Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9633 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9633 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIANNOTTA GIAMBATTISTA N. IL 25/07/1968
avverso la sentenza n. 1362/2010 TRIBUNALE di LECCE, del
01/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. M-,
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 13/02/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Lecce, con sentenza dell’1/3/2013, ha dichiarato
Giambattista Giannotta responsabile del reato di cui agli artt. 1 e 2,
” decreto del Ministero delle Politiche Agricole del 16/10/1998, 15, lett. c),

24, co. 1, e 25, L. 963/1998, per avere posto in essere, immergendosi in
acque marine protette, attività dirette a compromettere la tutela di
caratteristiche dell’ambiente mediante la cattura e raccolta di specie
marine protette, kg. 12 di polipo sottomisura, ed avere così arrecato il
danneggiamento delle rocce poste sul fondo marino; lo ha condannato
alla pena di euro 600,00 di ammenda, con confisca di quanto in sequestro
e sospensione di validità del permesso di pesca dell’imputato per giorni
dieci.
Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti
motivi:
-insussistenza del reato per assenza dell’elemento psicologico;
-assoluta mancanza di motivazione e contrasto tra le violazioni contestate
in imputazione e condotta ritenuta posta in essere dal prevenuto, per cui
è stata affermata la responsabilità dello stesso e pronunciata la
conseguente condanna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo di annullamento.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’impugnata decisione,
permette di rilevare l’assoluto contrasto esistente tra la normativa
indicata in rubrica e la condotta descritta in capo di imputazione, e quella

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ritenuta dal giudice di merito determinante la affermazione di
responsabilità del Giannotta: il prevenuto è stato chiamato a rispondere
del reato di cui agli artt. 1 e 2, d.M. 16/10/1998, Ministero per le
Politiche Agricole, 15 lett. c), 24 co. 1 e 25, L. 963/65, perché,
a compromettere la tutela delle caratteristiche dell’ambiente, mediante
la cattura e raccolta di specie di cui ne è vietata la cattura e la raccolta,
danneggiando le rocce del fondo marino; di contro, è stato condannato
perché deteneva, nell’esercizio commerciale di cui è titolare, polipi di
misura inferiore a quella per cui è consentita la pesca, per destinarli alla
vendita.
Appare evidente la assoluta dissonanza tra la contestazione mossa in
rubrica e la condotta, ritenuta e posta dal decidente a sostegno del
decisum, a parte l’assoluto erroneo richiamo normativo al d.M.
16/10/1998 che vieta la pesca dei datteri di mare.
Osservasi che sussiste violazione del principio di corrispondenza tra
accusa e sentenza quando tra il fatto descritto in imputazione e quello
accertato non risulti ravvisabile un nucleo comune identificativo della
condotta e si manifesti, pertanto, un rapporto di incompatibilità e di
eterogeneità che si risolve in un vero e proprio stravolgimento dei termini
dell’accusa medesima, a fronte dei quali l’imputato è impossibilitato a
difendersi ( ex multis Cass. 22/7/2005, n. 27355 ); come nel caso di
specie.
Superfluo appare procedere all’esame del primo motivo di annullamento.
Conseguentemente questo Collegio ritiene di dovere annullare senza
rinvio la sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al p.m.
presso il Tribunale di Lecce, per quanto di sua competenza.

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immergendosi in acque marine protette, poneva in essere attività dirette

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza
impugnata, disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della

Così deciso in Roma il 13/2/2014.

Repubblica presso il Tribunale di Lecce.

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