Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9679 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9679 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZEI SALVATORE N. IL 14/08/1956
avverso il decreto n. 27/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO, del
22/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. p.
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. In data 22 giugno 2012 la Corte d’Appello di Catanzaro confermava, nei
confronti di Mazzei Salvatore, il decreto applicativo di misura di prevenzione
personale (sorveglianza speciale di p.s. per anni tre con obbligo di soggiorno)
emesso dal Tribunale di Catanzaro il 15.12.2010.
Nel richiamare i contenuti del decreto emesso in primo grado, la Corte
evidenziava, in sintesi, che :
– il Tribunale aveva correttamente escluso sia l’esistenza di uno

status di

sia la rilevanza di una sua condotta di denunzia tenuta nei confronti di un gruppo
criminale della zona di Lamezia (cosca Iannazzo) e ciò in ragione della esistenza
di elementi di conoscenza (posti a base di una ordinanza di custodia cautelare
per concorso esterno, adottata nel febbraio 2009) tesi ad asseverare la
continuità dei suoi rapporti di interesse con la diversa cosca dei Mancuso, attiva
nella zona del vibonese;
– tali rapporti risulterebbero confermati dal diverso atteggiamento dichiarativo
tenuto dal Mazzei in altro processo istruito a carico di Mancuso Pantaleone,
atteggiamento definito complessivamente omertoso;
– inoltre la persistenza della pericolosità del Mazzei era stata tratta, pur a fronte
di condotte di contiguità risalenti nel tempo, dalle risultanze di una informativa
del ROS dei Carabinieri del 5 ottobre 2007 (da cui emergeva che il Mazzei aveva,
tramite i suoi dipendenti, eluso i controlli delle autorità sull’attività della cava di
materiali inerti esistente in località San Sidero, sottoposta a sequestro) nonchè
dalla pendenza di un procedimento del 2008 nel cui ambito Mazzei risulta
indagato per concorso in truffa aggravata e frode nelle pubbliche forniture in
relazione alla realizzazione di opere foranee nel porto di Catanzaro Lido.
Giova precisare che il decreto emesso in primo grado dal Tribunale fa riferimento

per relationem ai contenuti dell’ordinanza cautelare del 2009 per concorso
esterno nel delitto di associazione mafiosa ed in particolare – circa il rapporto
sinallagmatico intervenuto con la cosca Mancuso – ai contributi resi dai
collaboratori di giustizia Dedato Vincenzo, Amodio Francesco (in particolare
e ad esiti captativi di conversazioni

dichiarazioni del 4 dicembre 2002)

telefoniche (in particolare la conversazione del 7 marzo 2002).

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo
del difensore – Mazzei Salvatore, deducendo l’erronea applicazione della
disciplina normativa di riferimento e la mera apparenza della motivazione.
Nel ricorso si evidenzia, in sintesi, che :

2

collaboratore di giustizia del Mazzei (per assenza di riscontri oggettivi sul tema)

- il Tribunale e la Corte d’Appello non avevano provveduto ad acquisire la
documentazione esistente presso la Prefettura competente in tema di
sottoposizione del Mazzei a controllo e vigilanza attiva – a tutela della sua
incolumità – per le denunzie operate nei confronti degli appartenenti alla cosca
Iannazzo, nonostante le reiterate richieste della difesa. Da ciò era derivata una
incompleta valutazione circa l’assenza attuale di pericolosità, posto che al di là
dello status giuridico di collaboratore o meno, il Mazzei avrebbe comunque
infranto la regola dell’omertà consentendo l’arresto di numerosi affiliati a detta

– non vi era stata alcuna motivazione specifica sulla eccezione in tema di effetto
preclusivo del giudicato favorevole, rappresentato dalla decisione emessa dalla
Corte d’Appello di Catanzaro nei confronti del Mazzei in data 14.11.2003. In tale
decisione, che riguardava sia pretesi rapporti con la cosca Iannazzo che quelli
con la cosca Mancuso era stata, all’epoca, esclusa la contiguità del Mazzei ed era
stata messa in evidenza la sua subalternità, in quanto destinatario di richieste
estorsive. Il Tribunale e la Corte avrebbero, pertanto, dovuto motivare in modo
specifico circa la rilevanza dimostrativa dei pretesi elementi di novità;
– non si era tenuto conto, al fine di attualizzare il giudizio di pericolosità, del fatto
che i pretesi rapporti con la cosca Mancuso erano intervenuti negli anni ’90 ed il
procedimento iscritto a carico del Mazzei per truffa e frode nelle pubbliche
forniture era stato archiviato con decisione del GIP in data 12 marzo 2012,
ritualmente depositata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto, per le ragioni che seguono.
1.1 Va premesso che il ricorso per cassazione in tema di decisioni emesse in
sede di prevenzione personale e/o patrimoniale non ricomprende in modo
specifico il vizio di motivazione ma la sola violazione di legge (art. 4 comma 11
legge n. 1423 del 1956, applicabile al caso in esame).
Da ciò, per costante orientamento di questa Corte, deriva che è sindacabile la
sola «mancanza» del percorso giustificativo della decisione, nel senso di
redazione di un testo del tutto privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e logicità (motivazione apparente) o di un testo del tutto inidoneo a
far comprendere l’itinerario logico seguito dal giudice (tra le altre, Sez. I
26.2.2009, rv 242887).
In tali casi, infatti, non è la congruità logica delle singole affermazioni probatorie
ad essere valutata, quanto la mancata osservanza del generale obbligo di
motivazione imposto dall’art. 125 comma 3 cod.proc.pen. e richiamato dallo
3

cosca ;

stesso articolo 4 della legge regolatrice n.1423 del 1956 (Sez. V n.19598 del
8.4.2010, rv 247514).
1.2 Nel caso in esame – come evidenziato nell’ampia e condivisibile requisitoria
scritta del Procuratore Generale presso questa Corte – si verte in ipotesi di
motivazione apparente.
E ciò essenzialmente in relazione a tre punti da ritenersi – ad avviso del Collegio
– del tutto insuperabili.
Il primo è rappresentato dalla mancata indicazione – necessariamente specifica –

– per pericolosità qualificata ai sensi della legge n.575 del 1965 – nei confronti di
Mazzei Salvatore nonostante il precedente giudicato favorevole consistente nella
decisione emessa dalla medesima Corte d’Appello nel novembre 2003. Se è vero
infatti che il giudicato in materia di prevenzione è caratterizzato da un minor
grado di stabilità rispetto a quello penale, potendosi rivalutare la pericolosità di
un soggetto alla luce di elementi di fatto sopravvenuti ( l’affermazione risale alla
nota decisione delle Sezioni Unite di questa Corte del 3.7.’96, n.18 secondo cui
..quanto all’asserita violazione dell’art. 649 C.P.P. è appena il caso di rilevare che
appaiono esatte le affermazioni della Corte di appello secondo cui, attesa la
peculiarità del procedimento di prevenzione, la preclusione derivante dal
giudicato opera sempre

rebus sic stantibus:

non impedisce, pertanto, la

rivalutazione della pericolosità qualificata ove sopravvengano nuovi elementi
indiziari – non precedentemente noti – che comportino una valutazione di
maggior gravità della pericolosità della stessa ed un giudizio di inadeguatezza
delle misure in precedenza adottate.., affermazione ripresa dalle decisioni
successive tra cui Sez. U n. 600 del 29.10.2009, rv 245176) è pur vero che nel
compiere siffatta operazione grava sul giudice di merito un ineludibile obbligo di
indicazione e sviluppo argomentativo circa la «portata di novità» di detti
elementi, da rapportare ai contenuti della precedente decisione reiettiva (si
veda, sul tema, Sez. VI n. 25514 del 1.3.2006, rv 234995).
Tale operazione non risulta compiuta nè dal Tribunale nè dalla Corte d’Appello
che non spendono – in verità – nessun argomento specifico, limitandosi a
richiamare per relationem i contenuti investigativi (che peraltro appaiono per lo
più datati all’anno 2002) confluiti in un titolo cautelare emesso nell’anno 2009
per la contestazione di concorso esterno.
E’ vero, infatti, che nel precedente giudicato (allegato al ricorso qui in
valutazione) veniva presa in esame sia l’ipotesi della contiguità alla cosca
Iannazzo che l’ipotesi della contiguità del Mazzei alla cosca Mancuso e gli
elementi allora addotti non vennero ritenuti sufficienti a qualificare il rapporto in
termini diversi dalla sudditanza.
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delle ragioni per cui risulti possibile applicare la misura di prevenzione personale

Se elementi nuovi (sul piano processuale, potendo trattarsi anche di dati
preesistenti ma non valutati) sono intervenuti è preciso obbligo del giudice di
merito, data la natura giurisdizionale piena del procedimento di prevenzione, non
soltanto indicarli ma soprattutto svilupparne i contenuti dimostrativi e
rapportarli, con adeguato giudizio di consistenza, alla motivazione del precedente
diniego applicativo.
Va infatti ricordato che anche il giudizio di prevenzione, lungi dal consistere in
una mera valutazione di pericolosità soggettiva (cd. parte prognostica del

apprezzabili e costituenti a loro volta «indicatori» della possibilità di iscrivere il
soggetto proposto in una delle categorie criminologiche previste dalla legge (cd.
parte constatativa del giudizio).
Il soggetto coinvolto in un procedimento di prevenzione, in altre parole, non
viene ritenuto «colpevole» o «non colpevole» in ordine alla realizzazione di un
fatto specifico, ma viene ritenuto «pericoloso» o «non pericoloso» in rapporto al
suo precedente agire (per come ricostruito attraverso le diverse fonti di
conoscenza) elevato ad «indice rivelatore» della possibilità di compiere future
condotte perturbatrici dell’ordine sociale costituzionale o dell’ordine economico e
ciò in rapporto all’esistenza di precise disposizioni di legge che «qualificano» le
categorie di pericolosità.
Ciò deriva dalla fisionomia costituzionale assunta da tale versante della
giurisdizione a seguito di numerose decisioni della Corte Cost., tra cui va
ricordata la sentenza n.177 del 22.12.1980, con cui proprio in ragione della
difficoltà dimostrativa dei generici presupposti di fatto venne cancellata la
categoria criminologica dei ‘soggetti proclivi a delinquere’ : ..

invero, se

giurisdizione in materia penale significa applicazione della legge mediante
l’accertamento dei presupposti di fatto per la sua applicazione attraverso un
procedimento che abbia le necessarie garanzie, tra l’altro di serietà probatoria,
non si può dubitare che anche nel processo di prevenzione la prognosi di
pericolosità (demandata al giudice e nella cui formulazione sono certamente
presenti elementi di discrezionalità) non può che poggiare su presupposti di fatto
previsti dalla legge e, perciò, passibili di accertamento giudiziale..

nonchè

l’altrettanto fondamentale sentenza del 23 marzo 1964, n. 23, con cui la Corte
Cost. ebbe a dichiarare infondate le numerosi questioni all’epoca sollevate dai
giudici di merito sul testo della legge 1423 del ’56 : ” … non è esatto che dette

misure ..possano essere adottate sul fondamento di semplici sospetti;
l’applicazione di quelle norme, invece, richiede una oggettiva valutazione di fatti,
da cui risulti la condotta abituale e il tenore di vita della persona.. .

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giudizio) si alimenta in primis dall’apprezzamento di «fatti» storicamente

Ora, se valutazione di «fatti» deve necessariamente essere operata è evidente
che la stessa non può essere integralmente demandata (come ribadito, a seguito
delle ricordate decisioni del giudice delle leggi, da questa Corte in numerosi
arresti tra cui Sez. VI 19.3.1997, ric. Commisso) alla rievocazione dei contenuti
di un provvedimento (nel caso di specie rappresentato da una ordinanza di
custodia cautelare) emesso in sede penale senza riportare il contenuto dei dati e
senza compiere una autonoma valutazione idonea a «superare» un precedente
giudicato prevenzionale.

riguardano l’attualizzazione del giudizio di pericolosità sociale, da operarsi anche
nei confronti del soggetto, in ipotesi, contiguo ad organizzazioni di stampo
mafioso (si veda, sul tema, Sez. I n. 17932 del 10.3.2010, rv 247053, nonchè in
riferimento alle misure cautelari personali Sez. VI, n.32412 del 27.6.2013, rv
225751).
Ciò sotto più profili, dato che la Corte territoriale non opera una precisa
collocazione temporale del periodo in cui il rapporto sinallagmatico tra il Mazzei e
la cosca Mancuso sarebbe intervenuto.
Il primo è correlato alla mancata verifica circa l’adozione delle misure di vigilanza
a seguito delle denunzie operate dal Mazzei nei confronti agli appartenenti alla
cosca Iannazzo. Non si tratta, sul punto, di verificare l’esistenza o meno di uno
status di collaborante (correttamente escluso), quanto di verificare, in fatto, un
dato di sicuro rilievo circa la possibile applicazione di una massima di esperienza
in relazione alla quale l’imprenditore che opera denunzie di condotte estorsive da
parte di aderenti ad organizzazioni criminali perde il requisito dell’affidabilità e
pertanto tende ad allontanarsi dal contesto di riferimento.
In tal senso, la doglianza espressa nel ricorso, non potendosi parlare nel
procedimento di prevenzione di mancata assunzione di prova decisiva, rifluisce
sub specie carenza di motivazione, come ritenuto in via generale da Sez. I,
26.2.2009, rv n. 242887.
Il secondo profilo riguarda, sempre in rapporto alla necessaria «attualizzazione»
del giudizio di pericolosità, l’omessa considerazione dell’esito – in termini di
archiviazione – del procedimento penale iscritto a carico del Mazzei per concorso
in frode nelle pubbliche forniture.
Anche in tal caso, infatti, l’autonomia del procedimento di prevenzione non può
spingersi sino al punto di non considerare che l’indagine penale risulta archiviata
e, pertanto, il dato – tranne l’ipotesi in cui non si traggano specifici e consistenti
elementi da valutarsi in modo autonomo – non può rientrare tra quelli indicativi
di pericolosità.

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1.3 Gli altri due punti ove è dato rinvenire carenza di sviluppo motivazionale

All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento dell’impugnato decreto con
rinvio per nuovo esame.
In sede di nuovo giudizio, pertanto, la Corte d’Appello potrà liberamente
determinarsi in fatto, applicando i principi di diritto sin qui richiamati.

P.Q.M.

Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame alla Corte d’Appello di

Così deciso il 5 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Catanzaro.

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