Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 972 del 29/10/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 972 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZARIELLO FELICE LUCA N. IL 18/02/1974
avverso l’ordinanza n. 746/2014 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
30/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lepe/sentite le conclusioni del PG Dott.

q,

Uditi difensor Avv.;

\

Data Udienza: 29/10/2014

.29851/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30 maggio 2014 il Tribunale di Milano ha rigettato istanza di riesame
presentata da Mazzariello Felice Luca avverso ordinanza dell’8 aprile 2014 con cui il gip dello
stesso Tribunale aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere al suddetto in
quanto indagato per il reato di cui agli articoli 110, 81 cpv. c.p., 2 d.lgs. 74/2000 per avere,

amministratore di fatto di una società cartiera, Assafin Srl, registrato nelle scritture contabili
obbligatorie dei periodi di imposta 2009 e 2010 elementi passivi fittizi riguardanti le transazioni
con la suddetta cartiera e con un’ulteriore società cartiera, JS Srl.
2. Ha presentato ricorso il difensore, sulla base di due motivi. Il primo motivo denuncia la
mancanza delle condizioni di cui all’articolo 274 c.p.p. e il vizio motivazionale sull’esigenza
della custodia cautelare, in relazione alla violazione dell’articolo 292, secondo comma, lettera
c), c.p.p., non sussistendo esigenze attuali né sotto il profilo dell’inquinamento della prova, né
sotto quello della reiterazione dei reati, né infine sotto quello della fuga, essendo trascorsi tre
anni dai fatti contestati. Il secondo motivo adduce che quanto alla concessione degli arresti
domiciliari non sussiste alcun pericolo di reiterazione dei reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
Il primo motivo adduce che l’esigenza cautelare deve essere attuale, come è evincibile
dall’articolo 274 c.p.p., il quale conferisce al fattore temporale un rilievo fondamentale nella
valutazione dell’esigenza di applicare una misura cautelare. Nel caso di specie il decorso di ben
tre anni dai fatti contestati come reati e l’assenza comunque di altri elementi a sostegno delle
esigenze cautelari avrebbero comportato la violazione di legge da parte della impugnata
ordinanza, che non ha motivato in modo congruo sulle specifiche esigenze cautelari
giustificative della misura disposta, “tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione
del reato” come esige l’articolo 292, secondo comma, lettera c), c.p.p.
In effetti, in una motivazione incentrata prevalentemente sul fumus commissi delicti, il
Tribunale quanto al tempo intercorso dai contestati reati si limita ad osservare che tale
argomento “ha scarso rilievo, poiché le indagini di cui precedentemente si è dato conto
dimostrano che l’indagato ha istituito in (sic) articolato e complesso sistema finalizzato alla
realizzazione di frodi carosello che hanno generato negli anni i considerevoli profitti evidenziati
dall’imputazione”, sistema che “ha funzionato ininterrottamente negli anni 2009-2011”, non

quale amministratore di Astrade Srl, in concorso con un consulente che era anche

i
, risultando poi “che gli indagati abbiano mutato i loro comportamenti” in seguito, ma soltanto
essendosi interrotte le indagini “non potendo proseguire indefinitamente”.
Il ragionamento del Tribunale è manifestamente illogico sotto due profili. In primo luogo, la
valutazione del notevole iato temporale (dal 2011 al 2014) è incentrata esclusivamente sulla
distinta questione della gravità degli indizi in ordine al fumus commissi delicti e quindi non
affronta in modo effettivo il requisito della esigenza cautelare, che, tra l’altro, nel caso
concreto doveva essere commisurato – e dunque proporzionato – in riferimento alla più severa

attribuibile al prevenuto, il Tribunale inverte l’onere della prova accusatorio, apoditticamente
asserendo che, nel periodo successivo a quello contemplato nella imputazione, non risulta che
gli indagati non abbiano commesso ulteriori reati. Il rischio di reiterazione che, a tutto
concedere, si potrebbe evincere dalla inadeguata motivazione appena esaminata viene a
fondarsi, allora, su una sorta di in dubio contra reum, giacché il Tribunale connette l’assenza di
gravi indizi su reati successivi al 2011 all’assenza di indagini, che, alla luce di un rilievo
alquanto singolare, non avrebbero coperto, appunto, gli anni d’imposta susseguenti “non
potendo proseguire indefinitamente”.
La chiara carenza motivazionale, assorbendo ogni altro profilo, induce all’accoglimento del
ricorso, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata e rinvio al Tribunale di
Milano.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano.

Così deciso in Roma il 29 ottobre 2014

Il Consi

e Estensore

Il Presidente

delle cautele personali. In secondo luogo, anche nella considerazione della condotta criminosa

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