Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9700 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9700 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARLET MICHELE N. IL 30/01/1969
avverso la sentenza n. 769/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
08/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6.,4€6 , 6,‘ 114 2.L.
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che ha concluso per I’;,43x
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, ì< it„.4 GLI' 1 Ci1.4 c.r.~ 4.4' io a 42~£10-: Data Udienza: 13/02/2014 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10/2/2012 il Tribunale di Udine, sezione distaccata di Palmanova, dichiarava Carlet Michele responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza commesso il 4/3/2009, aggravato dall'avere provocato un incidente, e, concesse le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, lo condannava alla pena di mesi sei di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda, disponendo la sospensione della patente di guida per due anni e ordinando la Interposto appello dall'imputato - che deduceva nell'ordine: la nullità assoluta del decreto di citazione per violazione dell'art. 429, lett. f), cod. proc. pen. in relazione al luogo indicato per la comparizione; la mancanza di prova certa in ordine alla commissione del reato, in difetto di seconda misurazione del tasso alcoolemico; l'insussistenza della contestata aggravante; l'illegittimità della disposta confisca; l'eccessività del trattamento sanzionatorio; la mancata concessione dei benefici di legge - la Corte d'appello di Trieste, con la sentenza in epigrafe, in parziale riforma della sentenza, concedeva all'imputato il beneficio della non menzione della condanna, confermando nel resto la pronuncia di primo grado. 2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l'imputato, per mezzo del proprio difensore, sulla base di cinque motivi. 2.1. Con il primo deduce inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione alla eccepita nullità del decreto di citazione a giudizio. Premesso che in tale provvedimento il luogo di comparizione per il dibattimento era testualmente indicato come «Tribunale di Palmanova in Udine Largo Ospedale Vecchio n. 1» e che tale indicazione, comportando palese violazione dell'art. 429, lett. f), cod. proc. pen., dava luogo a nullità del decreto ai sensi e per gli effetti dell'art. 179 cod. proc. pen., tempestivamente dedotta in prima udienza, rileva che il motivo di gravame sul punto proposto è stato erroneamente disatteso dalla Corte d'appello: assume, infatti, il ricorrente, che si tratta di nullità assoluta tale da comportare, ai sensi dell'art. 185 cod. proc. pen., la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza di prova adeguata del reato contestato. 2 confisca del veicolo in sequestro. Deduce che, al fine di ritenere accertata la presenza di un tasso alcolemico in misura superiore a 1,5 gil, tale da integrare la più grave delle ipotesi previste se dall'art. 186 comma od. strada contestata nel capo d'imputazione, essendosi proceduto all'accertamento mediante etilometro, sarebbe stato necessario effettuare una seconda misurazione secondo quanto previsto dall'art. 379 d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Norme di attuazione al cod. strada) e che, in mancanza, illegittimamente il giudice a quo ha fondato il proprio convincimento 3. Con il terzo motivo deduce in subordine violazione di legge, in relazione alla ritenuta aggravante di cui all'art. 186, comma 2 bis, cod. strada, assumendo che quanto accaduto in occasione dell'accertamento non poteva qualificarsi come incidente stradale ai sensi e per gli effetti della indicata norma. Posto che in base alla convenzione di Vienna del 1968, in tema di circolazione e segnaletica stradale, l'incidente stradale è definito come un evento in cui rimangano coinvolti esseri umani o animali fermi o in movimento e dal quale derivino lesioni a cose, animali o persone, sostiene che tale non può qualificarsi l'evento nella specie verificatosi, consistito nella uscita di strada del veicolo, non essendo derivato alcun danno a cose o persone. 4. Con agli altri due motivi deduce l'illegittimità rispettivamente della disposta confisca e del trattamento sanzionatorio, del quale in particolare lamenta l'eccessiva severità, in particolare per quel che riguarda la sospensione della patente commisurata nel massimo, senza tener conto del suo stato di i ncensu ratezza. Considerato in diritto 5. È infondato il primo motivo di ricorso. Al riguardo è sufficiente rilevare che, benché debba certamente riconoscersi che l'indicazione contenuta nel decreto che dispone il giudizio, sopra testualmente riportata, fosse idonea a ingenerare confusione circa l'individuazione del luogo di comparizione, e persino dello stesso ufficio (sede centrale o sezione distaccata) avanti il quale l'imputato era chiamato a comparire - atteso che l'indirizzo indicato non corrisponde a quello della sezione distaccata di Palmanova ma a quello della sede centrale e che inoltre la stessa precedente indicazione «Tribunale di Palmanova in Udine», specie in considerazione dell'indirizzo precisato nei termini detti, dava adito oggettivamente a dubbi circa il luogo di comparizione (se presso la sede centrale o quella distaccata) - e 3 sulla base degli indizi comportamentali descritti dagli agenti sentiti in udienza. benché dunque debba ritenersi sussistente la dedotta violazione dell'art. 429 cod. proc. pen. per palese insufficienza del requisito ivi indicato alla lettera f), nondimeno la nullità che ne deriva ai sensi dell'art. 178 cod. proc. pen., a regime intermedio, deve considerarsi sanata, ai sensi dell'art. 184, comma 1, cod. proc. pen., per effetto della comparizione della parte, rappresentata dal suo difensore di fiducia, all'udienza fissata. Considerato l'effetto sanante che tale ultima norma connette comunque alla comparizione delle parti in udienza, la pur tempestiva deduzione in udienza del avere se non quello, secondo quanto espressamente disposto dal comma 2 del citato art. 184 cod. proc. pen., di ottenere, se richiesto, un termine a difesa non inferiore a cinque giorni; non risultando tale richiesta, e comunque non essendo sorta questione sul punto, resta preclusa ogni altra conseguenza processuale. 6. È infondato anche il secondo motivo. Secondo il principio affermato da Sez. 4, n. 28787 del 09/06/2011, P.G. in proc. Rata, Rv. 250714, «ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall'art. 186 cod. strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l'ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale». In tale occasione è stato condivisibilmente osservato che l'esame alcolemico non costituisce una prova legale e che permane la possibilità dì accertare lo stato di ebbrezza in base ad elementi sintomatici e, di conseguenza, che «non può affermarsi che l'unica ipotesi di reato in tal modo astrattamente ravvisabile sia quella meno grave perché, così dicendo, ci si porrebbe in contraddizione con il principio appena affermato. Inoltre si sovrapporrebbero indebitamente i due piani, quello processuale (ritenere consentito l'accertamento sintomatico) e quello sostanziale (ravvisare un'ipotesi di reato invece di un'altra). L'unica soluzione giuridicamente corretta è dunque quella di ritenere consentito l'accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato oggi previste dall'art. 186 cod. strada». Nel medesimo senso si era già pronunciata Sez. 4, n. 48297 del 27/11/2008, Campregher, rv. 242392. La sentenza Rata precisa anche che, «in tutti i casi in cui - pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia minima - non sia possibile 4 vizio presente nel decreto di citazione a giudizio non altro scopo e senso poteva affermare, secondo il criterio dell'oltre il ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente possa rientrare nelle due fasce di maggior gravità il giudice dovrà ravvisare l'ipotesi più lieve con tutte le conseguenze che ne derivano. Ma nulla vieta che, a fronte di manifestazioni edatanti di ebbrezza il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, possa logicamente ritenere superate le soglie superiori». In senso pienamente conforme si sono poi espresse anche le successive pronunce di questa sezione: n. 6889 del 16/12/2011, P.G. in proc. Della reato di guida in stato di ebbrezza - che può essere accertato, non soltanto per l'ipotesi di cui alla fascia a) ma anche per quelle più gravi, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale - deve comunque essere ravvisata l'ipotesi più lieve quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi») e n. 48251 del 29/11/2012, Zanzonico, Rv. 254078 [secondo cui «ai fini della configurazione del reato di guida in stato di alterazione alcolica, in tutte le ipotesi previste dall'art. 186 cod. strada, l'ebbrezza può essere accertata con qualsiasi mezzo e, quindi, anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale. (Nella specie, la Corte ha confermato la condanna per il reato di cui al comma secondo, lett. b dell'art. 186 Cod. strada, ritenendo sufficienti, quali indici sintomatici, l'avere l'autista di un'autovettura tenuto una velocità sostenuta, schivato miracolosamente altri veicoli, omesso di dare la precedenza ai pedoni, attraversato un incrocio con il semaforo rosso prima di accasciarsi sul sedile in un'area di parcheggio, ove veniva rinvenuto visibilmente ubriaco con accanto quattro confezioni di tetrapak di vino del tutto svuotate)»]. Nel caso di specie, il giudice a quo motiva congruamente il convincimento circa il superamento della soglia di cui alla lettera c) della norma incriminatrice (1,5 g/l) sulla scorta di una serie di convergenti e univoci indizi tra i quali indica anzitutto il risultato della prima prova con l'alcoltest (che - nota la corte territoriale - evidenziando attendibilmente un indice di 3,58 g/I, evidenzia un dato nient'affatto prossimo ai limiti minimi, ma nettamente superiore alla soglia di maggiore gravità, e quindi non equivoco) e inoltre: i «sintomi descritti dagli operanti, denuncianti manifestazioni edatanti di ebbrezza, del tutto coerenti con una grave alterazione etilica»; la condotta di guida; le ragioni stesse che hanno impedito di procedere alla seconda misurazione. Si evidenzia infatti in sentenza, sulla base delle deposizioni testimoniali degli operanti, che l'imputato era stato rinvenuto dentro un fossato con l'auto dopo 5 Bartolomea, Rv. 252728 (secondo la cui massima «ai fini della configurazione del aver percorso su un fianco 75 metri prima di fermarsi contro un masso; era in evidente stato di ebbrezza alcolica («... uno dei livelli più alti che abbia mai visto»: teste Beltrame); puzzava di alito vinoso (teste Rodaro), gli occhi erano lucidi; non si reggeva in piedi, tant'è che nel tentativo di estrarre la patente di guida era caduto rovinosamente contro la vettura ancora adagiata nel fosso danneggiandola; era agitato. Sottoposto all'etilometro, dopo la prima prova che aveva dato come detto valore pari a 3,58 g/I, la seconda prova non aveva potuto aver luogo poiché il Carlet non era in grado, nonostante alcuni tentativi, per le capire quello che gli si diceva e «palesemente manifestava i sintomi di una persona che non era in grado di intendere e di volere»). Il compendio di tali emergenze, complessivamente valutato, deve invero ritenersi idoneo a supportare sul piano logico, oltre ogni ragionevole dubbio, il convincimento espresso dal giudice di merito in punto di configurabilità del più grave reato previsto dalla norma incriminatrice, dovendosi escludere la compatibilità delle numerose e gravi manifestazioni di alterazione psico-fisica sopra evidenziate (specie se lette alla luce del primo rilevamento tramite etilometro, ancorché di per sé non sufficiente), con alcuna delle ipotesi meno gravi ivi contemplate. La motivazione sul punto resiste pertanto alle generiche censure del ricorrente, fondate esclusivamente su una presunta impossibilità di fondare l'accertamento su elementi indiziari diversi dalla prova dell'etilometro, ossia su un presunto limite probatorio di carattere legale che, come sopra evidenziato, non trova fondamento nel dato positivo. 7. È destituito di fondamento anche il terzo motivo (nozione di incidente). Anche sul punto trovasi puntualmente affermato nella giurisprudenza di questa sezione, con indirizzo cui si ritiene di dover dare continuità, che «ai fini dell'aggravante di cui all'art. 186, comma 2-bis, cod. strada (aggravante dell'aver causato un incidente), nella nozione di incidente stradale sono da ricomprendersi sia l'urto del veicolo contro un ostacolo, sia la sua fuoriuscita dalla sede stradale; a tal fine, non sono, invece, previsti né i danni alle persone né i danni alle cose, con la conseguenza che è sufficiente qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha ritenuto lo sbandamento di un auto ed il conseguente urto contro il guard-rail circostanze idonee ad integrare la nozione di incidente ai fini della sussistenza dell'aggravante di cui 6 sue precarie condizioni, di sottoporvisi (riferiscono i testi che non era in grado di all'art. 186, comma secondo bis, c.d.s.)» (Sez. 4, n. 42488 del 19/09/2012, Pititto, Rv. 253734). Nella specie, considerato quanto già sopra evidenziato in ordine alle circostanze dell'accertamento, in modo perfettamente logico e congruente è stata ritenuta dimostrata la sussistenza dei requisiti richiesti, secondo detta interpretazione della norma, per la configurabilità della contestata aggravante. 8. Il quarto motivo, relativo alla disposta confisca, è inammissibile, in illustrazione delle censure che si intende muovere alla sentenza impugnata. In argomento, tuttavia, giova rammentare che, come più volte questa sezione ha avuto occasione di evidenziare, le innovazioni nel tempo intervenute in tema di confisca del mezzo, ai sensi dell'art. 186 comma 2, lett. c) e comma 7, cod. strada, circa la configurazione della natura giuridica della misura innovazioni alle quali sembra riferirsi il ricorrente, senza tuttavia illustrare il senso e il fine del richiamo ad esse - non hanno avuto l'effetto di impedirne l'applicazione, nei casi previsti, da parte del giudice penale. Ed invero, La Corte Costituzionale (sentenza 4/6/2010, n. 196) ha ritenuto la natura essenzialmente sanzionatoria e repressiva della confisca, escludendone il carattere di misura di sicurezza patrimoniale. Tanto importa la piena applicabilità dell'art. 2 cod. pen.. Anche le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, con sentenza n. 23428 del 25/02/2010, Caligo, Rv. 247042, hanno affermato che la confisca prevista dall'art. 186 va qualificata come sanzione penale accessoria, con la conseguente identificazione dell'ambito temporale di applicazione ai sensi dell'art. 2 cod. pen.. La natura della confisca prevista dal codice della strada è poi venuta a mutare per effetto della già richiamata novella di cui all'art. 33 legge 29 luglio 2010, n. 120, in ragione della quale deve ritenersi che essa abbia ora natura amministrativa. Come ricorda il S.C., «in tal senso depone il richiamo, contenuto nell'art.. 186 cod. strada ai fini dell'esecuzione del sequestro dell'autovettura, all'art. 224-ter cod. strada che disciplina appunto la confisca amministrativa ed il sequestro amministrativo. L'art. 224-ter si palesa norma generale nel senso che la confisca che accede ad un reato configurato nel codice della strada ha ora natura amministrativa. Per il sequestro del mezzo si procede pure secondo le modalità amministrative, di competenza dell'autorità amministrativa; e avverso il provvedimento di sequestro può essere proposto ricorso al Prefetto (v. art. 213 comma 3 cod. strada)» (Sez. U, n. 14484 del 19/01/2012, Sforza, Rv. 252029). 7 quanto palesemente generico e non supportato da alcuna intellegibile Pertanto, per i procedimenti - qual è quello che occupa - pendenti alla data di entrata in vigore della predetta legge, in mancanza di norme transitorie, sono applicabili i principi del tempus regit actum e soprattutto della perpetuatio iurisdictionis, nel senso che le procedure di sequestro e di confisca dei mezzi eseguite prima di tale momento sono legittime ed il relativo iter va esaurito. Il giudice di cognizione è rimasto competente, ai sensi dell'art. 186, ad emettere un provvedimento di confisca; questo deve tener conto della nuova connotazione amministrativa e della ricorrenza delle relative condizioni; ovvero adozione e dei presupposti che legittimano la confisca amministrativa (v. Sez. 4, n. 40523 del 04/11/2010, Gibellini, Rv. 248859 e Rv. 248858; Sez. 4, n. 45365 del 25/11/2010, Portelli, Rv. 249071; Sez. 4, n. 170 del 24/11/2010, dep. 2011, Mazzola, Rv. 249290; Sez. 4, n. 15022 del 25/02/2011, Baldi, Rv. 250229). Il che si traduce nella verifica della sussistenza del reato cui essa accede e della titolarità del veicolo in capo a soggetto non estraneo al reato. Nella specie la sentenza impugnata si conforma a tali principi avendo dato espressamente atto in motivazione della sussistenza di entrambi i presupposti predetti: ossia della configurabilità dell'ipotesi delittuosa per cui tale sanzione è prevista (art. 186 comma 2 lett. c cod. strada) e della appartenenza dell'autovettura all'imputato. Il ricorso non muove alcuna censura sul punto, ma - come detto - si limita genericamente a evocare la natura "accessoria" della detta sanzione al fine, se ben si comprende, di desumerne l'inammissibilità della sua applicazione da parte del giudice penale: tesi, come visto, destituita di fondamento, alla stregua della suaccen nata consolidata ricostruzione del tessuto normativo. 9. È manifestamente infondato anche il quinto e ultimo motivo di ricorso, che il ricorrente dedica al trattamento sanzionatorio. È al riguardo appena il caso di rammentare che, per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità sul tema, la giurisprudenza di questa Corte ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell'Anna, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo "si ritiene congrua" v. Sez. 6 , n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 211583), precisando che «la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell'art. 133 cod. pen. Anzi, non è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale» 8 (Sez. 4, n. 41702 del dei requisiti sostanziali di natura amministrativa attualmente necessari per la sua 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278). In relazione alle esposte coordinate di riferimento è da escludersi che, nel caso in esame, la quantificazione della pena sia frutto di arbitrio o di illogico ragionamento o che comunque si esponga a censura di vizio di motivazione, avendo il giudice a quo ampiamente e specificamente motivato sul punto facendo in particolare riferimento alla gravità del reato. 10. Il ricorso va pertanto rigettato con la condanna del ricorrente al P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso 13/02/2014 pagamento delle spese processuali.

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