Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9608 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9608 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto
da
Manuguerra Luigi, nato il 3 giugno 1961
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Palermo del 29 novembre 2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Enrico
Delehaye, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Galluto Vito foro di Trapani.

Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 29 novembre 2012, la Corte d’appello di Palermo ha
confermato la sentenza del Tribunale di Trapani del 18 dicembre 2009, con la quale per quanto qui rileva – l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 86
del d.P.R. n. 570 del 1960, perché, per ottenere il voto elettorale a vantaggio di una
candidata alle elezioni del 2007 per il rinnovo del consiglio comunale di Erice, aveva
promesso all’elettore Sardo Roberto l’assunzione presso una costituenda cooperativa

2. – Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per
cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si lamenta che la Corte d’appello non
avrebbe considerato che il reato era prescritto ai sensi dell’art. 100 del d.P.R. n. 570
del 1960. Tale doglianza è stata ulteriormente sviluppata, in punto di diritto, con la
memoria depositata da altro difensore in prossimità dell’udienza, nella quale si precisa
che, secondo il tenore letterale del richiamato art. 100, l’azione penale si prescrive in
due anni dalla data del verbale ultimo delle elezioni e che tale previsione non farebbe
riferimento alla decadenza dell’azione proponibile dai singoli elettori ma all’esercizio
dell’azione penale da parte del pubblico ministero.
2.2. – Si deduce, in secondo luogo, la mancanza di motivazione circa
l’attendibilità del teste Tranchida, all’epoca candidato sindaco e denunciante dei fatti
di cui al capo di imputazione nei confronti di più soggetti candidati al consiglio
comunale. Tale inattendibilità sarebbe stata confermata dal funzionario di polizia che
aveva coordinato le indagini, il quale avrebbe riferito che, dalla denuncia di Tranchida,
a seguito di intercettazioni e appostamenti, non era emerso nulla a carico
dell’imputato ma erano invece emersi frequenti contatti fra questo e diversi
pregiudicati del territorio.

(in data prossima all’aprile 2007).

2.3. – Un ulteriore profilo di mancanza di motivazione sarebbe rappresentato,
secondo la difesa, dal fatto che gli altri soggetti sentiti a sommarie informazioni
avevano smentito promesse da parte dell’imputato finalizzate all’accaparramento di
voti per la candidata.
2.4. – In relazione, infine, alla testimonianza di Sardo Roberto, ritenuto
attendibile dalla Corte d’appello, vi sarebbe una mancanza di motivazione circa il
prospettato contrasto con le altre testimonianze raccolte e circa le contraddizioni
intrinseche emerse nel corso dell’istruttoria. Non si sarebbe considerato, in particolare,
che la subordinazione del futuro posto di lavoro al voto a favore della candidata

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rispondeva ad una personale deduzione del teste e non ad un’effettiva promessa
formulata dall’imputato. Né i soggetti presenti alle riunioni del comitato elettorale con
Sardo avevano confermato quanto da quest’ultimo riferito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – A sostegno del primo motivo di gravame, la difesa pone la tesi
interpretativa secondo cui l’art. 100, secondo comma, del d.P.R. n. 570 del 1960
prevede che l’azione penale si prescriva in due anni dalla data del verbale ultimo delle
elezioni, in deroga ai più lunghi termini prescrizionali disciplinati in via generale dagli
artt. 157 e seguenti c.p.
Tale tesi contrasta con l’orientamento – più volte ribadito da questa Corte secondo cui il termine prescrizionale previsto dal menzionato art. 100 è aggiuntivo e
non sostitutivo rispetto al termine prescrizionale ordinario.
La disposizione, che riconosce ad ogni elettore la possibilità di promuovere
l’azione penale per i reati in materia di elezioni comunali e di costituirsi parte civile e
subordina tale possibilità al limite temporale di due anni dalla data dell’ultimo verbale
elettorale, deve, cioè, essere interpretata nel senso che tali reati sono sottoposti a due
diversi tipi di prescrizione: quella riguardante il momento genetico, cioè il
promovimento dell’azione, e quella prevista dal cod. pen., attinente al reato stesso
(sez. 3, 23 marzo 2005, n. 17630; sez. 3, 11 novembre 2008, n. 46370; sez. 3, 17
febbraio 2011, n. 13720; sez. 3, 14 giugno 2011, n. 36821; sez. 3, 20 novembre
2012, n. 4851, rv. 254626). Tale interpretazione si pone, infatti, in linea con
l’esigenza di evitare che una prescrizione particolarmente breve consenta, per i reati
elettorali commessi in occasione delle elezioni amministrative, un regime di
ingiustificato favore, sia pure limitatamente al termine di perseguibilità. A ciò deve
aggiungersi l’elemento testuale desumibile dall’art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n.

,

251, che, novellando l’art. 157 c.p., ha previsto in via generale che l’estinzione dei
reati non possa «comunque» avere luogo in un tempo inferiore a quattro anni se si
tratta di contravvenzioni.
Quanto, poi, all’individuazione dell’atto interruttivo della decorrenza del termine
di prescrizionale biennale, deve rilevarsi che, dalla lettura sistematica dei due commi
dell’art. 100 del d.P.R. n. 570 del 1960 – i quali recitano: «Qualunque elettore può
promuovere l’azione penale, costituendosi parte civile, per i reati contemplati negli
articoli precedenti. L’azione penale, per tutti i reati contemplati nel presente testo
unico, si prescrive in due anni dalla data del verbale ultimo delle elezioni. Il corso della

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prescrizione è interrotto da qualsiasi atto processuale, ma l’effetto interruttivo dell’atto
non può prolungare la durata dell’azione penale per un tempo che superi, nel
complesso, la metà del termine stabilito per la prescrizione» – si desume, quale ratio

legis, la valorizzazione del promovimento “popolare” dell’azione penale. In altri
termini, il legislatore ha inteso attribuire efficacia interruttiva della prescrizione al fatto
che l’elettore promuova l’esercizio dell’azione penale, denunciando il reato, senza con
ciò porre deroghe al monopolio costituzionale dell’azione stessa in capo al pubblico

Tali principi trovano applicazione – come correttamente affermato nella
sentenza impugnata – anche nel caso di specie, in cui non si controverte del
promovimento dell’azione e il termine di prescrizione ordinario non è ancora decorso.
Ne deriva la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso.
3.2. – Gli altri motivi di impugnazione – che possono essere trattati
congiuntamente perché attengono alla motivazione circa la ritenuta responsabilità
penale – sono infondati.
Le sintetiche argomentazioni della sentenza censurata devono, infatti ritenersi
sufficienti sul punto, laddove si evidenzia che l’offerta di lavoro appare compatibile con
la costituzione di un ente senza scopo di lucro, il quale può assumere i dipendenti, e
che il fatto che il progetto sia naufragato prima dell’inizio della campagna elettorale
costituisce circostanza neutra, che non ha effetto sulla valutazione delle dichiarazioni
accusatorie di Sardo. Queste ultime sono, del resto, attendibili perché assistite dai
requisiti della costanza e della non contraddizione, senza che emerga dagli atti un
intento calunniatorio.
Né i rilievi svolti dalla difesa risultano adeguati ad intaccare tale costrutto
argomentativo, perché la circostanza che altri testi nulla abbiano riferito circa
promesse illecite fatte all’imputato ad altri soggetti o allo stesso Sardo non esclude

ministero.

l’attendibilità di quest’ultimo. La difesa non ha, in altri termini, prospettato ragioni di
contrasto estrinseco della deposizione di Sardo con altre risultanze istruttorie.
Quanto, poi, all’affermazione secondo cui la subordinazione del riconoscimento
del posto di lavoro al voto sarebbe stata una deduzione personale del teste, deve
rilevarsi che si tratta, con tutta evidenza, di un’interpretazione del quadro istruttorio
che si presenta come meramente alternativa rispetto a quella fornita dei giudici di
primo e secondo grado e che non può, dunque, essere presa in considerazione in sede
di legittimità.

A

4. – Il ricorso deve perciò essere rigettato, con condanna del ricorrente al
pagamento di spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013.

•,

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