Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9697 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9697 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FALLARINO NICOLA N. IL 17/05/1984
VICERE’ SAVERIO N. IL 02/12/1983
MATSEVKO INNA N. IL 23/05/1972
PIRO FRANCESCO N. IL 26/05/1981
CAVUOTO PAOLO N. IL 13/08/1967
FORMISANO ENZO N. IL 27/12/1986
GIORGIONE DANIELE N. IL 11/01/1985
avverso la sentenza n. 10330/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
02/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Cett
che ha concluso per e I
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Data Udienza: 12/02/2014

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Il G.U.P. del Tribunale di Benevento, con sentenza
dell’8.06.2011, dichiarava Piro Francesco, Cavuoto
Carlo, Matsevko Inna, Fallarino Nicola, Giorgione
Daniele, Vicerè Saverio, Formisano Enzo ed altri
colpevoli in ordine al reato di cui agli articoli 110
c.p. e 73, comma 1,d.PR.309/90 e li condannava alle pene
indicate in dispositivo oltre al pagamento delle spese
processuali e di sofferta custodia cautelare.
Avverso tale sentenza proponevano appello i difensori
dei sopra indicati imputati.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza datata
2.03.2012, oggetto del presente ricorso, pronunciata nei
confronti degli imputati di cui sopra e di altri
coimputati, in parziale riforma di quella emessa nel
giudizio di primo grado, riconosciuta l’ipotesi di cui
al comma quinto dell’art.73 d.PR.309/90 nei confronti di
Vicerè Saverio, Matsevko Inna, Piro Francesco, Cavuoto
Paolo, Formisano Enzo e altri, rideterminava la pena
inflitta in quella di anni 3 di reclusione ed euro
10.000,00 di multa ciascuno per Vicerè Saverio, Cavuoto
Paolo, Formisano Enzo, oltre che per l’imputato Catalano
Giovanni; in quella di anni 2 di reclusione ed euro
5.000,00 di multa ciascuno per Matsevko Inna, Piro
Francesco e per il coimputato Cantone Davide;
confermava nel resto e condannava Fallarino Nicola,
Cantone Pietro e Giorgione Daniele singolarmente al
pagamento delle ulteriore spese di giudizio.
Avverso tale sentenza proponevano distinti ricorsi per
cassazione i sopra indicati imputati e concludevano
chiedendone l’annullamento.
Piro Francesco e Cavuoto Paolo hanno censurato la
sentenza impugnata per il seguente motivo:
-4violazione dell’art.606, comma 1 lett.e) c.p.p. in
relazione all’art.129 c.p.p.. Sosteneva sul punto il
difensore che la Corte territoriale avrebbe dovuto
verificare se sussistevano cause di non punibilità ai
sensi dell’art. 129 c.p.p. e, in caso di esito positivo,
avrebbe dovuto dichiararlo in sentenza. Invece non
sarebbe stato soddisfatto l’obbligo motivazionale
fondato unicamente su affermazioni apodittiche e
locuzioni prive di riscontro.
Matsevko Inna la censurava per il seguente motivo:

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-Violazione dell’art.606, comma , lett.e)- mancanza della
motivazione in relazione all’art.163 c.p.. Lamentava la
difesa che la Corte territoriale, pur avendo
riconosciuto alla ricorrente l’attenuante di cui al
quinto comma dell’art.73 d.PR.309/90 e pur avendole

Pi

Ritenuto in fatto

irrogato una pena pari ad anni due di reclusione, non le
aveva concesso il beneficio della sospensione
condizionale della pena, sebbene ricorressero tutti i
presupposti previsti dalla legge.
Fallarino Nicola la censurava per il seguente motivo:

applicazione della legge, nonché per contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione con riferimento
al trattamento sanzionatorio. Lamentava la difesa che la
Corte territoriale, pur avendo inquadrato il fatto
nell’ambito del quinto comma dell’art.73 d.PR.309/90,
purtuttavia aveva ritenuto congruo partire da una pena
base di anni 3 di reclusione, piuttosto che da una pena
inferiore. Tale pena sarebbe eccessiva, non avendo i
giudici di merito fatto riferimento alla personalità
dell’imputato, né ad altri elementi, ma soltanto ad una
precedente condanna in materia di stupefacenti per fatti
commessi nell’anno 2005.
Giorgione Daniele la censurava per il seguente motivo:
-4Contraddittorietà
e manifesta
illogicità
della
motivazione in relazione all’art.606 co.1 lett.e)
c.p.p.. Lamentava la difesa che la valutazione dei
giudici di secondo grado in ordine alla colpevolezza del
ricorrente era illogica, contraddittoria e comunque
viziata da una errata valutazione del materiale
probatorio, atteso che nella sentenza emessa nel
giudizio di primo grado si leggeva che il coimputato
Fallarino Nicola era stato visto dalla polizia
giudiziaria, mentre lanciava dal finestrino della
vettura, all’indirizzo di Catalano Giovanni un involucro
un involucro che risultava contenere eroina, mentre
invece la sentenza oggi impugnata sosteneva che sarebbe
stato il Giorgione a lanciare dal finestrino
dell’autovettura all’indirizzo di Catalano Giovanni il
sopra indicato involucro.

– violazione degli articoli 132 e 133 in relazione
4
all’art.606 co.1, lett. b) ed e) c.p.p. per erronea

Vicerè Saverio e Formisano Enzo, con distinti ricorsi,
censuravano l’impugnata sentenza per i seguenti motivi:
1) Nullità per violazione dell’art.606 co.1 lett.b) e c) in
relazione agli articoli 267 c.p.p. e seguenti. Secondo
la difesa le intercettazioni telefoniche sarebbero
inutilizzabili in quanto i decreti autorizzativi delle
stesse non sarebbero stati disposti in conformità alle
forme e alle condizioni previste dalla normaixa vigente
in materia, ps77.AnD2R51 non sarebbero statipTdicati i
gravi indizi circa Triussistenza di uno dei reati per
cui l’intercettazione è consentita e il motivo per cui
si ritiene indispensabile intercettare quella
determinata utenza per proseguire l’indagine.

/97

3) Difetto sostanziale di motivazione (art.606, comma
1,1ett.b),
d)
ed
e)
c.p.p.
con
riferimento
al
trattamento sanzionatorio, in quanto, secondo i
ricorrenti, la pena irrogata sarebbe eccessiva e non
congrua.
La difesa di Formisano Enzo lamentava altresì nullità
per violazione dell’art. 606 co. lett.b) ed e) in
relazione all’art.649 c.p.p.. Secondo il difensore il
reato oggetto di contestazione nel presente procedimento
era già stato oggetto di applicazione di misura
cautelare e di giudizio penale nel proc.pen. n.4635/07
R.G.N.R.-n.3722/08 R.G. GIP. Le contestazioni sarebbero
assolutamente identiche sia per quanto attiene alla
condotta criminis, sia al tempo “commissi delicti” e
quindi ci si troverebbe in presenza di una inammissibile
duplicazione della medesima contestazione.

Considerato in diritto
LA CORTE DI CASSAZIONE che i proposti
OSSERVA
ricorsi sono inammissibili.
Per quanto attiene a quello proposto da Piro Francesco e
da Cavuoto Paolo si rileva che essi si dolgono della
mancata verifica della sussistenza di cause di non
punibilità ai sensi dell’art.129 c.p.p., sebbene l’atto
di appello dei predetti imputati abbia limitato le
proprie doglianze al trattamento sanzionatorio, senza
proporre nessun motivo in punto di responsabilità.
Il ricorso di Matsevko Inna è inammissibile in quanto la
stessa si duole della mancanza di motivazione della
omessa
alla
riferimento
con
impugnata
sentenza
concessione della sospensione condizionale della pena,
ma tale beneficio non era stato richiesto dalla difesa
dell’imputata in sede di appello.

2) Nullità per violazione dell’art.606 co.1 lett.b) ed e)
c.p.p. in relazione all’art.73, comma l, d.PR.309/90.
Sosteneva la difesa che la sentenza impugnata sarebbe
carente di motivazione in ordine alla insussistenza
delle condizioni che potevano legittimare l’assoluzione
dei ricorrenti in relazione alle ipotesi delittuose loro
contestate. Alla individuazione di Vicerè Saverio e
Formisano Enzo si era infatti giunti solo perché gli
investigatori avevano ritenuto di riconoscere la voce
dei prevenuti fra quelle degli interlocutori delle
intercettazioni in atti. Secondo la difesa peraltro,
agli atti del fascicolo, non si evinceva alcun elemento
in ragione del quale si potesse ritenere affidabile il
riconoscimento in oggetto.

Passando all’esame del ricorso proposto da Fallarino
Nicola in punto di pena, si osserva che la sentenza
impugnata ha indicato, con adeguata e congrua
motivazione le ragioni per cui, pur essendo stata
ritenuta l’ipotesi di cui al comma quinto dell’art.73
d.PR. 309/90, era stata irrogata una pena superiore al
minimo edittale, non potendosi ritenere di minima
offensività la condotta ascritta al Fallarino, il quale
risultava inserito in un gruppo di piccoli spacciatori e
aveva riportato una condanna specifica in materia di
stupefacenti per fatti del 2005.
Inammissibili sono poi i ricorsi proposti da Vicerè
Saverio e Formisano Enzo.
Per quanto attiene al primo motivo riguardante la
inutilizzabilità delle disposte intercettazioni
telefoniche in quanto nei decreti autorizzativi delle
stesse non sarebbero stati indicati i gravi indizi circa
la sussistenza di uno dei reati per cui
l’intercettazione è consentita e il motivo per cui si
riteneva indispensabile intercettare quella determinata
utenza per proseguire l’indagine, si osserva che lo
stesso è generico.
Sul punto la giurisprudenza della Corte di Cassazione è
concorde nell’affermare che (cfr., tra le altre, Cass.,
Sez.4, Sent. n.37982 del 26 giugno 2008),quando la
doglianza abbia riguardo a specifici atti processuali,
la cui compiuta valutazione si assume essere stata
omessa o travisata, deve applicarsi, anche in sede
penale, il principio della cosiddetta “autosufficienza
del ricorso”, elaborato dalla giurisprudenza civile di
legittimità sulla base della formulazione dell’art. 360,
numero 5, c.p.c., onde è onere del ricorrente suffragare
la validità del suo assunto mediante la completa
. degli atti
trascrizione dell’integrale contenuto
medesimi in modo da rendere possibile l’apprezzamento
del vizio dedotto.
Conseguentemente non è possibile dare ingresso a tale
vizio in sede di legittimità allorchè i ricorrenti, come
nel caso in esame, si limitino ad enunciare la pretesa
carenza di motivazione dei sopra indicati decreti.
Comunque, anche se si ritenesse che quanto affermato
dalla difesa dei ricorrenti corrisponda al vero, si
osserva che , secondo la giurisprudenza di questa Corte
(cfr, tra le altre, Cass. Sez. 4, Sent. n. 16886 del
è consentito
al giudice
20.1.2004, Rv. 227942),
motivare “per relationem” purchè egli si attenga al
rispetto di criteri specifici in ossequio ai quali:1)
ogni riferimento risulti ad un atto legittimo del
procedimento la cui motivazione sia congrua per rapporto
alla propria “giustificazione” verso il provvedimento
finale; 2) il decidente sia pienamente a conoscenza
e
delle ragioni del provvedimento di riferimento

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risulti che le ritenga coerenti alla propria decisione e
le condivida; 3) risulti che l’atto di riferimento sia
conosciuto dall’interessato o almeno a lui ostensibile.
Anche sotto tale profilo,quindi, il motivo proposto è flo
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responsabilità,
si
ritiene
che
lo
stesso
sia
manifestamente infondato in quanto ripropone questioni
di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e
convincente risposta e mira ad una diversa ricostruzione
del fatto preclusa al giudice di legittimità.
I giudici della Corte di appello di Napoli hanno
infatti indicato con congrua e logica motivazione le
ragioni che hanno consentito di ritenere la
responsabilità degli imputati Vicerè e Formisano in
ordine al reato loro ascritto in considerazione delle
dichiarazioni accusatorie, pienamente attendibili, rese
dagli assuntori di sostanze stupefacenti e dell’esito
delle intercettazioni telefoniche. Per quanto poi
attiene alla doglianza secondo cui non yi sarebbe
certezza che la voce riconosciuta dagli investigatori
durante le intercettazioni telefoniche fosse proprio
quella dei prevenuti, i giudici della Corte territoriale
hanno rilevato come non possa seriamente dubitarsi in
merito alla individuazione effettuata dalla polizia
giudiziaria circa la identità degli stessi nelle
conversazioni intercettate, dal momento che molte erano
intervenute con gli acquirenti delle sostanze
stupefacenti poi escussi in qualità di testimoni.
Anche il terzo motivo in punto di trattamento
sanzionatorio è manifestamente infondato.
Sul punto si rileva che la decisione impugnata risulta
sorretta da conferente apparato argomentativo, che
soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per
quanto concerne la dosimetria della pena. E/ appena il
caso di considerare che in tema di valutazione dei vari
elementi per la concessione delle attenuanti generiche,
ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per
quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette
la c.d. motivazione implicita (Cass., Sez.6, 22
settembre 2003 n.227142) o con formule sintetiche (tipo
“si ritiene congrua” vedi Cass., sez.6, 4 agosto 1998,
Rv.211583), ma afferma anche che le statuizioni relative
al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti
ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di
cui all’art.133 c.p., sono censurabili in cassazione
solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento
illogico (Cass., sez.3, 16 giugno 2004 n.26908,
Rv.229298). Si tratta di evenienza che certamente non
sussiste nel caso di specie, avendo la Corte di appello

I giudici della Corte territoriale hanno infatti
rilevato a tal proposito, citando anche pertinente
giurisprudenza di questa Corte sul punto, che la
questione del “ne bis in idem” non può essere proposta
nell’ambito del processo che ci occupa, ma, ove
sussistano le condizioni per ritenere la identità dei
fatti, deve essere avanzata nell’ambito dell’altro
procedimento appena iniziato a carico del Formisano che
aveva condotto all’emissione della misura cautelare. La
sentenza impugnata ha pertanto ritenuto, sulla base
della giurisprudenza citata, che non è consentito, in
pendenza di un procedimento già definito in primo grado
e pendente in appello, iniziare per lo stesso fatto e
nei confronti della stessa persona un nuovo procedimento
nel cui ambito venga adottato un provvedimento cautelare
personale.
Inammissibile è infine il ricorso proposto da Giorgione
Daniele in punto di responsabilità, in quanto ripropone
questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato
ampia e convincente risposta e mira ad una diversa
ricostruzione del fatto preclusa al giudice di
legittimità.
I giudici della Corte di appello di Napoli hanno infatti
indicato con congrua e logica motivazione le ragioni che
hanno consentito di ritenere la responsabilità
dell’imputato Giorgione in ordine al reato ascrittogli,
evidenziando che il Giorgione era stato visto dalla
polizia giudiziaria in data 15.05.09, lanciare dal
finestrino dell’autovettura, all’indirizzo di Catalano
Giovanni, un involucro che conteneva sostanza
stupefacente di tipo eroina.
Nella sentenza impugnata si faceva rilevare che la
versione dell’imputato Fallarino, secondo cui sarebbe
stato lui a gettare lo stupefacente dall’autovettura,
ben poteva essere stata determinata dalla volontà di
sollevare da responsabilità il correo.

di Napoli espressamente chiarito le ragioni in base alle
quali ha ritenuto, previa rideterminazione della pena
inflitta nel giudizio di primo grado, di irrogare la
pena indicata in dispositivo.
Anche a proposito della censura proposta dalla difesa di
Formisano secondo cui il reato oggetto di contestazione
nel presente procedimento sarebbe già stato oggetto di
applicazione di misura cautelare e di giudizio penale
nel proc.pen. n.4635/07 R.G.N.R.-n.3722/08 R.G. GIP e
quindi ci si troverebbe in presenza di una inammissibile
duplicazione della medesima contestazione, la
motivazione della sentenza impugnata è assolutamente
adeguata e congrua.

Infine veniva evidenziato che il pieno coinvolgimento
del Giorgione nella vicenda di cui è processo trovava
ulteriore conferma nella circostanza che più volte i
Carabinieri avevano visto il Fallarino e il Giorgione in
macchina insieme mentre passavano sotto l’abitazione del
Catalano e lanciavano involucri dal finestrino della
vettura.

P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti
al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello
della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 12.02.2014

I ricorsi devono essere quindi dichiarati inammissibili
e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento
delle spese processuali e a quello della somma di euro
1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.

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