Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9716 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9716 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1) Andrea D’Acunto, nato a Salerno il 26.1.1959;
2) Carmine Gubitosi, nato a Giffoni Valle Piana (SA) il 22.8.1947
avverso la sentenza del 3 dicembre 2012 emessa dalla Corte d’appello di
Salerno;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale Roberto Aniello, che ha
chiesto l’annullamento della sentenza per intervenuta prescrizione dei reati
commessi prima dell’8.12.1995 e l’inammissibilità dei ricorsi nel resto, con il
rinvio degli atti per la rideterminazione della pena;
uditi gli avvocati Michele Sarno e Silvestro Amodio, che hanno insistito per
l’accoglimento dei loro rispettivi ricorsi.

Data Udienza: 03/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 ottobre 2006 il Tribunale di Salerno affermava la
responsabilità di Andrea D’Acunto e Carmine Gubitosi per una serie di falsi e
peculati commessi, in qualità di addetti alla esazione dei tiket sanitari presso il
poliambulatorio di Pastena, appropriandosi degli incassi delle somme di

versamento al responsabile del servizio. Per questi fatti il D’Acunto era
condannato alla pena di quattro anni di reclusione con l’interdizione perpetua
dai pubblici uffici e il Gubitosi a quella di un anno e sei mesi di reclusione con
l’interdizione per la durata della pena principale, che veniva sospesa; inoltre,
entrambi venivano condannati al risarcimento dei danni in favore della parte
civile, l’ASL SA/2 di Salerno, danni da liquidarsi in separata sede.

2. Sull’impugnazione degli imputati la Corte d’appello ha dichiarato estinti
tutti i reati di falso per intervenuta prescrizione, mentre ha confermato la
responsabilità in ordine ai reati di peculato contestati al D’Acunto ai capi 25,
27, 28, 30 e 34 e a Gubitosi al capo 57, rideterminando la pena per il primo in
anni tre, mesi otto e giorni venti di reclusione e per il secondo in anni uno,
mesi cinque e giorni dieci di reclusione; per il resto la Corte territoriale ha
confermato la sentenza appellata.

3. Entrambi gli imputati, tramite i rispettivi difensori, hanno proposto
ricorso per cassazione.

3.1. L’avvocato Michele Sarno, nell’interesse di D’Acunto, con il primo e
articolato motivo ripropone le eccezioni di nullità derivanti dal mancato
differimento delle udienze in presenza di legittimo impedimento del difensore
e censura la motivazione con cui i giudici d’appello hanno respinto tali
eccezioni.
Con il secondo motivo censura la sentenza in ordine alla rideterminazione
della pena, ritenuta eccessiva e priva di motivazione anche in rapporto alla
sanzione inflitta al coimputato.

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denaro riscosse per le erogazioni delle prestazioni senza curarne il

3.2. L’avvocato Silvestro Amodio, nell’interesse di Gubitosi, deduce i
seguenti motivi di seguito riassunti:
– vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale, in quanto
la sentenza non avrebbe preso in esame le doglianze difensive con cui si è
dimostrata l’estraneità dell’imputato ai fatti contestati e, inoltre, avrebbe
riprodotto acriticamente le motivazioni della sentenza di primo grado;

indicato in cosa sia consistito il contributo dell’imputato alla realizzazione del
reato contestatogli;
– erronea applicazione delle disposizioni in materia di prescrizione, in
quanto il reato contestato al capo 57 risulterebbe estinto per decorso del
tempo prima dell’udienza d’appello, precisamente nel settembre del 2011;
– violazione della legge penale e difetto di motivazione, avendo i giudici di
merito affermato la responsabilità dell’imputato sulla base di mere congetture,
prive di ogni riscontro probatorio, trascurando, inoltre, gli elementi a discarico
offerti dalla difesa;
– violazione dell’art. 192 c.p.p. e vizio di motivazione per l’avvenuta
svalutazione delle risultanze processuali e per la mancata pronuncia
dell’assoluzione in conseguenza della contraddittorietà del materia probatorio
acquisito;
– manifesta illogicità della motivazione e erronea applicazione dell’art.
133 c.p. in ordine alla determinazione della pena ritenuta eccessiva e al
riconoscimento del danno in favore della parte civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso presentato nell’interesse di D’Acunto è inammissibile per
manifesta infondatezza dei motivi proposti.
Quanto al primo motivo si rileva che la sentenza ha respinto le eccezioni
di nullità sollevate in ordine a presunti impedimenti legittimi del difensore,
rilevando come l’interessato non abbia dimostrato le ragioni che avrebbero
reso indispensabile l’espletamento delle funzioni difensive nell’altro
procedimento penale, né la mancanza di un codifensore ovvero l’impossibilità
di ricorrere ad un sostituto processuale, non consentendo al giudice di merito
di effettuare una comparazione dei diversi impegni professionali in modo da

3

– vizio di motivazione, in quanto la sentenza non avrebbe neppure

poter operare una ponderazione tra interessi della difesa ed esigenze della
giurisdizione.
La Corte d’appello ha esaminato scrupolosamente le ragioni delle
numerose istanze di rinvio in oggetto, riscontrando per ognuna di esse o
carenze di motivazione o pretestuosità della richiesta di rinvio.
Il difensore dell’imputato, nelle sue istanze di rinvio, ha sempre e solo

indicazione sulla natura e sull’epoca del reato ovvero sul numero degli
imputati, comunque omettendo di indicare quelle circostanze in grado di
consentire al giudice una delibazione circa l’eventuale prevalenza dell’impegno
addotto rispetto alla partecipazione al procedimento in questione, in cui
peraltro i reati contro la pubblica amministrazione risultavano essere stati
commessi in epoca risalente, quindi a rischio di prescrizione.
Generico è l’altro motivo, avendo la sentenza motivato in ordine al
trattamento sanzionatorio, giustificando la comparazione tra attenuanti
generiche e aggravanti in ragione della gravità e della reiterazione delle
condotte poste in essere dall’imputato.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che si ritiene equo determinare in euro 1.000. La declaratoria di
inammissibilità prevale su quella di estinzione del reato per prescrizione (Sez.
un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca; Sez. un., 22 marzo 2005, n. 23428,
Bracale).

5. Il residuo reato di peculato contestato a Gubitosi nel capo 57 deve
essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione, verificatasi ancor prima
della sentenza di appello, risalendo il fatto al gennaio del 1997.
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 129 comma 1 c.p.p., la sentenza
impugnata deve essere annullata non potendosi procedere nei confronti
dell’imputato per la suddetta causa di estinzione del reato e dovendosi
escludere che il gravame sia fondato su motivi inammissibili all’origine, dal
momento che tra le censure proposte figura anche l’eccepita prescrizione del
reato; in ogni caso, lo stesso argomentare dei vari motivi dedotti consente di
escludere la prova evidente dell’insussistenza del fatto, sia sotto il profilo
oggettivo che soggettivo.

4

rappresentato il contestuale impegno professionale senza offrire alcuna

Restano ferme le statuizioni che concernono gli interessi civili, dovendo
ritenersi comunque infondati, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., i motivi dedotti nel
ricorso e riguardanti, quasi esclusivamente, il vizio di motivazione della
sentenza impugnata.
Invero, i giudici di merito hanno offerto una logica e coerente
giustificazione in ordine alla responsabilità dell’imputato per i reati

deduzioni difensive.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Carmine
Gubitosi perché il reato è estinto per prescrizione, fermo restando le
statuizioni civili.
Dichiara inammissibile il ricorso di Andrea D’Acunto che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso il 3 dicembre 2013

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