Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9686 del 16/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9686 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

Data Udienza: 16/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PRIMO ERNESTO
nei confronti di:
SOTTILI GIAMMARCO N. IL 16/10/1954
avverso la sentenza n. 418/2012 GUP PRESSO TRIB.MILITARE di
NAPOLI, del 21/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
194e/sentite le conclusioni del PG Dott. Lut”
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 21.2.2013 il GUP del Tribunale militare di Napoli, al termine dell’udienza
preliminare, dichiarava non doversi procedere nei confronti di SOTTILI GIAMMARCO in ordine
al reato di minaccia ad inferiore continuata ed aggravata (art. 196/1 e 47 n.4 c.p.m.p., 81
c.p.) perché il fatto non sussiste.
Secondo il capo di imputazione, l’imputato, all’epoca colonnello dei Carabinieri Comandante
Provinciale di Avellino, minacciava un ingiusto danno al luogotenente Primo Ernesto,
Comandante della Stazione Carabinieri di Avellino (dopo che questi informalmente gli aveva

ristrutturazione dell’alloggio assegnato al predetto Colonnello) una prima volta, negli uffici del
Comando Provinciale in epoca antecedente e prossima al 30.3.2007, profferendo la frase: “Lei
pensi a svolgere adeguatamente il suo compito di comandante di stazione… il suo tempo qui ad
Avellino è scaduto”; nella sera dello stesso giorno, nell’atrio del suddetto Comando Provinciale,
dopo che il brigadiere De Sapio nel salutarlo gli aveva ricordato che era presente il Primo,
profferendo la frase: “e chi è? Lo sistemo io Primo”; nella mattina del 30.3.2007, nel piazzale
antistante la sede di una televisione privata dove i militari si trovavano per un sopralluogo,
profferendo le seguenti frasi all’indirizzo del Primo – mentre questi stava parlando con altri
militari – “Primo, ridi ridi … dovrai vedere di che morte dovrai morire” e “Maresciallo io sarò il
suo incubo”.
Il GUP premetteva che Primo Ernesto, costituitosi parte civile nell’udienza preliminare, aveva
presentato un esposto-denuncia contro il Sottili presso la Procura militare di Napoli in data
4.4.2011.
Riteneva che i fatti di cui al capo di imputazione non fossero adeguatamente provati, e che
comunque gli elementi acquisiti non fossero complessivamente idonei per poter sostenere
validamente l’accusa in giudizio, poiché la tardività della denuncia, non adeguatamente
giustificata dal Primo, non aveva consentito di accertare il reale svolgimento dei fatti e gli
stessi, anche come narrati dal predetto, apparivano rielaborati alla luce di negative esperienze
personali maturate nel frattempo.
Il Sottili, seppur per motivi che erano risultati legittimi, aveva proposto il trasferimento del

rappresentato alcune lamentele di militari in merito alla dispendiosità dei lavori di

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maresciallo Primo dalla sede di Avellino, così come di altri numerosi militari, e il predetto aveva
ritenuto ingiustificato e vessatorio detto trasferimento.
Secondo il GUP, le frasi in contestazione, come riferite dal denunciante, apparivano
decontestualizzate e non del tutto logiche, mentre dalle dichiarazioni raccolte era risultato che i
trasferimenti proposti dal Sottili avevano come comune denominatore l’incompatibilità
ambientale e funzionale, derivata dalla lunga permanenza nella medesima sede di servizio.
Anche le dichiarazioni dei testi indicati dal denunciante, secondo il giudice, non erano risultate
pienamente affidabili, sia perché in ragione del tempo trascorso i ricordi erano apparsi incerti e
contraddittori, sia perché anche alcuni testimoni erano stati coinvolti dall’azione di comando
del Sottili ed avevano maturato esperienze negative al riguardo.
1
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Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della parte civile Primo
Ernesto, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione dell’art. 196/1 c.p.m.p. e per
vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento ed erronea valutazione della prova
rappresentata dalle S.I.T. di De Sapio Gerardo, Del Grosso Jorge, Restieri Gianluca e Farina
Antonio (che venivano allegate al ricorso).
Secondo il ricorrente, il giudicante aveva errato nel ritenere che le frasi incriminate non
avessero una portata minatoria oggettiva, essendo sufficiente, ai fini della configurabilità del
reato di minaccia, un qualsiasi comportamento idoneo ad incutere timore e a suscitare in altri

ingiusto può derivare anche dall’esercizio di una facoltà legittima.
La parte offesa aveva ampiamente giustificato la “tardività” della denuncia, sia in attesa
dell’esito del procedimento penale pendente a suo carico sia per la presenza del Sottili nella
regione ove egli operava.
I testi avevano affermato che il Primo aveva percepito, nella immediatezza dei fatti, la portata
minacciosa delle frasi profferite dal Sottili, come risultava dalle S.I.T. allegate al ricorso.
I ricordi non precisi dei testi nel riferire le parole pronunciate dall’imputato erano giustificati dal
lungo lasso di tempo trascorso e comunque i testi non avevano smentito la portata minatoria
delle frasi pronunciate dal Sottili.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato poiché il Giudice dell’udienza preliminare ha esorbitato dai suoi compiti, in
quanto avrebbe dovuto limitarsi a verificare l’idoneità o meno degli elementi acquisiti a
sostenere l’accusa in giudizio, invece si è sostanzialmente sostituito al giudice del dibattimento
nel valutare le fonti di prova le quali, per quanto risulta dalla stessa motivazione dell’ordinanza
impugnata, si prestavano a soluzioni alternative ed aperte.
L’art.425/3 c.p.p., infatti, impone al giudice dell’udienza preliminare di pronunciare sentenza di
non luogo a procedere (anche) quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti,
contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio.
Pertanto, il parametro di riferimento per il suddetto giudice deve essere la prognosi

la preoccupazione di soffrire un danno ingiusto, e secondo la giurisprudenza il male futuro e

dell’inutilità del dibattimento, come costantemente ha affermato la giurisprudenza di questa
Corte, la quale ha precisato che ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere,
il Gup, in presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità ed alternatività di
soluzioni valutative, deve limitarsi a verificare l’inutilità o superfluità del dibattimento, senza
dover, invece, operare valutazioni di tipo sostanziale (V. Sez. 3 sentenza n.39401 del
21.3.2013, Rv. 256848).
Nel caso in esame, appare evidente dalla stessa motivazione dell’ordinanza che, in base a

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quanto denunciato da Primo Ernesto, le frasi pronunciate dall’imputato avevano
oggettivamente un indubbio contenuto minatorio.

2

La denuncia della parte lesa era sostanzialmente avvalorata dalle dichiarazioni rese da De
Sapio Gerardo, Del Grosso Jorge, Restieri Gianluca e Farina Antonio che sono state allegate al
ricorso.
Le valutazioni su una possibile rielaborazione da parte del denunciate dei ricordi, causa le
negative esperienze personali maturate nel frattempo in conseguenza delle iniziative prese
dall’imputato nei suoi confronti, ed anche le valutazioni sulle incertezze dei testimoni,
conseguenti non tanto al tempo trascorso quanto piuttosto ai cattivi rapporti degli stessi testi
con l’imputato, sono valutazioni da rimettere al giudice del dibattimento, il quale, anche per le

strumenti più approfonditi per valutare l’attendibilità dei testi.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al GUP del
Tribunale militare di Napoli.
P.Q.M.

A scioglimento della riserva assunta all’udienza camerale del 5.11.2013
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al GUP del Tribunale militare di
Napoli.
Così deciso in Roma in data 16 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

diverse modalità in cui si acquisiscono le prove nella fase del giudizio, ha a disposizione

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