Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9688 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9688 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MICCO FELICE N. IL 03/09/1983
avverso l’ordinanza n. 74/2005 GIP TRIBUNALE di TRANI, del
09/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
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lette/s te le conclusioni del PG Dott. C1pjs

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Data Udienza: 12/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il G.I.P. del Tribunale di Trani, in funzione di giudice dell’esecuzione, con
ordinanza del 9/5/2013 rigettava il ricorso con cui Di Micco Felice aveva chiesto
la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concesso con la
sentenza dello stesso G.U.P. n. 166 del 2009 e la contestuale applicazione
dell’indulto, risalendo il reato al 6/1/2005.
Il Giudice osservava che il beneficio era stato concesso a seguito di

dell’imputato era stata subordinata alla concessione del beneficio; rilevava che
l’istanza avanzata al giudice dell’esecuzione non è prevista come causa di revoca
della sospensione condizionale della pena.

2.

Ricorre per cassazione Felice Di Micco, chiedendo l’annullamento

dell’ordinanza impugnata.
L’istanza di applicazione della pena era subordinata alla concessione del
beneficio della sospensione condizionale, non potendo essere subordinata alla
concessione dell’indulto, che è sottratto alla disponibilità delle parti; la revoca è
possibile in quanto il Giudice dell’esecuzione deve provvedere ex art. 666 e 672
cod. proc. pen.; ai sensi dell’art. 183, comma 2, cod. pen., prevale
effettivamente la causa di estinzione del reato: ma l’interesse ad invocare la
causa estintiva della pena in sede di esecuzione può sorgere nel caso il
condannato non si astenga dal commettere nuovi reati.
Nel caso di specie, il ricorrente ha l’interesse alla revoca del beneficio della
sospensione condizionale della pena, essendo lo stesso imputato per il reato di
maltrattamenti commesso fino al marzo del 2012.

3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto
del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.

Esattamente il Tribunale ha osservato che la revoca del beneficio della
sospensione condizionale della pena non è concedibile sulla base dell’istanza del
condannato, in conseguenza di una semplice mutata opinione, sia pure alla luce
delle nuove esigenze prospettatesi nel tempo: in effetti, i casi di revoca del
beneficio sono previsti dall’art. 168 cod. pen. e il caso in questione non è

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applicazione della pena su richiesta delle parti e che la relativa istanza

contemplato.

Il ricorrente richiama gli artt. 666 e 672 cod. proc. pen., sottolineando che il
giudice dell’esecuzione provvede su richiesta dell’interessato e applica l’indulto:
ma la prima norma ha un significato del tutto diverso – volendo escludere la
possibilità per il giudice dell’esecuzione di provvedere d’ufficio – e, trattandosi di
norma processuale, non può essere interpretata nel senso che il giudice
dell’esecuzione debba accogliere le richieste del condannato; al contrario, i

tra cui, appunto, l’art. 168 cod. proc. pen..

A sua volta, l’art. 672 cod. proc. pen. prevede che il giudice dell’esecuzione
applichi l’indulto, ovviamente quando sussistono i presupposti per la sua
applicazione, anche in questo caso individuati da altre norme.
Ebbene: la pena condizionalmente sospesa non può essere dichiarata estinta
per l’indulto, in quanto la sospensione condizionale della pena prevale sulla
causa di estinzione della pena (Sez. U, n. 36837 del 15/07/2010 – dep.
15/10/2010, P.G. in proc. Bracco, Rv. 247940).

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 12 febbraio 2014

Il Consigliere estensore

provvedimenti che può adottare sono tassativamente previsti da norme diverse,

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