Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 970 del 11/12/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 970 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE BIASI FRANCO N. IL 14/06/1950
avverso la sentenza n. 1220/2013 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
29/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IL De
che ha concluso per
„La

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 11/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 29/1/2014 ha confermato
la decisione con la quale, in data 13/3/2013, il Tribunale di Udine aveva
riconosciuto Franco DE BIASI responsabile del reato di cui all’art. 2, legge
638\83 perché, quale amministratore unico della «LITTECH LITUM TECHNOLOGY

operate sulle retribuzioni dei propri dipendenti per il periodo compreso tra il
febbraio ed il luglio 2007, per un importo pari ad euro 1.855,00.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, rilevando che la società da lui rappresentata era stata dichiarata
fallita il 7 ottobre 2008 e che egli non aveva potuto accedere alla causa estintiva
del reato né attivarsi nei confronti del curatore non essendosi dimostrata la
effettiva conoscenza dell’avviso di accertamento, erroneamente ritenuto dalla
Corte territoriale come regolarmente comunicato a seguito di compiuta giacenza
della lettera raccomandata con la quale era stato spedito.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammisisbile.
Correttamente la Corte del merito ha richiamato la giurisprudenza di questa
Corte secondo la quale del reato di omesso versamento delle ritenute
previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti
risponde il legale rappresentante di una società dichiarata fallita perché
obbligato, ove non dichiarato fallito personalmente, al pagamento delle ritenute
con le personali risorse finanziarie (Sez. 3, n. 29616 del 14/06/2011, Vescovi, Rv.
250529).
Si è altresì specificato che il legale rappresentante di una società dichiarata
fallita può beneficiare della speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 2,
comma primo bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463 convertito nella legge 11
novembre 1983, n. 638, qualora dimostri di aver sollecitato il curatore al
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali dovute all’Istituto
1

s.r.I.», ometteva il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali

previdenziale (Sez. 3, n. 9587 del 15/02/2012, Costessi, Rv. 252252).
Invero, per il reato de quo è richiesto il dolo generico, configurabile nella
consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, con la conseguenza che esso
non può essere escluso a causa di difficoltà finanziarie tali da indurre il debitore a
destinare le risorse finanziarie disponibili per far fronte a debiti ritenuti più
urgenti (cfr. Sez. 3, n. 3705 del 19/12/2013 (dep. 2014), Casella Rv. 258056).

2. Ciò posto, del tutto correttamente la Corte di appello ha ritenuto

riguardava, appunto, la sola società e non anche la sua persona e che risulta
dichiarato in data di oltre un anno successiva a quella dell’inadempimento
dell’obbligo contributivo.

3. A nulla rilevano, peraltro, le considerazioni svolte in ricorso circa la
mancata conoscenza, da parte dell’imputato, dell’avviso di accertamento
inviatogli dall’INPS.
Detto accertamento, come rilevato dalla Corte del merito, era stato inviato
con lettera raccomandata presso la residenza dell’imputato, ove
successivamente risultavano regolarmente notificati altri atti.
La raccomandata inviata non era stata però ritirata dall’interessato e venne
restituita per compiuta giacenza.
A tale proposito pare opportuno ricordare, che, con riferimento alla prova
dell’avvenuta comunicazione dell’accertamento dell’omesso versamento delle
ritenute previdenziali da parte dell’INPS, detta comunicazione è a forma libera e
non richiede particolari formalità (Sez. 3, n. 30566 del 19/07/2011, Arena, Rv.
251261; Sez. 3, n. 26054 del 14/02/2007, Vincis Rv. 237202; Sez. 3, n. 9518 del
22/02/2005, Jochner Rv. 230985), con la conseguenza che può ritenersi valida
anche la spedizione a mezzo raccomandata.
Si è ulteriormente stabilito che la presenza della corretta indicazione del
destinatario della contestazione di accertamento della violazione degli obblighi
contributivi e dell’indirizzo ove effettuare il recapito sulla lettera raccomandata
mediante la quale viene eseguita la comunicazione porta ad escludere che possa
assumere rilievo l’impossibilità di risalire all’identità dell’effettivo consegnatario
in mancanza di concreti e specifici dati obiettivi che consentano di ipotizzare che
la comunicazione non sia stata portata alla sua conoscenza senza sua colpa (Sez.
3, n. 2859 del 17/10/2013, (dep.2014), Aprea Rv. 258373; Sez. 3 n.30241 del
14/07/2011, Romano non massimata).
La libertà di forma che caratterizza la comunicazione suddetta esclude,
quindi, che la stessa debba presentare i requisiti formali della notificazione e, in

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irrilevante il fallimento della società rappresentata dall’imputato, fallimento che

particolare, la spedizione mediante raccomandata offre comunque garanzie più
che sufficienti circa il recapito al destinatario in ragione della certificazione della
spedizione del plico, della consegna esclusiva al destinatario o a un suo delegato
e della possibilità di ritiro in caso di assenza, presso l’ufficio postale.
Per tali ragioni anche il mancato ritiro e la «compiuta giacenza» possono
essere oggetto di valutazione per quanto riguarda la prova dell’avvenuta
comunicazione dell’accertamento dell’omesso versamento, valutazione che deve
in primo luogo riguardare la corretta indicazione dell’indirizzo di destinazione del

Tale valutazione è stata opportunamente effettuata dai giudici del gravame i
quali, come si è già detto, hanno verificato che la comunicazione era stata
inviata all’indirizzo di residenza dell’imputato risultante dal certificato anagrafico
presente in atti, presso il quale erano stati successivamente notificati il decreto
penale di condanna ed il decreto di citazione per il giudizio di primo grado.
Va tuttavia rilevato che altra pronuncia di questa Sezione (Sez. 3 n. 43308
del 15/7/2014, Parello, non ancora massimata) si pone su un piano del tutto
differente, affermando che la «compiuta giacenza» non sia dimostrativa di una
effettiva conoscenza della comunicazione e di una sicura conoscibilità in concreto
e, dando atto delle conseguenze della comunicazione sulla punibilità penale,
afferma che non ci si può limitare a verificare il rispetto delle procedure postali
ritenendo, conseguentemente, generalmente non idonea e valida una
comunicazione della contestazione dell’accertamento della violazione effettuata
mediante raccomandata postale che sia stata restituita dall’ufficio postale al
mittente per compiuta giacenza.
Tali conclusioni sono state, tuttavia, successivamente disattese da altra
decisione (Sez. 3 n. 45451 del 18/7/2014, Cardaci, non ancora massimata; nello
stesso senso, Sez. 3 n. 52026 del 21/10/2014, Volpe Pasini, non ancora
massimata) la quale ha giustamente posto in rilievo che la spedizione della
comunicazione ad un valido indirizzo dimostra l’ottemperanza, da parte dell’ente
previdenziale, all’onere informativo cui è tenuto e richiamando anche quanto
affermato, nel corso del tempo, dalle Sezioni civili di questa Corte (Sez. U, n. 321
del 12/6/1999, Rv. 527332; Sez. 2 n. 1288 del 10/12/2013 (dep. 2014) non
massimata; Sez. L, n. 6527 del 24/4/2003, Rv. 562463).
In particolare, ricorda la menzionata decisione come la giurisprudenza civile
abbia specificato che, per poter vincere la presunzione legale di conoscenza, è
necessario un fatto o una situazione che spezzi od interrompa in modo duraturo il
collegamento tra il destinatario ed il luogo di destinazione della comunicazione e
che tale situazione sia incolpevole, cioè non superabile con l’uso dell’ordinaria
diligenza (Sez. 2, n. 20482 del 6/10/2011, Rv. 619861; Sez. L, n. 25824 del

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plico.

1/10/2013, non massimata).

4. Si tratta di una conclusione che il Collegio condivide e che non può essere
superata ritenendo che i pur specifici adempimenti postali sopra ricordati non
siano, in mancanza di ulteriori elementi, idonei a ritenere perfezionata la
comunicazione quando risulti documentato che questa, spedita all’indirizzo del
destinatario e non recapitata per assenza sua o di altra persona idonea a
riceverla, sia stata restituita al mittente trascorso il termine di giacenza, poiché,

sarebbe idonea a vanificare l’intera procedura di comunicazione.
Per tali ragioni va affermato il principio secondo il quale in tema di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, la comunicazione della
contestazione dell’accertamento della violazione è a forma libera, cosicché anche
il mancato ritiro e la «compiuta giacenza» possono essere oggetto di valutazione
per quanto riguarda la prova dell’avvenuta comunicazione dell’accertamento
dell’omesso versamento.

5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla
declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile
a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere
delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in data 11.12.2014

in tal caso, anche la mera inerzia, consistente nel mancato ritiro del plico,

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