Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9632 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9632 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORBELLO GAETANO N. IL 02/03/1953
avverso la sentenza n. 2810/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
11/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del 139tt.
che ha concluso per P
el;

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/01/2014

21733/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’Il maggio 2012 la Corte d’appello di Catania ha respinto l’appello
proposto da Sorbello Gaetano avverso sentenza del 21 febbraio 2011 con cui il Tribunale di
Catania lo aveva condannato alla pena di tre mesi di arresto e C 40.000 di ammenda per un
abuso edilizio.
2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo che la motivazione è inadeguata per quanto

la Provincia e il Comune di Catania, entrambi chiedendo il rigetto del ricorso e depositando
nota spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
L’atto d’appello che era stato proposto la corte territoriale censurava la prima pronuncia
esclusivamente in ordine alla pena. L’unico motivo del ricorso, invece, oltre a sostenere che la
motivazione non ha compiutamente esaminato le argomentazioni dell’appellante (peraltro,
incorrendo in un difetto di genericità, perché non sono indicate), afferma altresì che la
motivazione è mancante, affetta da vizi logici (anche questi, poi, non identificati) e meramente
assertiva perché non comprende “un concreto apprezzamento delle prove a sostegno del
decisum”.
Per quanto riguarda la doglianza sanzionatoria, unica – si ripete – presente nell’atto d’appello,
la corte territoriale invece ha offerto una motivazione completa e priva di illogicità,
evidenziando che la pena inflitta dal giudice di primo grado meritava conferma, in accordo con
i parametri di cui all’articolo 133 c.p., per la “rilevante entità dell’intervento abusivo, effettuato
su una cospicua estensione (mq 145) in una zona di particolare interesse ambientale (Riserva
Naturale “Oasi del Simeto”) e dunque con notevole alterazione di rilievo ambientale estetico e
funzionale”. Nulla, invece, esprime in ordine alla responsabilità dell’imputato per il reato a lui
ascritto, rispettando, ovviamente, il principio devolutivo che governa l’appello, essendo
attribuita al giudice di secondo grado, ex articolo 597, primo comma, c.p.p., “la cognizione del
procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti”.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
(il che impedisce, non consentendo il formarsi di un valido rapporto processuale di
impugnazione, di valutare la presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129
c.p.p.: S.U. 22 novembre 2000 n. 32, De Luca; in particolare, l’estinzione del reato per
prescrizione è rilevabile d’ufficio a condizione che il ricorso sia idoneo a introdurre un nuovo
grado di giudizio, cioè non risulti affetto da inammissibilità originaria come invece si è
verificato nel caso de quo: ex multis v. pure S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n.21,
Cresci; S.U. 3 novembre 1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass.

riguarda la pena ed è mancante in ordine alle prove raccolte. Si sono costituiti come parti civili

sez. III, 10 novembre 2009 n. 42839, Imperato Franca), con conseguente condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000,
n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
“versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende. Per quanto concerne le parti civili, trattandosi di ricorso da trattare in udienza

essendo esse comparse in udienza, non vi è luogo ad alcuna condanna dell’imputato alla
rifusione di spese a loro favore.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 30 gennaio 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

pubblica – quindi, non svolgendosi il grado di legittimità secondo modalità cartolare – e non

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