/01/2013, imp. Renzi,
Rv. 254307) la fattispecie di cui all’art. 648 cpv. cod. proc. pen. applicata nel
caso concreto, non costituisce una figura autonoma di reato, ma un’attenuante,
con la conseguenza che, in forza dell’art. 157 cod. proc. pen. testo attualmente
vigente, non può considerarsi idonea ad incidere sulla pena da porre a base del
calcolo per l’individuazione del termine di prescrizione, che deve riferirsi alla
pena edittale dell’ipotesi di cui al comma 1 della norma incriminatrice, pari ad
anni otto, aumentati per gli atti interruttivi ad anni dieci e mesi sei, non ancora
decorsi all’atto della pronuncia oggetto di impugnazione.
Analogamente, ove fosse applicabile la vecchia disposizione dell’art. 157
cod. pen. antecedente alla riforma contenuta nella I. 5 dicembre 2005 n. 251, la
diversa considerazione dell’attenuante effetto di tale disciplina ridurrebbe di un
solo giorno la pena base, con assenza di effetti concreti sui termini di calcolo.
Deve quindi concludersi che l’errore materiale contenuto nella pronuncia
oggetto del ricorso, individuabile nel suo richiamo generico alla disposizione di
cui all’art. 648 cod. pen, è improduttivo di effetti giuridici, circostanza che
evidenzia la manifesta infondatezza dell’istanza, volta all’accertamento
dell’estinzione del reato per prescrizione, che non può dirsi maturata, non
essendo decorsi, neppure allo stato, i dieci anni e sei mesi dalla consumazione
del reato indicata nel 12/07/2005.
3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche in relazione alla richiesta
formulata con riferimento all’accertamento di prescrizione dell’ulteriore reato di

2

Cassazione sezione VI penale, rg. 33285/2013

disposizione.

I

truffa, peraltro proposta in mancanza di indicazione dell’errore di fatto che ha
determinato la difforme decisione.
L’esame della sentenza di secondo grado ha consentito di verificare che la
data di consumazione di quel reato venne individuata, a seguito di uno specifico
accertamento di fatto, nel 13/11/2005, dato il cui accertamento non ha costituito
oggetto di contestazione nel ricorso proposto avverso quella pronuncia.

prescrizione, che conduce ad individuare al maggio 2013 la scadenza dei sette
anni e mezzo previsti quale termine massimo per quella imputazione, termine
che ricade in epoca successiva alla pronuncia oggetto dell’odierna impugnazione.
4. Per l’effetto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso, l’interessato è tenuto
al pagamento delle spese del grado e della somma indicata in dispositivo, in
favore della Cassa delle ammende, ritenuta equa, in applicazione dell’art. 616
cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 30/01/2014.

Conseguentemente è a tale data che va rapportato il calcolo per la

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