Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9628 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9628 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PULLI STEFANO N. IL 17/06/1975
CAMPA GIAMPAOLO N. IL 18/12/1963
SERRA MASSIMO N. IL 19/07/1974
avverso la sentenza n. 982/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
01/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. -?c,(2-2- cs2-:‘Thc>
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
Lc

c.)

et.

Data Udienza: 30/01/2014

20519/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1 febbraio 2013 la Corte d’appello di Lecce ha respinto l’appello proposto
da Pulii Stefano, Campa Giampaolo e Serra Massimo avverso sentenza del 25 novembre 2010
con cui il Tribunale di Lecce aveva condannato ciascuno degli appellanti alla pena di un mese di
arresto e € 12.000 di ammenda per il reato di cui all’articolo 44, primo comma, lettera b),
d.p.r. 380/2001 per avere, il primo quale proprietario, il secondo quale direttore dei lavori e il
terzo quale lefe, costruito senza permesso stanze e vani per un totale di metri quadri 40 non

2. Ha presentato ricorso il difensore del Pulii adducendo un unico motivo ex articolo 606,
primo comma, lettere b), c) ed e), c.p.p. in relazione all’articolo 530, primo e secondo comma,
c.p.p. Lamenta il motivo la totale mancanza di motivazione sull’elemento psicologico del reato,
non tenendosi conto, in particolare, delle testimonianze di due tecnici (l’ingegner Macchia e
l’architetto Pasquino) che avevano descritto la confusa situazione relativa all’urbanistica
sussistente all’epoca nel Comune interessato (Lequile); la buona fede sarebbe stata dimostrata
anche dalla demolizione successiva delle opere da parte dello stesso imputato.
Ha presentato ricorso il difensore del Campa, sulla base di tre motivi. Il primo motivo
denuncia violazione degli articoli 192, commi primo e secondo, c.p.p., 40 e 42 c.p., 27 Cost. e
correlato vizio motivazionale, adducendo che la motivazione sarebbe formata da supposizioni
per colmare il vuoto probatorio, violando la presunzione d’innocenza, il principio di
colpevolezza ex articolo 42 c.p., la disciplina del nesso causale ex articolo 40 c.p. e il divieto,
ad avviso del ricorrente posto dall’articolo 192 c.p.p., di provare un fatto mediante indizi.
Negando il valore probatorio alla comunicazione dell’imputato di sospensione dei lavori in data
14 gennaio 2008 la sentenza infatti non avrebbe tenuto conto che al primo sopralluogo
effettuato il 6 marzo 2008 l’immobile era risultato chiuso e non accessibile. Il secondo motivo
denunzia mancanza e contraddittorietà motivazionale sull’elemento psicologico, sulle stesse
argomentazioni – tranne la successiva demolizione – avanzate nel ricorso del difensore del Pulii.
Il terzo motivo denuncia violazione degli articoli 157 c.p. e 531 c.p.p.,nonchè vizio
motivazionale, perché sarebbe incerta la data di decorrenza del termine di prescrizione del
reato, e avrebbe dovuto decidersi nel dubbio a favore del reo.
Ha presentato ricorso, infine, il difensore del Serra sulla base di tre motivi corrispondenti
sostanzialmente ai tre motivi del ricorso del Campa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono infondati.

compresi nella DIA presentata per un intervento di ristrutturazione.

3.1 li primo motivo del ricorso Pulii, come si è appena rilevato, coincide con il secondo
motivo degli altri due ricorsi, tranne l’argomentazione fondata sull’eliminazione delle opere da
parte dello stesso Pulii: essi pertanto possono essere accorpati nel vaglio.
Denunciano i ricorsi, dunque, la “assoluta mancanza di motivazione della sentenza… sotto il
profilo della sussistenza dell’elemento psicologico” del reato; e poiché trattasi di
contravvenzione, ovvero di fattispecie punibile a titolo di dolo o di colpa, “deve riconoscersi al
soggetto agente del reato la sussistenza della buona fede”: buona fede emergente, secondo la

tecnico del Comune di Lequile (per cui il Comune era privo di un piano particolareggiato e
l’intervento ricadeva nel centro storico, zona totalmente urbanizzata) e dell’ingegnere Macchia,
responsabile attuale dello stesso ufficio (secondo il quale nel Comune, fino all’anno 2007 anno in cui fu presentata dal Pulii regolare DIA per lavori di ristrutturazione – era consentita
nel centro storico, come consuetudine, anche la “realizzazione di volumetria”). A parte che
questo riferimento ad asserite risultanze probatorie, non specificamente correlato con il
contenuto della motivazione (peraltro, denunciata come mancante quanto all’elemento
psicologico), condurrebbe ad una cognizione di fatto per verificarne la fondatezza, ovvero si
pone su un inammissibile piano fattuale, non si può non rilevare che la vera e propria censura
motivazionale non trova riscontro nella reale conformazione della parte motiva della sentenza
impugnata. Premesso, infatti, che la natura dell’intervento come nuova costruzione agli effetti
di cui agli articoli 3, primo comma, lettera e), e 10, primo comma, lettera a), d.p.r. 380/2001
è “pacifica e incontestata” e che da tale natura discende la necessità del permesso di costruire,
la corte territoriale motiva sull’elemento psicologico laddove afferma che, per tale caratteristica
dell’intervento, “ciascuno degli imputati conosceva o doveva conoscere la necessità” del
permesso di costruire non essendo d’altronde emerso alcun elemento “in termini di buona
fede, incolpevole affidamento od a altro” incidente sulla coscienza e volontà degli imputati,
ciascuno nella sua qualità, di dar corso a un intervento del genere senza il necessario titolo
abilitativo (motivazione, pagina 3 s.). Il motivo risulta dunque privo di consistenza, dovendosi
aggiungere, in relazione alla posizione del Pulii, l’irrilevanza – in quanto post factum – della
successiva demolizione da parte sua dell’opera abusiva.
3.2 II primo motivo del ricorso Campa corrisponde in sostanza al primo motivo del ricorso
Serra, per cui può essere esaminato congiuntamente a quest’ultimo. Ancora si censura la
conformazione della motivazione, sotto il profilo ora della manifesta illogicità, adducendo
altresì la violazione degli articoli 192, commi primo e secondo, c.p.p., 40 e 42 c.p., 27 Cost. Il
giudice d’appello avrebbe “tentato di colmare, in sentenza, il totale vuoto probatorio” con
argomenti apodittici, ipotetici e illogici, oltre che contra legem. A seguito di una generica
rievocazione del contenuto delle norme invocate, il motivo peraltro sfocia in una serie di
censure direttamente fattuali derivanti da una versione alternativa degli esiti del compendio
probatorio. In particolare, si imputa alla corte territoriale la mancata valorizzazione della

doglianza, dalle testimonianze dell’architetto Pasquino, all’epoca responsabile dell’ufficio

comunicazione di sospensione dei lavori in data 14 gennaio 2008 ad opera del Campa (nel
ricorso Campa) e a cura del Serra (nel ricorso di quest’ultimo) nonché del fatto che il
responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale, architetto Pasquino, e l’agente di polizia municipale
Antonio Rizzo il 6 marzo 2008, nel primo sopralluogo, non avevano trovato maestranze intente
a eseguire i lavori, avendo verbalizzato che “al momento dell’accertamento l’immobile risultava
chiuso e non accessibile”, il che renderebbe incerta la data della ultimazione dei lavori stessi.
La doglianza dunque, per la sua appena evidenziata natura fattuale, risulta inammissibile in
questa sede; peraltro si rileva, ad abundantiam, che il giudice di merito non è obbligato a
esaminare tutti i dati probatori e tutti gli argomenti difensivi nella sua motivazione, purché
questa sia completa e autosufficiente, implicitamente assorbendo quanto non è stato
espressamente menzionato, vale a dire quanto con essa è incompatibile ma, per carenza di
decisività, non è idoneo a infrangerne la struttura logico-giuridica (cfr. Cass. sez. II, 8 febbraio
2013 n.9242; Cass. sez. VI, 19 ottobre 2012 n.49970; Cass. sez. IV, 13 maggio 2011 n.
26660; Cass. sez. VI, 4 maggio 2011 n. 20092): e la motivazione relativa alla posizione dei
due imputati (trattata per ognuno specificamente) non appalesa alcuna illogicità (che infatti gli
stessi ricorrenti non hanno potuto effettivamente addurre, non essendo qualificabile come tale
l’omessa menzione, appunto, di elementi probatori assorbiti da quelli decisivi).
3.3 n terzo motivo del ricorso Campa corrisponde anch’esso sostanzialmente al terzo motivo
del ricorso Serra, per cui detti motivi vanno congiuntamente vagliati. Riproponendo profili
fattuali addotti nella doglianza precedente, cioè l’esistenza di un sopralluogo il 6 marzo 2008 il
cui esito era l’inesistenza di lavori in corso, si adduce l’incertezza della data di inizio di
decorrenza del termine prescrizionale, con conseguente applicabilità del principio in dubio pro
reo (pretermettendo, peraltro, si osserva per inciso, che nel successivo sopralluogo del 13
marzo 2008 – risulta dallo stesso appello come sintetizzato nella motivazione della sentenza
impugnata – furono constatati dai vigili urbani ulteriori lavori): e ciò con correlato vizio
motivazionale di cui peraltro non si indicano specifiche manifestazioni. Anche questa doglianza,
dunque, ha natura fattuale, fondandosi su una qualificazione di incertezza degli esiti del
compendio probatorio, incertezza che dovrebbe verificarsi con una cognizione di merito in

.

questa sede preclusa.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili (il
che impedisce, non consentendo il formarsi di un valido rapporto processuale di impugnazione,
di valutare la presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129 c.p.p.: S.U. 22
novembre 2000 n. 32, De Luca; in particolare, l’estinzione del reato per prescrizione è
rilevabile d’ufficio a condizione che il ricorso sia idoneo a introdurre un nuovo grado di giudizio,
cioè non risulti affetto da inammissibilità originaria come invece si è verificato nel caso de quo:
ex multis v. pure S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n.21, Cresci; S.U. 3 novembre
1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass. sez. III, 10 novembr

_.7

2009

n.

42839, Imperato Franca), con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi

dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto
della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato
che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ogni ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di €1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 30 gennaio 2014

Il Consig re Estensore

Il Presidente

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