Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9678 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9678 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CREATI ETTORE N. IL 23/03/1970
CREATI BRUNO N. IL 08/04/1971
DI ROCCO IRMA N. IL 18/02/1946
avverso l’ordinanza n. 84/2009 GIP TRIBUNALE di PESCARA, del
22/06/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/sefilite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 05/11/2013

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza ex art. 444 c.p.p. in data 20.1.2005 il GIP del Tribunale di Pescara ha applicato a
CREATI ETTORE ed a CREATI BRUNO la pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed euro
400,00 di multa ciascuno in ordine al delitto di cui all’art. 648-ter c.p., accertato il 7.9.2004,
per fatti di riciclaggio concernenti autovetture.
A seguito di istanza del P.M., avanzata sulla basa degli esiti delle indagini della Guardia di
Finanza sui beni nella disponibilità dei predetti, il GIP del Tribunale di Pescara, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha emesso nel marzo 2010, ai sensi dell’art. 12-sexies legge

nella disponibilità di Creati Ettore e Creati Bruno.
Avverso i provvedimenti di confisca hanno proposto opposizione Creati Ettore e Creati Bruno
nonché Fornaro Patrizia (convivente di Creati Bruno) e Di Rocco Irma (madre di Creati Ettore e
Bruno).
Il GIP del Tribunale di Pescara, con ordinanza in data 22.6.2011 emessa dopo aver sentito le
parti in camera di consiglio, disponeva la restituzione dell’unico bene sequestrato a Fornaro
Patrizia (autovettura tg. DD 149 ZD) e di alcuni beni immobili e mobili sequestrati a Creati
Ettore e a Creati Bruno; per il resto rigettava gli atti di opposizione presentati dai predetti e da
Di Rocco Irma.
Il GIP riteneva, sulla base delle informative della Guardia di Finanza allegate alla richiesta del
P.M., che Creati Ettore, Creati Bruno e i loro nuclei familiari avessero una situazione
economico-patrimoniale complessiva che non giustificava il tenore di vita sostenuto, poiché i
numerosi beni nella loro disponibilità apparivano di valore assolutamente sproporzionato al loro
reddito dichiarato ai fini delle imposte negli anni dal 1999 al 2007 e alla loro attività
economica, sicché appariva evidente che si trattava del frutto dell’accumulo di proventi
derivanti da attività illecite.
Riteneva inoltre che non potesse darsi alcun rilievo alle considerazioni degli opponenti circa la
produzione di redditi non dichiarati al fisco, poiché la omessa dichiarazione rinviava a
valutazioni empiriche prive di giuridica valenza.

Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione – con unico atto sottoscritto dal
difensore – Creati Ettore, Creati Bruno e Di Rocco Irma, chiedendone l’annullamento per
violazione di legge e difetto di motivazione, lamentando che, con riferimento ai beni personali
di Creati Ettore e di Creati Bruno, il GIP si era limitato ad affermare la sussistenza di una
sproporzione tra beni sottoposti a misura ablativa e redditi degli interessati senza procedere:
-a) all’accertamento effettivo del valore dei beni;
-b) all’accertamento effettivo dei redditi, anche in relazione alle produzioni della difesa;
lamentando, in particolare, che non fossero state indicate le ragioni per le quali fosse stato
dissequestrato solo parzialmente il terreno seminativo in Spoltore di cui al punto d) del
provvedimento di sequestro in data 1.3.2010.
1

356/1992, provvedimenti di sequestro e confisca di beni mobili e immobili intestati o ritenuti

i ricorrenti hanno innanzi tutto criticato che nel provvedimento impugnato si fosse fatto
riferimento al requisito della sproporzione con riferimento al patrimonio come complesso
unitario, mentre doveva farsi riferimento alla somma dei singoli beni, con riguardo al reddito e
alle attività nei momenti dei singoli acquisti, senza considerare il reddito dichiarato o le attività
al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti.
Inoltre, non erano state prese in considerazione le allegazioni difensive tendenti a dimostrare
la provenienza lecita di ciascun bene all’epoca dei rispettivi acquisti e gli errori compiuti dalla
Guardia di Finanza nella valutazione economica dei beni sequestrati.

fratelli Creati, anche se non denunciati al fisco, essendo stato dimostrato che Creati Ettore
gestiva un’impresa individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio di ricambi d’auto e
che Creati Bruno gestiva un’impresa individuale avente ad oggetto soccorso stradale e attività
di raccolta e vendita del ferro.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’art. 12-sexies della legge 356/1992 prevede che, anche in caso di applicazione della pena su
richiesta delle parti in ordine (tra gli altri) al delitto di cui all’art. 648-ter c.p., è sempre
disposta la confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non può
giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta
essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato ai fini dell’imposte sul reddito, o alla propria attività economica.
Il giudice dell’esecuzione non ha tenuto conto dei principi indicati dalla giurisprudenza per
individuare i termini di raffronto al fine di accertare la sproporzione del valore dei beni (che a
sua volta deve essere accertato) rispetto al reddito, né per determinare le componenti del
reddito.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, al fine di disporre la confisca
conseguente a condanna per uno dei reati indicati nell’art. 12-sexies, commi 1 e 2, d.l. 8
giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992 n. 356 (modifiche
urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità
mafiosa) allorché sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal
condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da
confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è necessario,
da un lato, che, ai fini della “sproporzione”, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di
rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito
dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni
presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta
acquisiti, e, dall’altro, che la “giustificazione” credibile consista nella prova della positiva liceità

2

Neppure erano stati in alcun modo valutati i redditi prodotti dalle attività economiche svolte dai

della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è
stata inflitta condanna (V. Sez. U. sentenza n. 920 del 17.12.2003, Rv. 226491).
La giurisprudenza di questa Corte ha anche stabilito che la presunzione di illegittima
provenienza delle risorse patrimoniali accumulate da un soggetto condannato per determinati
reati di cui all’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992 deve escludersi in presenza di fonti lecite e
proporzionate di produzione, sia che tali fonti siano costituite dal reddito dichiarato ai fini
fiscali, sia che provengano dall’attività economica svolta, benché non evidenziati, in tutto o in
parte, nella dichiarazione dei redditi poiché, diversamente opinando, si finirebbe per

accumulate, ma per l’evasione fiscale posta in essere, che esula dalla “rado” e dal piano
operativo dell’art. 12 sexies cit.(V. Sez. 6 sentenza n.21265 del 15.12.2011, Rv. 252855).
Si deve anche aggiungere che il giudice, prima di disporre la confisca dei beni in sequestro, ha
l’obbligo di prendere in considerazione – eventualmente disponendo le opportune indagini tutta la documentazione prodotta dalla difesa al fine di dimostrare la lecita provenienza di beni
in sequestro, fornendo adeguata e puntuale motivazione in ordine alle giustificazioni date dagli
interessati, soprattutto se le stesse si fondano su specifiche prove documentali.
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame – nel
rispetto dei principi enunciati da questa Corte – al GIP del Tribunale di Pescara.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di Pescara.
Così deciso in Roma in data 5 novembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

penalizzare il soggetto sul piano patrimoniale non per la provenienza illecita delle risorse

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