Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9635 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9635 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto
dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna
nei confronti di
Borghetti Pierfrancesco, nato il 16 ottobre 1956
avverso la sentenza del GIP del Tribunale di Bologna del 13 marzo 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito l’avv. Anna D’Alessandro in sostituzione dell’avv. Luca Sirotti.

Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 13 marzo 2013, il GIP del Tribunale di Bologna ha
dichiarato non luogo a procedere nei confronti dell’imputato, perché il fatto non
sussiste, in relazione al reato di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000, a lui contestato
per aver indicato, ai fini delle imposte sui redditi delle persone fisiche, nella
dichiarazione annuale relativa al periodo di imposta 2006, elementi attivi per un
ammontare inferiore a quello effettivo per euro 11.843.371 e, di conseguenza,

della società EAM s.a. eon sede in Lussemburgo, allo stesso riconducibile per una
quota pari al 95% del capitale sociale.
In particolare la condotta ritenuta illecita secondo l’ipotesi accusatoria trae
origine da un’operazione di acquisizione, da parte di un fondo di “Private Equity” di
rilevanza internazionale, delle società del Gruppo Limoni, attuata mediante l’acquisto
dell’intero pacchetto azionario della “Limoni Holding s.p.a.”, ceduto pro quota dai soci
titolari – tra cui figura anche la predetta EAM s.a. – in esecuzione di un patto di
covendita, nel cui ambito è stato riconosciuto a quest’ultima società un compenso
definito carried interest dell’importo di euro 11.843.371, da parte degli altri soci
cedenti. Secondo l’accusa, tale compenso è stato riconosciuto esclusivamente
all’imputato, per il ruolo e l’attività da lui stesso in concreto svolti direttamente, quale

dominus nella conduzione dell’intera trattativa curata per gli interessi della parte
venditrice dei titoli azionari in questione, e non già per le funzioni di uffici o mezzi o
persone organizzate dalla predetta società lussemburghese EAM, la quale è stata
utilizzata come schermo societario interposto, con l’obiettivo di rivestire una funzione
strettamente passiva, di mera intestataria di negozi giuridici produttivi di reddito,
assolvendo la prevalente finalità di occultarne l’effettivo titolare. Sempre secondo
l’accusa, lo schema negoziale adottato dall’imputato e le modalità di attribuzione del

un’imposta inferiore a quella reale per euro 5.092.650, attraverso l’interposizione

compenso in questione alla società EAM costituiscono un tipico caso di interposizione
reale, contrastato dall’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, idonea a
configurare, in capo all’imputato, un’evasione fiscale perpetrata mediante il
trasferimento della materia imponibile su un soggetto non residente in Italia,
realizzato con la locazione strumentale delle fonti di produzione del reddito (fatto
contestato come commesso il 30 luglio 2007, data di presentazione della dichiarazione
annuale infedele).
Secondo quanto ritenuto dal Gip, non vi è dubbio che il carried interest sia stato
riconosciuto all’imputato in ragione dell’impegno a garantire la sua permanenza

2A

• all’interno della nuova compagine societaria, e non in qualità di legale rappresentante
della società EAM, effettivamente estranea alle trattative per la cessione. In altri
termini, il

carried interest

risultava connesso sia alla

performance

garantita

dall’imputato, sia all’esigenza di vincolarne la presenza futura nel nuovo assetto
societario. Ciò non toglie, secondo il Gip, che l’ipotesi accusatoria sia contraddetta
dalla ricostruzione documentale dell’operazione, perché: a) il

carried interest era

corrisposto alla società EAM in ragione della presenza dell’imputato ed era

favore degli altri soci e la corrispondente maggiorazione del prezzo dovuto a EAM; b)
nello stesso tempo, era previsto per la sola EAM e/o per l’imputato un vincolo parziale
di scopo, consistente nell’obbligo di reinvestimento del 30% dei proventi derivanti
dall’operazione di vendita delle quote in Limoni Holding (per un ammontare di circa
euro 12.120.000); c) dalla documentazione bancaria in atti emerge che alla società
EAM è stata corrisposta in due fasi la somma complessiva di euro 52.264.815,
corrispondente al prezzo delle azioni della Limoni Holding trasferite e al

carried

interest, e che EAM, prima di conseguire l’intera somma, ha disposto in favore della
San Carlo s.p.a. l’accredito di euro 12.428.760 a titolo di finanziamento; d) ne
consegue che si deve escludere che la somma riconosciuta a titolo di carried interest a
EAM sia stata da questa acquisita a titolo definitivo, risultando al contrario che essa è
stata interamente investita; e) il carried interest ha una funzione che non può essere
ritenuta elusiva, perché serve semplicemente a sovraremunerare il valore di una
partecipazione ed era stato, nel caso di specie, oggetto di un espresso patto
parasociale risultante dagli atti.
2. – Avverso la sentenza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Bologna ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si rileva l’erronea applicazione dell’art.
37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, in materia di interposizione fittizia.
Sostiene, in particolare, il ricorrente che il carried interest per l’operazione finanziaria
svolta era stato riconosciuto all’imputato in quanto persona, quale soggetto in grado
di perseguire, attraverso la sua consolidata esperienza imprenditoriale e la sua
capacità di condurre le trattative, gli obiettivi di performance fissati negli accordi
convenzionali. Tale conclusione troverebbe conferma nella circostanza che una parte
del carried interest è stata riconosciuta anche a due dei più stretti collaboratori
dell’imputato. A ciò dovrebbe aggiungersi che l’imputato aveva stipulato l’impegno a
non cedere la propria quota nella EAM s.a. fino al perfezionamento della cessione del

determinato attraverso la proporzionale riduzione dell’entità del prezzo di vendita a

• pacchetto azionario della Limoni Holding. In base a tutti questi elementi, risulterebbe
provata – contrariamente a quanto ritenuto dal Gip – l’interposizione fittizia della
società EAM nell’operazione, allo scopo di fruire del regime fiscale di vantaggio
applicabile in Lussemburgo.
2.2. – Si deduce, in secondo luogo, la manifesta illogicità della motivazione,
nella parte in cui il Gip ritiene rilevante, al fine di escludere la configurabilità di
4/
un’interposizione fittizia, il fatto che la somma riconosciut itolo di carried interest sia

società San Carlo, in conformità agli accordi contrattuali presi. Ad avviso del pubblico
ministero, si sarebbero dovuti tenere distinti gli impegni presi dall’imputato con i soci
finanziatori cedenti dalle obbligazioni assunte dal medesimo nel contesto delle
trattative intercorse con la controparte, interessata all’acquisizione della maggioranza
del capitale sociale. Secondo l’accusa, infatti, nel primo caso gli impegni assunti
dall’imputato hanno riguardato l’attività svolta e le funzioni espletate per perseguire
determinati livelli di performance nella vendita delle azioni; nel secondo caso vi è
stato un reinvestimento del denaro incassato dall’imputato in adempimento
dell’obbligazione di partecipare al capitale della nuova società.
2.3. – È prospettata, in terzo luogo, la violazione dell’art. 67 del d.P.R. n. 917
del 1986, sul rilievo che la prestazione svolta dall’imputato non era organizzata in
forma di impresa, ma aveva carattere strettamente personale, cosicché questa
avrebbe dovuto essere inclusa o tra i redditi da lavoro autonomo o tra i “redditi
diversi” ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera i), del richiamato d.P.R.
2.4. – Con un quarto motivo di doglianza, si deducono la contraddittorietà e la
manifesta illogicità della motivazione circa il fatto che il reddito percepito dall’imputato
non sarebbe assimilabile a nessuna delle categorie che compongono la nozione di
reddito imponibile ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 917 del 1986. Si contesta, in
particolare, l’affermazione del Gip secondo cui non vi sarebbe alcuna controparte
dell’imputato cui imputare un oggettivo vantaggio derivante dallo svolgimento
dell’attività svolta. Secondo il pubblico ministero, non si sarebbe tenuto conto del fatto
che tale controparte era da individuare nei soci finanziari cedenti, che avevano
interesse a che fossero superati i rendimenti minimi ed avevano riconosciuto il carried
interest proprio in dipendenza di tale risultato.
2.5. – In quinto luogo, si censura come contraddittoria l’affermazione relativa
alla prospettata connessione del riconoscimento del

carried interest all’impegno

dell’imputato al reinvestimento nella nuova società. Il Gip avrebbe, infatti, ritenuto

stata non acquisita a titolo definitivo dalla società EAM, ma da questa investita nella

che i due accordi avevano un contenuto diverso e, in particolare, l’accordo di
reinvestimento non aveva affatto per oggetto il 30% dei proventi derivanti
dall’operazione di vendita della quota in Limoni Holding ma aveva invece per oggetto
l’acquisto del 30% del capitale sociale della nuova società San Carlo.
3. – In prossimità della camera di consiglio di fronte a questa Corte, il difensore
dell’imputato ha depositato memoria, con la quale chiede il rigetto del ricorso e svolge
argomentazioni sostanzialmente conformi a quelle contenute nella sentenza

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Deve preliminarmente ricordarsi che, ai fini della pronuncia della sentenza di
non luogo a procedere, il Gup, in presenza di fonti di prova che si prestano ad una
molteplicità ed alternatività di soluzioni valutative, deve limitarsi a verificare l’inutilità
o superfluità del dibattimento, senza dover, invece, operare valutazioni di tipo
sostanziale, riservate al giudizio di merito (ex plurimis, sez. 3, 21 marzo 2013, n.
39401, rv. 256848; sez. 6, 17 luglio 2012, n. 33921, rv. 253127). In altri termini, non
si deve utilizzare, quale parametro di valutazione, quello dell’innocenza dell’imputato,
ma quello dell’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio, con la conseguenza che
l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi acquisiti ai sensi dell’art. 425 cod.
proc. pen. debbono avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente
considerate superabili (ex plurimis, sez. 6, 27 novembre 2012, n. 5049, rv. 254241;
sez. 6, 12 gennaio 2012 n. 10849, rv. 252280).
Nel caso in esame, il GIP non ha fatto corretta applicazione di tali principi,
perché ha sostanzialmente operato una valutazione del merito della responsabilità
penale, fornendo un’interpretazione del quadro probatorio in quanto tale, anziché una
valutazione prognostica circa la possibilità di superare, in sede dibattimentale, la
contraddittorietà dei numerosi e variegati elementi acquisiti.
4.1. – In particolare, con riferimento al primo motivo di doglianza del pubblico
ministero, deve rilevarsi che la motivazione della sentenza impugnata non risulta
idonea ad escludere in radice la configurabilità di un’interposizione fittizia, penalmente
rilevante per il tramite dell’art. 37, terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973. E ciò
emerge, in primo luogo, dal passaggio motivazionale in cui si ammette
sostanzialmente che il carried interest per l’operazione finanziaria svolta era stato
riconosciuto all’imputato a titolo personale, quale soggetto in grado di perseguire,

impugnata.

• attraverso la sua consolidata esperienza, gli obiettivi di

performance fissati negli

accordi convenzionali (pag. 7 della sentenza).
Deve osservarsi, in secondo luogo, che il Gip non si fa carico di esaminare e
confutare – sia pure in termini prognostici – l’assunto accusatorio secondo cui la
ritenuta interposizione fittizia troverebbe conferma nella circostanza che una parte del
carried interest era stata riconosciuta anche a due dei più stretti collaboratori

commerciale della Limoni s.p.a.
Il primo motivo di ricorso è, dunque, fondato.
4.2. – Anche con riferimento alla circostanza che la somma riconosciuta titolo di
carried interest sia stata non acquisita a titolo definitivo dalla società EAM, ma da
questa investita nella società San Carlo, in conformità agli accordi contrattuali presi oggetto del secondo motivo di ricorso e, sotto diverso profilo, del quinto motivo – la
motivazione della sentenza impugnata risulta insufficiente. Il Gip non si limita, infatti,
ad effettuare una valutazione di tipo prognostico circa l’idoneità del quadro probatorio
a sostenere l’accusa in dibattimento, ma anticipa sostanzialmente il giudizio di merito,
sottovalutando il rilievo accusatorio secondo cui gli impegni presi dall’imputato con i
soci finanziatori cedenti dovevano essere tenuti distinti dalle obbligazioni assunte dal
medesimo nel contesto delle trattative intercorse con le controparti, interessate
all’acquisizione della maggioranza del capitale sociale. In particolare, nella sentenza
impugnata, non si dà conto della disomogeneità – desumibile dal compendio
probatorio descritto dallo steso Gip – fra gli impegni assunti dall’imputato con i
covenditori, che riguardavano il perseguimento di determinati livelli di performance
nella vendita delle azioni, e il reinvestimento del denaro incassato dall’imputato,
motivato dalla richiesta degli acquirenti che egli partecipasse al capitale della nuova
società. Né il Gip riesce a superare l’obiezione – che nasce, come visto, dalla stessa
ricostruzione dei fatti operata alla pag. 7 della sentenza – secondo cui tali attività sono
comunque entrambe riconducibili a prestazioni professionali personalmente svolte
dall’imputato, rispetto alle quali la EAM s.a. è rimasta del tutto estranea.
Il secondo e il quinto motivo di ricorso sono, dunque, fondati.
4.3. – Le censure sub 2.3. e 2.4. – che possono essere trattate congiuntamente
perché attengono all’ultima parte della motivazione, in cui si esclude che il carried
interest

riconosciuto all’imputato possa essere ricondotto alle categorie che

compongono la nozione di reddito imponibile ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 917 del

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dell’imputato, individuati nei responsabili dell’area finanza e della direzione

• 1986 – sono anch’esse fondate, perché le valutazioni effettuate sul punto dal Gip si
risolvono, ancora una volta, in un’anticipazione del giudizio di merito.
Dalla stessa descrizione del quadro probatorio contenuta nella sentenza, non
emerge, infatti, con sufficiente chiarezza il dato, ritenuto dirimente sul punto, della
impossibilità di «rinvenire alcuna controparte del Borghetti cui imputare un oggettivo
vantaggio derivante dallo svolgimento dell’attività svolta».
Tale dato pare, anzi, in contrasto con quanto affermato prima nella sentenza
(pag. 7) circa il fatto che il carried interest per l’operazione finanziaria svolta era stato
riconosciuto all’imputato a titolo personale, quale soggetto in grado di perseguire,
attraverso la sua consolidata esperienza, gli obiettivi di performance fissati. Non si
considera, in altri termini, il fatto che l’attività per la quale l’imputato, tramite la sua
società EAM, è stato remunerato è stata da lui svolta nell’interesse dei covenditori,
sulla base degli accordi con questi stipulati e allo scopo di ottenere un maggiore
prezzo di realizzo, poi effettivamente ottenuto.
5. – La sentenza impugnata deve essere perciò annullata senza rinvio, con
trasmissione degli atti al Tribunale di Bologna.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Bologna.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013.

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