Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9739 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9739 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI
BENEVENTO
nei confronti di
IANNELLA ANTONIO n. 11/11/1969
IANNELLA CARMINE n. 19/1/1965
IANNELLA RAFFAELE n. 27/3/1968
PERUGINI GIUSEPPE n. 12/3/1960
avverso l’ordinanza n. 2342/2013 del

TRIBUNALE DEL RIESAME DI

BENEVENTO del 27/6/2013
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PAOLO CANEVELLI che ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Uditi gli avv. ROBERTO PROZZO e GIUSEPPE SAUCHELLA che hanno chiesto il
rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il pubblico ministero presso il Tribunale di Benevento ha proposto ricorso
avverso l’ordinanza del 27 giugno 2013 del Tribunale del Riesame di Napoli per
la parte in cui rigettava il suo appello avverso il diniego del gip del Tribunale di
Benevento di applicazione di una misura cautelare da parte nei confronti di
Iannella Antonio, Iannella Carmine, Iannella Raffaele e Perugini Giuseppe per il

Data Udienza: 20/12/2013

reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione ed ai reati contro
la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica ed in materia elettorale,.
Il Tribunale del Riesame fondava la propria decisione essenzialmente sulla
carenza di motivi specifici dell’atto di impugnazione.
Quanto a Perugini Giuseppe, osservava come nell’atto di impugnazione non
vi fosse alcun motivo riferibile a condotte sintomatiche della partecipazione alla
presunta associazione per delinquere né quale ruolo avrebbe egli svolto; né,
comunque, vi era alcuna valutazione critica alla decisione del gip.

innanzitutto come l’ufficio impugnante si limitasse a riportare le fonti di prova
senza svolgere alcuna considerazione per indicare gli elementi costitutivi del
reato associativo; il Tribunale valutava comunque il merito effettuando una
analitica valutazione delle fonti di prova, giungendo alla conclusione della
insussistenza di elementi a sostegno della tesi di accusa.
Il ricorso del pubblico ministero presenta un unico articolato motivo con il
quale deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge. Lo svolgimento
consiste essenzialmente nella trascrizione di fonti di prova, con brevi commenti,
per concludere che “dall’esame dei capi di imputazione dalla lettura degli atti,
solo in parte riportati e nel presente atto, discende con evidenza il vincolo
associativo, l’indeterminatezza del programma criminoso e l’esistenza di una
struttura organizzativa anche minima idonea a realizzare i fini criminosi”.
Il ricorso è inammissibile.
Innanzitutto va rammentato quali siano le regole in materia di impugnazione
del pubblico ministero in materia cautelare.
Anche in tale materia l’appello ha le medesime caratteristiche generali di
tale tipo di gravame. Quindi è necessario:
– che siano rispettate le caratteristiche di specificità dell’atto di
impugnazione nell’individuare i punti del provvedimento impugnato rispetto ai
quali si formulano doglianze;
– che in riferimento a tali punti siano svolti argomenti in fatto ed in diritto
specifici non potendosi l’appello limitare ad un generico invito alla revisione della
originaria decisione mediante una autonoma valutazione della richiesta di misura
cautelare.
La conseguenza è, quindi, che in linea generale un semplice richiamo
dell’atto di appello al contenuto della richiesta di misura cautelare non potrà
soddisfare tali requisiti di specificità salvo, ovviamente, i casi nei quali, vuoi per
motivi formali ritenuti assorbenti, vuoi per particolare apoditticità della decisione
del primo giudice, di fatto non vi sia stata alcuna valutazione della richiesta
stessa. La peculiarità della impugnazione cautelare del PM tocca, invece, altri

Quanto a Iannella Antonio, Iannella Carmine, Iannella Raffaele, osservava

profili.

In particolare, poiché il caso non è assimilabile a quello

dell’impugnazione di una sentenza che interviene a seguito di una fase in
contraddittorio, il Tribunale che giudica in sede di appello cautelare, ancorché il
provvedimento di rigetto della misura cautelare abbia affermato, ad esempio, la
esistenza di gravità indiziaria e la assenza di esigenze cautelari, dovrà valutare la
sussistenza delle complessive condizioni per la emissione dell’atto; ma non è una
questione che rileva nel caso di specie.
Non rileva ai fini della disciplina dell’appello cautelare neanche l’apparente

309 cod. proc. pen poichè quest’ultima impugnazione consiste, in realtà, nella
ripetizione nel giudizio cautelare da effettuare in contraddittorio, su richiesta
facoltativa del soggetto sottoposto alla misura che non ha partecipato al
procedimento applicativo della stessa.
Di tali regole il giudice di appello aveva fatto corretta applicazione ritenendo
quindi l’ impugnazione pubblico ministero priva di motivi specifici.
Con il ricorso il pubblico ministero – peraltro anche in questa sede ripetendo
l’errore di formulare motivi privi del necessario requisito di specificità – non ha
offerto elementi che consentono di ritenere specifici i motivi dell’originario atto di
appello.
Per Iannella Antonio, Iannella Carmine, Iannella Raffaele il Tribunale ha
comunque ritenuto che gli elementi addotti non fossero in grado di fondarne
alcuna ipotesi di responsabilità. Anche sotto tale profilo il ricorso è
assolutamente generico limitandosi, come sopra trascritto, a ribadire una
presunta adeguatezza probatoria del materiale indiziario accolto, materiale
ampiamente trascritto nel ricorso senza alcuna valutazione critica degli
argomenti del provvedimento impugnato.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso.

parallelismo della particolare impugnazione rappresentata dal riesame ex articolo

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