Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9736 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9736 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Scuto Andrea Alfredo, nato a San Giovanni La Punta il 06/04/1970

avverso la ordinanza del Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame,
in data 10/06/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto dott. Eduardo
Scardaccione, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l’ordinanza del 10/06/2013 con la quale il Tribunale di Catania, in
funzione di giudice del riesame, ha respinto il ricorso proposto da Andrea Alfredo
Scuto contro l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dello stesso
Tribunale, in data 27/05/2013: provvedimento, quest’ultimo, di applicazione
della misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di cessione ed illecita
detenzione di stupefacente del tipo marijuana.

Data Udienza: 10/12/2013

Nell’ordinanza impugnata il Tribunale ricostruisce le circostanze appurate in
occasione dell’arresto in flagranza del ricorrente. A seguìto di attività
investigativa, agenti di polizia giudiziaria avevano pedinato tali Salvatore Fallica
e Giulio Nicotra, nell’aspettativa che ricevessero in consegna un quantitativo di
stupefacenti. I due si erano portati presso l’autoparco gestito dall’odierno
ricorrente, ed avevano da questi ricevuto un oggetto, riposto dal Nicotra in uno
zaino. Controllato immediatamente dopo, tale zaino era risultato contenere due
panetti di marijuana, per un peso complessivo di 2,850 chilogrammi. Tre panetti

un peso complessivo di 3,450 chilogrammi.
Si apprende dall’ordinanza impugnata che Scuto, in sede di convalida, aveva
reso dichiarazioni parzialmente confessorie, secondo cui l’interessato si sarebbe
prestato a custodire materiale della cui vera natura avrebbe appreso solo in un
momento successivo.
Il Tribunale ha ritenuto sussistere un grave quadro indiziario, negando
attendibilità alle allegazioni difensive in punto di dolo, e ponendo in rilievo la
natura professionale dell’attività illecita, tale da escludere, sempre secondo il
Tribunale, l’adeguatezza di misure alternative alla carcerazione.

2. Andrea Alfredo Scuto propone personalmente ricorso, denunciando, con un
primo motivo, proposto a norma dell’art. 606, comma 1, lettere b) ed e), cod.
proc. pen., la ritenuta violazione degli artt. 273 e 274 del codice di rito,
essendosi applicata e confermata la misura cautelare in assenza di gravi indizi di
col pevolezza.
Con un secondo motivo, alla luce dei medesimi parametri, si denuncia
violazione del disposto della lettera c) dell’art. 274 cod. proc. pen., posta
l’affermata carenza di pericolosità sociale in capo al ricorrente, il quale, gravato
da precedenti solo per fatti depenalizzati o per delitti di truffa e insolvenza
fraudolenta, sarebbe per ciò stesso comprovatamente privo di rapporti con
organizzazioni criminali, considerato anche lo svolgimento di una regolare
attività lavorativa.
Con il terzo motivo di impugnazione, proposto a norma dei parametri già
citati, viene prospettata una violazione dell’art. 275 cod. proc. perì., avuto
particolare riguardo al principio di proporzionalità, quanto meno in rapporto alla
specie della misura applicata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

analoghi erano stati trovati nell’autoparco, su indicazione dello stesso Scuto, per

1. Il ricorso è inammissibile, per la genericità e la manifesta infondatezza dei
motivi che sono stati posti a suo sostegno.
1.1. Come risulta dall’esposizione che precede, il ricorrente è stato arrestato
in flagranza di reato, ed il provvedimento impugnato descrive con adeguato
dettaglio i fatti e le fonti di prova. Se si eccettua la citazione di massime in
materia di indizi, il primo motivo si risolve nella mera affermazione che, nel caso
di specie, il materiale probatorio sarebbe insufficiente a concretare una elevata
probabilità di colpevolezza. Una censura generica, appunto, e dunque produttiva,

1.2. Con il secondo motivo l’interessato mira inammissibilmente ad ottenere
un nuovo giudizio, ad opera della Corte di legittimità, in punto di ricorrenza delle
esigenze cautelari e di adeguatezza della sola custodia in carcere quale cautela
utile alla relativa garanzia.
Scuto si diffonde sulla qualità dei suoi precedenti, evidenziando che non si
riferirebbero a fatti di criminalità organizzata, ed in pratica deducendone una
dimostrazione della sua contenuta pericolosità. Sennonché il Tribunale del
riesame non ha tratto la convinzione contraria dai precedenti di Scuto, che ha
menzionato solo in quanto la difesa aveva già proposto l’argomento poi ripreso
con l’odierno ricorso. La rilevante pericolosità dell’imputato, e l’inadeguatezza di
misure non carcerarie, sono state invece dedotte dalla qualità dei fatti contestati,
relativi a diversi chilogrammi di sostanza stupefacente e ritenuti espressivi, in
base ad un ragionamento esplicito e logicamente non censurabile, di una
dedizione professionale al traffico di droga. Si è apprezzata dal Tribunale anche
la circostanza della disponibilità di una occupazione, rilevando come Scuto
avesse utilizzato proprio il luogo di lavoro come base per la sua attività
criminosa.
1.3. Il terzo motivo è assolutamente generico, in quanto si limita a
denunciare un preteso difetto di proporzionalità della misura applicata.
Può comunque rilevarsi che le sanzioni edittali per il reato in contestazione
sono severe, tenuto anche conto della condizione di recidiva reiterata del
ricorrente, cosicché risulta palese la stessa infondatezza sostanziale del rilievo
astrattamente formulato.

2.

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna

dell’interessato al pagamento di una somma in favore della Cassa delle
ammende, che la Corte stima di quantificare in mille euro.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui al comma 1-ter dell’art.
94 delle disp. att. cod. proc. pen.

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u2,

per la parte che la riguarda, di inammissibilità della impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della
somma di euro 1.000, 00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 10/12/2013.

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