Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9663 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 9663 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NARDELLI DAVIDE N. M 13/02/1979
avverso la sentenza n. 27/2008 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 26/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Voily(Y/Of Ia parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 03/10/2013

N.40016/12-RUOLO N.9 P.U.(2336)

RITENUTO IN FATTO
1.NARDELLI Davide impugna innanzi a questa Corte, per il tramite del suo
difensore, la sentenza del 26 marzo 2012, con la quale la Corte d’appello di
Lecce, sezione distaccata di Taranto, accogliendo l’appello proposto dal P.G. di
Lecce, in riforma della sentenza del G.U.P. di Taranto del 31 maggio 2007, che lo
aveva mandato assolto per vizio totale di mente dai reati ascrittigli (tentato

coltello, essendosi invaghito di lei ed avendo percepito che il sentimento da lui
provato non era ricambiato dalla vittima; porto ingiustificato in luogo pubblico di
coltello):
– lo ha condannato alla pena di anni 3, mesi 1 e giorni 10 di reclusione per il
reato di tentato omicidio, ritenuto il vizio parziale di mente e ridottagli la pena
per il rito abbreviato prescelto;
– ha dichiarato il non doversi procedere nei suoi confronti per l’altro reato,
siccome estinto per prescrizione.

2.La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, svolta una nuova
perizia psichiatrica sull’imputato, ha ritenuto che quest’ultimo, al momento del
fatto, non fosse affetto da vizio totale di mente, ma fosse stato in grado di
autodeterminarsi e di valutare il disvalore sociale e la gravità del gesto
commesso; gli ha tuttavia riconosciuto il vizio parziale di mente ex art. 89 cod.
pen., siccome affetto da ritardo mentale di grado medio-lieve, idoneo a scemare
grandemente, senza tuttavia escluderla, la sua capacità d’intendere e volere; ha
poi ritenuto che il reato commesso dall’imputato in danno di POMPAMEA Anna
fosse da qualificare come tentato omicidio e non come lesioni personali
aggravate, in quanto la vittima, aggredita con un coltello, era stata colpita con
determinazione nella parte destra del collo, vicino alla vena giugulare e pertanto

omicidio di POMPAMEA Anna, da lui più volte colpita per motivi di gelosia con un

in una zona vitale del corpo; e l’evento non aveva avuto esito letale solo perché
la vittima era stata immediatamente soccorsa.

3.11 NARDELLI formula due doglianze:
I)-carenza e manifesta illogicità della motivazione circa la sussistenza della sua
responsabilità penale in ordine al reato ascrittogli, in quanto non era stato tenuto
conto della perizia disposta in appello, dalla quale era chiaramente evincibile
come egli fosse affetto da ritardo mentale di grado di livello medio-grave; inoltre
la perizia aveva escluso la sua pericolosità sociale solo grazie al trattamento
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psicofarmacologico somministratogli quotidianamente ed alla terapia “long
acting” applicatagli con cadenza quindicinale;
II)-erronea applicazione della legge penale per non avere la sentenza impugnata
derubricato il delitto di tentato omicidio ascrittogli in lesioni personali aggravate,
in quanto il suo comportamento avrebbe potuto essere qualificato come tentativo
di lesioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

proposto da NARDELLI Davide.

2.Con esso il ricorrente lamenta che erroneamente la Corte territoriale aveva
ritenuto la sua parziale capacità d’intendere e volere al momento della
commissione dei reati ascrittigli, in quanto avrebbe dovuta essere confermata
l’assoluta sua incapacità d’intendere e volere ritenuta dal primo giudice.

3.Si osserva al riguardo che questa Corte, quale giudice di legittimità, può solo
verificare se la Corte territoriale abbia dato adeguato conto delle ragioni, che
l’hanno indotta ad andare in contrario avviso rispetto al G.I.P. del Tribunale di
Taranto ed a ritenere che la capacità d’intendere e volere dell’imputato, sebbene
scemata, tuttavia sussistesse.
Pertanto il metodo di valutazione è quello indicato dall’art. 606 primo comma
lettera e) cod. proc. pen. e consiste nel controllo della motivazione dell’atto
impugnato, onde accertare che essa sussista e non sia né manifestamente
illogica, né contraddittoria (cfr., in termini, Cass. SS. UU. n. 11 del 22/3/2000,
Audino, Rv. 215828; Cass. Sez. 4 n. 22500 del 3/5/2007, Terranova,
Rv.237012).

4.La sentenza della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto,

1.E’ inammissibile siccome manifestamente infondato il primo motivo di ricorso

impugnata nella presente sede, ha invero adeguatamente valutato la posizione
del ricorrente, mediante l’espletamento di una nuova perizia medico-psichiatrica
sulla sua persona ed in esito a detto nuovo accertamento, con motivazione
incensurabile nella presente sede di legittimità, siccome esente da illogicità e
contraddizioni, ha ritenuto che il NARDELLI, seppur affetto da ritardo mentale di
grado medio-lieve con note psicotiche da innesto, era, in ragione di detta sua
condizione mentale, almeno in parte in grado di intendere e volere e quindi in
condizione di rendersi conto del disvalore sociale e morale del fatto-reato da lui
commesso in danno della POMPAMEA e di averlo voluto ugualmente perpetrare;
ed a conferma di quanto sopra ha rilevato come il ricorrente, sottoposto ad
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osservazione psichiatrica subito dopo l’aggressione della POMPAMEA presso il
servizio di psichiatria dell’Ospedale Nord di Taranto, era apparso ai sanitari come
paziente con lieve deficit cognitivo, vigile ed orientato, tranquillo e che il
medesimo, rispetto al gesto compiuto era critico e perfettamente consapevole
della gravità dell’atto commesso.

5.Le argomentazioni svolte dal ricorrente per inficiarne la consistenza non sono
idonee ad incrinare le coerenti ed attendibili valutazioni effettuate dalla Corte

perizia psichiatrica posta dalla Corte territoriale a fondamento della sua
decisione.

6.E’ altresì infondato il secondo motivo di ricorso, con il qual il ricorrente lamenta
l’insussistenza nel suo comportamento della volontà omicidiaria.
Va al contrario rilevato che appare incensurabile nella presente sede, siccome
immune da vizi logici e da contraddizioni, la motivazione con la quale la Corte
territoriale ha ritenuto la sussistenza nel comportamento del ricorrente
dell’elemento psicologico del dolo omicidiario.
Esso è da qualificare come dolo diretto, nella sua manifestazione nota come dolo
alternativo, che si ha quando, come nel caso in esame, il soggetto attivo prevede
e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi
alternativi causalmente collegabili al suo comportamento cosciente e volontario e
cioè, nella specie, la morte ovvero il grave ferimento della vittima; e la
giurisprudenza di questa Corte è concorde nel ritenere che il dolo diretto, nella
sua qualificazione di dolo alternativo, è compatibile con l’omicidio tentato (cfr., in
termini, Cass. 1^ 20.10.97 n. 9949; Cass. 1^ 25.5.07 n. 27620).

7.1 giudici di merito hanno desunto la sussistenza del dolo omicidiario nel
comportamento tenuto dal ricorrente nei confronti della vittima, correttamente
avendo valorizzato le concrete modalità della condotta tenuta dal ricorrente,
avendo quest’ultimo usato come strumento di offesa un coltello, certamente
idoneo in sé a cagionare la morte di una persona; avendo egli colpito più volte la
vittima al collo sul lato destro, in prossimità della vena giugulare e quindi in zona
vitale del corpo; avendo rilevato come l’evento morte non si fosse realizzato solo
per avere la vittima trovato pronto ed immediato soccorso nelle persone vicine,
che avevano innanzitutto tamponato la fuoriuscita del sangue e l’avevano poi
immediatamente trasportata al pronto soccorso del locale ospedale.
La motivazione addotta dai giudici di merito per ritenere la sussistenza, nel
comportamento del ricorrente, del dolo omicidiario sotto la forma del dolo
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territoriale, siccome estremamente generiche e prive di idonee confutazioni della

alternativo nei confronti di POMPAMEA Anna è pertanto pienamente condivisibile,
siccome immune da illogicità e contraddizioni (cfr., in termini, Cass. 2^ 23.5.07
n. 23419).

8.11 ricorso proposto da NARDELLI Davide va pertanto dichiarato inammissibile,
con sua condanna, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Casa delle Ammende.
Così deciso il 3 ottobre 2013.

P.Q.M.

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