Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9621 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9621 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sui ricorsi proposti da : De Fazio Vittorio, n. a Manduria il 21/01/1984;
De Fazio Alfredo, n. a Manduria il 25/06/1986;

avverso la sentenza del Tribunale di Taranto, in data 07/05/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Mazzotta, che ha concluso per il rinvio in attesa della sentenza della
Corte cost. sulla questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 73 del
d.P.R. n. 309 del 1990;

RITENUTO IN FATTO

1. De Fazio Alfredo e De Fazio Vittorio propongono ricorso per cassazione
avverso la sentenza del Tribunale di Taranto di applicazione della pena di mesi
dieci di reclusione ed euro 4.000 di multa ciascuno per il reato di cui all’art. 73,
comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla detenzione illegale, a scopo
di cessione, di grammi 7 di marijuana e di grammi 0,2 di hashish e alla
coltivazione di piante di marijuana alte tra 40 e i 50 cm.

Data Udienza: 28/01/2014

2. Con un unico motivo, entrambi i ricorrenti lamentano la mancanza della
motivazione non avendo il giudice indicato, con particolare riguardo all’elemento
psicologico e alla condotta, i criteri di valutazione considerati ai fini dell’equa

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi sono inammissibili.
Va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, con la
richiesta di applicazione della pena l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà
di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed
esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie detta richiesta
contiene quindi un accertamento ed un’affermazione implicita della responsabilità
dell’imputato, sì che l’accertamento della responsabilità non va espressamente
motivato (Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto, Rv. 191134); si è
pertanto precisato che nello speciale procedimento di cui agli artt. 444 e segg.
c.p.p. la sentenza che applichi la pena «patteggiata» non può formare oggetto di
ricorso per cassazione per mancanza di motivazione sui presupposti di fatto della
responsabilità dell’imputato, poiché la sussistenza di essi viene da lui ammessa
in modo implicito, ma univoco, nel momento stesso in cui egli richiede il
patteggiamento o aderisce ad analoga richiesta del P.M. (Sez. 6, n. 8719 del
21/05/1991, Grimaldi, Rv. 188084).
Quanto alla congruità della pena, può ricordarsi che nel ricorso per cassazione,
avverso sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti, non è
ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, salvo si versi in
ipotesi di pena illegale; la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla
pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale
che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la
correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato
origine o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed
eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi
concernenti la congruità della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo
al quale le parti processuali sono addivenute (Sez. 3, n. 18735 del 27/03/2001,
Ciliberti, Rv. 219852).
Nel caso di specie la pena applicata non può certamente ritenersi illegale sicché,
tra l’altro, non sarebbe comunque rilevante la pendenza, avanti la Corte

commisurazione della pena.

costituzionale, della questione di legittimità inerente la disciplina normativa circa
le cosiddette “droghe leggere”.
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili per manifesta
infondatezza dei motivi.
Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di

una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso
stesso, si ritiene congruo fissare in euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2014
Il Cons1 le est.

Il •residente

inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di

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