Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9660 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9660 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
GUZZELLONI MARISA nata il 09/06/1941, avverso l’ordinanza del
26/09/2013 del Tribunale del Riesame di Milano;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Luigi Riello che ha
concluso per il rigetto;
udito il difensore avv.to Enrico Arena che ha concluso per
l’accoglimento;
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 26/09/2013, il Tribunale del Riesame di
Milano confermò l’ordinanza con la quale, in data 04/09/2013 il giudice
per le indagini preliminari del tribunale della medesima città aveva
ordinato il sequestro preventivo di beni immobili oggetto di
trasferimento simulato da parte di Cattaneo Paolo – indagato per il reato
di cui all’art. 648 ter cod. pen. – alla propria madre GUZZELLONI
Marisa.

Data Udienza: 12/02/2014

2. Avverso la suddetta ordinanza, GUZZELLONI Marisa, a mezzo
del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i
seguenti motivi:
2.1. VIOLAZIONE DELL’ART. 648

TER COD. PEN.:

sostiene la ricorrente

che il suddetto reato non sarebbe configurabile perché «per l’astratta

consegnato l’importo indicato al Rebuscini

[ndr: C 350/400.000,00]

quanto piuttosto che abbia consapevolmente concorso con il padre nel
reimpiego della somma di E. 50.000.000 consegnata nel 2000. Tale
ultima circostanza è negata dal Rebuscini». In altri termini, poiché il
proprio figlio Cattaneo Paolo si era limitato a restituire denaro che anni
prima il Rebuscini aveva consegnato a Pierluigi Cattaneo (padre di Paolo
Cattaneo), egli non poteva rispondere del suddetto reato del quale, al
più, si sarebbe reso responsabile il padre, peraltro deceduto.
La ricorrente poi, sostiene che, nonostante il capo d’incolpazione
faccia riferimento alla società Leopardi s.r.I., di fatto, poi, tutta la
motivazione faceva riferimento a vicende che riguardavano
esclusivamente la Piazzetta s.r.l. per le quali era stato contestato il
reato di cui all’art. 12 quinquies L. 356/1992.
2.2. VIOLAZIONE DELL’ART. 648

TER COD. PEN.: sotto

diverso profilo, la

ricorrente, poi, censura l’ordinanza impugnata sostenendo che: a) il
profitto indicato in C 1.500.000,00 comprendeva sia quello relativo alla
“vicenda Palazzetta” che quello relativo alla “vicenda Leopardi” per la
quale, invece, l’importo non superava C 350/400.000,00; b) il Tribunale
non aveva dato atto dell’impossibilità di procedere al sequestro del
profitto conseguito da Rebuscini e Primerano; c) il Tribunale non aveva
dato atto che il sequestro per equivalente non aveva superato il limite
del profitto; d) la motivazione, infine, era apparente con riferimento alla
quantificazione del valore attribuito agli immobili sequestrati avendo il
tribunale fatto riferimento al valore catastale.

3. Il ricorso, nei termini in cui è stato dedotto, è manifestamente
infondato per le ragioni di seguito indicate.

2

configurabilità dell’art. 648 ter cod. pen. non rileva che Cattaneo abbia

Innanzitutto, va rilevato che i motivi di ricorso sono perfettamente
identici a quelli dedotti con separato ricorso da Cattaneo Paolo (figlio e
dante causa della ricorrente), dichiarato inammissibile in data odierna:
di conseguenza, stessa sorte spetta al ricorso della Guzzelloni.
Ma, al di là della manifesta infondatezza dei motivi del ricorso, va

Infatti, ove il provvedimento di sequestro venga impugnato dal
terzo, costui, pur non essendo gravato da alcun onere probatorio, ha
tuttavia, ove lo ritenga opportuno, un onere di allegazione che consiste,
appunto, nel confutare la tesi accusatoria ed indicare elementi fattuali
che dimostrino che quel bene è di sua esclusiva proprietà. E’ chiaro,
quindi, che il procedimento ruoterà solo ed esclusivamente intorno al
suddetto onere probatorio, sicchè sarebbe del tutto incongruo che il
terzo facesse valere eccezioni che riguardino l’indagato e che solo costui
potrebbe far valere: in terminis Cass. 14215/2002 Rv. 221843 secondo
la quale «in tema di sequestro preventivo, quando il provvedimento sia
stato adottato nei confronti di soggetti estranei al procedimento penale,
con riferimento alle ipotesi di confisca obbligatoria previste dall’art. 12
sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, conv. con modif. nella L. 7 agosto
1992 n. 356, i soggetti anzidetti sono legittimati a richiedere il riesame
o a proporre appello limitatamente alla presunzione di interposizione di
persona in base alla quale la misura cautelare è stata disposta, onde far
valere la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza
di relazioni di “collegamento” con l’imputato, restando esclusa tale
legittimazione in relazione a profili diversi del provvedimento di
sequestro, sui quali le persone estranee al provvedimento non hanno
titolo alcuno ad interloquire»; Cass. Sez II, 23/03/2011, Tondi; Cass.
sez. II, 26/05/2011, Pio; Cass. sez. II, 26/05/2011, Cristello.
In altri termini, proprio perché il terzo sostiene di essere lui il vero
ed esclusivo proprietario del bene sequestrato, sarebbe una
contraddizione in termini se facesse valere un’eccezione che
presuppone: a) la contestazione di uno dei reati indicati nell’art. 12
sexies cit; b) la prova – a carico dell’indagato – della legittima
provenienza del suddetto bene.

3

osservato che la ricorrente è anche carente di interesse ad agire.

Nel caso di specie, a fronte di un’ampia motivazione con la quale il
Tribunale del Riesame ha spiegato le ragioni per le quali il trasferimento
dei beni doveva considerarsi simulato, la ricorrente non ha ritenuto di
spendere una sola parola per confutare la suddetta motivazione,
limitandosi a ripetere, alla lettera, le stesse doglianze dedotte dal figlio

L’impugnazione deve, quindi, ritenersi inammissibile: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della omma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 12/02/2014

(Dott. A ‘nio Esposito)
IL CONSIG R EST.
(Dott. G.

(suo dante causa) con un separato ricorso.

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