Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9626 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9626 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FODERA’ ROSARIA N. IL 18/09/1957
avverso la sentenza n. 3112/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 07/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Peekc_ sz__X-.0
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/01/2014

17918/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 febbraio 2013 la Corte d’appello di Palermo, a seguito di appello
proposto dal Procuratore Generale presso la suddetta corte avverso sentenza del 3 febbraio
2012 con cui il Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Mazara del Vallo, aveva assolto
Foderà Rosaria dai reati di cui agli articoli 110 c.p., 44, comma primo, lettera b), d.p.r.
380/2001 (capo a) e 110 c.p. e 95 d.p.r. 380/2001 (capo b), riformava l’impugnata sentenza
condannando l’imputata per i suddetti reati alla pena di 22 giorni di arresto e € 6914 di

2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo vizio motivazionale: se è vero che il primo
giudice, motivando l’assoluzione, aveva fatto riferimento anche a una pretesa consuetudine di
decisione maschile nell’ambito delle famiglie, di cui il secondo giudice ha negato l’esistenza, è
altrettanto vero che la prova decisiva non è tale consuetudine, bensì la testimonianza del
marito della imputata, non presa in considerazione dalla corte territoriale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Deve anzitutto rilevarsi che i reati di cui si tratta hanno maturato il termine di prescrizione
in data 7 novembre 2012.
Per procedere all’applicazione dell’articolo 129, comma 1, c.p.p., peraltro, occorre tener
conto della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui può condurre alla
dichiarazione di prescrizione (anche d’ufficio) solo il ricorso idoneo a instaurare un nuovo grado
di giudizio, vale a dire non affetto da inammissibilità originaria (ex multis S.U. 11 novembre
1994-11 febbraio 1995 n.21, Cresci; S.U. 3 novembre 1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno
2005 n. 23428, Bracale; Cass. sez. III, 10 novembre 2009 n. 42839, Imperato Franca).
Nel caso di specie, non si prospettano profili di inammissibilità per quanto concerne le
questioni di rito stricto sensu attinenti alla proposizione del ricorso. In termini poi di
valutazione della sussistenza o meno di manifesta infondatezza come vizio diretto del motivo

ammenda.

(nel caso di specie, unico) che inibisce l’instaurazione effettiva di un grado di giudizio ulteriore,
risulta evidente che la doglianza motivazionale della ricorrente non è priva di consistenza.
Infatti, come osserva la doglianza stessa, l’argomento della pretesa “notoria e diffusa
consuetudine siciliana” per cui le decisioni importanti sono prese dall’uomo di casa, ancora
inteso come “capo famiglia” – argomento utilizzato dal primo giudice e confutato dal secondo non toglie la rilevanza della testimonianza di Giacalone Filippo, marito della imputata, il quale,
come ha evidenziato il Tribunale nella sua motivazione, esaminato nelle forme dell’articolo 197
bis c.p.p. (essendo stato condannato dal gip del Tribunale di Marsala il 14 marzo 2008 per gli
stessi fatti), aveva dichiarato che sua moglie “era contraria all’esecuzione” dei lavori edilizi
abusivi, “che egli aveva personalmente eseguito in economia, pagando personalmente i
materiali necessari alla realizzazione dell’opera”. Di questa testimonianza non vi è traccia nel

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sentenza impugnata, che erroneamente attribuisce al primo giudice di avere ritenuto “decisive,
con estrosa fantasia, impalpabili consuetudini che non hanno oggettivamente alcuna base
scientifica e che, anche culturalmente, risultano del tutto superate, ammesso che in passato
fossero esistite in Sicilia”. Sulla base di questo asserto, poi, la corte territoriale non ha neppure
ipotizzato che potesse esservi un dissidio in famiglia quanto all’esecuzione delle opere abusive,
così paradossalmente ritornando a presumere che la volontà della moglie coincide sempre con
quella del marito (poiché, in sintesi, l’imputata era la moglie e l’abuso riguardava l’immobile

prevenuta…non avesse prestato al coniuge il suo apporto”).
Non risultando, in conclusione, manifestamente infondata la prospettazione di un vizio
motivazionale nella sentenza impugnata, e non emergendo d’altronde elementi riconducibili
all’articolo 129, secondo comma, c.p.p., in applicazione dell’articolo 129, primo comma, c.p.p.
deve dichiararsi l’estinzione dei reati contestati per maturata prescrizione, con conseguente
annullamento senza rinvio della sentenza d’appello e trasmissione, in considerazione della
normativa antisismica, di copia della sentenza all’Ufficio Tecnico della Regione Siciliana.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essersi i reati estinti per prescrizione. Dispone
la trasmissione di copia della sentenza all’Ufficio Tecnico della Regione Siciliana.

Così deciso in Roma il 30 gennaio 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

dove la coppia risiedeva, secondo la corte territoriale infatti è “da escludere che l’odierna

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