Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 961 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 961 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SALVATORE Francesco, nato a Napoli il 22/4/1934
avverso l’ordinanza del 28/5/2013 del Tribunale di Napoli, che ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso il 4/4/2013 dal Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale in sede in relazione all’art.44 del d.P.R. 6 giugno 2001,
n.380 conseguente alla apertura di due finestre nel muro perimetrale dell’edificio
e prospicienti il giardino della proprietà confinante;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Arturo Frojo, che ha concluso chiedendo accogliersi il
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 28/5/2013 il Tribunale di Napoli ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso il 4/4/2013 dal Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale in sede in relazione all’art.44 del d.P.R. 6 giugno 2001,
n.380 conseguente alla apertura di due finestre nel muro perimetrale dell’edificio
e prospicienti il giardino della proprietà confinante.

Data Udienza: 03/12/2013

2. Avverso tale decisione il sig. Salvatore propone ricorso, in sintesi
lamentando:
a.

errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere il Tribunale
omesso di esaminare la documentazione e il risultato delle indagini ex
art.391-bis e ss. cod. proc. pen. allegate alla richiesta di riesame, così che il
Tribunale si è limitato a un’analisi formale che non risponde al dettato della
legge e all’obbligo, che la giurisprudenza ha fissato, di dare risposta alle

b.

errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per avere
applicato l’art.44 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 con riferimento ad aperture
che, in realtà, sono da qualificasi come “bocche di lupo” cui è applicabile
l’art.22 della legge citata con presentazione della sola SCIA.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Osserva preliminarmente la Corte che il ricorso avverso i provvedimenti

in tema di misure cautelari reali è consentito unicamente per questioni
concernenti l’errata applicazione della legge sostanziale o processuale, con la
conseguenza che le valutazioni di merito in relazione alla ricostruzione dei fatti
non possono trovare ingresso in questa sede.
2. Osserva, ancora, che la censura qualificata come violazione di legge può
avere ad oggetto la motivazione del provvedimento impugnato esclusivamente
nel caso di carenza assoluta di motivazione, in ciò ricompresa la mancata
risposta ai quesiti posti con la richiesta di riesame; tuttavia, tale censura non
può estendersi alla non condivisione della risposta offerta con l’ordinanza
impugnata e deve effettivamente avere ad oggetto una motivazione che ha eluso
i profili di criticità segnalati.
3. La Corte ritiene che tale vizio non sia ravvisabile nell’ordinanza del
Tribunale di Napoli, soprattutto perché essa evidenzia come la riscontrata
attualità della violazione integri il “fumus” del reato contestato, dovendosi
rimettere alla fase successiva ogni approfondimento non eseguibile in questa
sede rispetto a questioni (come l’epoca e la paternità dei lavori) che il ricorrente
ha posto in evidenza senza un apporto ritenuto decisivo.
4. Quanto detto con riferimento al primo motivo di ricorso riverbera i propri
effetti anche sul successivo, posto che la qualificazione delle aperture come
“bocche di lupo” è questione estranea alle competenze della Corte in quanto
presupporrebbe una rivalutazione dei fatti come accertati dal Tribunale.

2

questioni che gli sono sottoposte;

5. Va, tuttavia, evidenziato che la motivazione dell’ordinanza contiene un
passaggio che non appare corretto sul piano ermeneutico; il riferimento è
all’affermazione secondo cui “non può escludersi con ragionevolezza che …”
(pag.3), dovendo il giudice ritenere positivamente la sussistenza di prova
indiziaria dell’ampliamento e della prosecuzione lavori. Si tratta di errore che non
appare però decisivo alla luce della complessiva motivazione dell’ordinanza
impugnata e delle osservazioni che la Corte ha formulato in precedenza. Il
ricorso va pertanto rigettato.

respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento
delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4/12/2013

6. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere

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