Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9726 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9726 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

Data Udienza: 30/01/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Donatello Corrado, nato in Svizzera il 02/02/1975
avverso la sentenza del 30/11/2012 della Corte d’appello di L’Aquila
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Volpe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30/11/2012 la Corte d’appello di L’Aquila ha
confermato la pronuncia di condanna emessa dal Gup del Tribunale di Chieti nei
confronti di Donatello Corrado, in relazione al reato di falsa testimonianza.
2. Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato deducendo nullità del
decreto di irreperibilità che aveva preceduto la comunicazione dell’avviso di
conclusione indagini, in quanto emesso senza essere preceduto dalle ricerche
richiamate dall’art. 159 cod. proc. pen. né successivamente seguito dalle
prescritte comunicazioni, situazione integrante una nullità insanabile, che
travolge anche gli atti successivi.
In proposito si contrasta l’assunto della Corte di merito, che ha ritenuto
con l’ordinanza impugnata unitamente alla sentenza, non più rilevabile il vizio
per effetto della presenza dell’interessato all’udienza e per l’opzione svolta in
quella sede per la definizione del giudizio con il rito abbreviato, oltre che per
l’omesso svolgimento dell’eccezione sul punto a cura della difesa nel medesimo
contesto, dato storico smentito da quanto eccepito in quella sede.
3. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge penale e mancanza
ed illogicità della sentenza che non ha correttamente interpretato quanto

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affermato dall’interessato in precedenza in ordine alle forniture per uso
personale di stupefacente, e quanto poi riferito in argomento nel corso
dell’udienza del procedimento ove aveva reso la testimonianza che si assume
falsa, elementi di fatto che si ritengono non incompatibili, così smentendo
l’accertamento di sussistenza del reato. Si richiama a sostegno della propria tesi
il contenuto testuale del verbale di dibattimento nel corso del quale erano state

dell’accusa dell’individuazione, da parte del ricorrente, di tale Cavallucci quale
suo fornitore abituale, prospettando la comune tossicodipendenza e l’intervento
di agevolazione reciproca nel momento di necessità, cui aveva voluto riferirsi
l’interessato nelle prime dichiarazioni oggetto di contestazione.
La situazione descritta, non contraddicendo quanto successivamente
affermato, escludeva l’esistenza della contestata falsa testimonianza.
4. Si deducono da ultimo i medesimi vizi sulla decisione di esclusione delle
attenuanti generiche, motivata in maniera generica, senza considerare i positivi
elementi di fatto posti a base dell’istanza difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
2. Costituisce dato del tutto pacifico (per tutte sul punto Sez. 6, Sentenza n.
34170 del 04/07/2008, dep. 26/08/2008, imp. Fonzi, Rv. 240705) che la nullità
del giudizio possa conseguire solo alla mancata citazione dell’imputato, e non
nella diversa ipotesi di irregolarità della stessa, che come tutte le cause di nullità
relativa, può essere sanata se l’atto raggiunge lo scopo. Nella specie risulta che
l’interessato, citato a giudizio sia pure a seguito di un decreto di irreperibilità non
preceduto dalle prescritte ricerche, è comparso all’udienza preliminare
personalmente, in quella sede proponendo l’istanza di definizione del giudizio con
il rito abbreviato.
In tal modo risulta dimostrato che la citazione a giudizio ha raggiunto lo
scopo di essere conosciuta dall’imputato, e nel contempo è risultata sanata
l’irregolarità creatasi a seguito dell’irrituale notifica dell’avviso di chiusura
indagini, poiché la richiesta di definizione del procedimento allo stato degli atti ha
dimostrato l’assenza di istanze difensive riguardanti la definizione del
procedimento prima della richiesta di rinvio a giudizio, producendo l’effetto
sanante ai sensi dell’art. 183 cod.froc. pen. pacificamente attribuito all’istanza di
definizione con rito contratto (per caso conforme vedi Sez. 6, n. 25153 del
04/05/2010 – dep. 02/07/2010, Leotta e altri, Rv. 247777).

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Cassazione sezione VI penale, rg. 38905/2013

svolte le contestazioni. In particolare si smentisce l’assunto posto a base

La circostanza che tale richiesta sia stata preceduta dall’eccezione difensiva
riguardante la nullità verificatasi nel corso delle indagini, respinta dal giudicante,
è superata dalla successiva istanza di definizione con rito abbreviato, per gli
effetti sananti di tale richiesta, sopra richiamati.
3. L’ulteriore motivo di ricorso, sia pur formalmente fondato sulla violazione
di legge, si sviluppa nell’illustrazione di un preteso vizio della motivazione,

mancato accoglimento di tale impostazione, senza individuare specifiche carenze
argomentative, o illogicità o contraddizioni nell’esposizione che sole possono
attestare la presenza del vizio lamentato.
Con i motivi proposti si sollecita una nuova determinazione di merito sul
punto, estranea a questa fase del giudizio, laddove la Corte territoriale,
soffermandosi sul contenuto testuale della testimonianza, secondo il senso
proprio dei termini usati, ha concluso per la perfetta intelligibilità dell’indicazione
fornita dall’interessato nel corso delle indagini in ordine alla identità del fornitore
ed al suo specifico ruolo, concludendo, in maniera coerente, nel senso
dell’accertamento del reato.
4. Del tutto generico risulta il motivo formulato con riferimento all’esclusione
del riconoscimento delle attenuanti generiche. Sul punto risulta acquisito che il
giudicante, nell’esercizio della sua discrezionalità, sia tenuto ad individuare, in
caso di esclusione del beneficio, gli elementi negativi che giustificano tale
conclusione, dovendo ritenersi questi implicitamente sovrastanti rispetto alle
circostanza di segno diverso, eventualmente segnalate dalla difesa (sul punto
Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 – dep. 23/09/2010, Giovane e altri, Rv.
248244).
Nel caso di specie il difensore non contesta l’effettività degli elementi indicati
dalla Corte come ostativi alla concessione del beneficio, quali in particolare i
precedenti risultanti a carico del ricorrente, ma lamenta un deficit argomentativo
sui dati di fatto di segno opposto, posti a base dell’appello, che, per quanto
esposto, risulta pacificamente non idoneo a vincolare il giudicante nella loro
confutazione; la sottoposizione in questa sede dei medesimi argomenti di fatto
sollecita una diversa determinazione di merito, estranea a questa fase del
giudizio.
5. L’accertamento di inammissibilità del ricorso impone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione
del’art. 616 cod. proc. pen.

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Cassazione sezione VI penale, rg. 38905/2013

articolato con richiamo alla propria chiave lettura dei fatti, ed con riferimento al

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso il 30/01/2014.

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