Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9568 del 21/01/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9568 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorsd propostab da:
MONTANARO MICHELE N. IL 29/09/1966
RUINO DAVIDE N. IL 21/11/1980
VISTOLA GIUSEPPE N. IL 19/04/1979
SANTONE ANTONIO N. IL 24/10/1976
CEGLIA MARIO N. IL 15/08/1984
MONTANARO FRANCESCO N. IL 26/03/1987
avverso la sentenza n. 2642/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
27/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
AAA- (1/VVYWì. (nri 62‘. gtOt:- atei /litoWilà:(

Udito, per la-parte cle, l’Avv tb-e-Iku_Uuuo

(S22f212-6′ /112° c-e-R–

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Data Udienza: 21/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 27 maggio 2014 la Corte d’Appello di Bari, in parte
riformando la sentenza in data 17 dicembre 2009 del Tribunale di Foggia, condannava
Ceglia Mario, Ruino Davide, Vistola Giuseppe e Santone Antonio alle pene di giustizia
quali responsabili di singole condotte di detenzione e cessione di modiche quantità di
cocaina e il solo Ceglia del reato di cui all’art.73, IV comma, DPR 309/90; dichiarava
inammissibili gli appelli proposti da Montanaro Francesco e Montanaro Michele avverso la

applicata l’ipotesi di cui all’art.73, V comma, DPR 309/90 al solo Montanaro Francesco.
2. La Corte territoriale poneva a base della pronuncia di condanna gli esiti delle
intercettazioni telefoniche, richiamati nei singoli capi di imputazione, per il Santone anche
il risultato della perquisizione domiciliare effettuata il 6 marzo 2008 che aveva portato al
rinvenimento del materiale normalmente utilizzato per il confezionamento in dosi della
sostanza stupefacente, e per il_ Vistola il sequestro di un quantitativo di cocaina pari a
gr.2,134 rinvenuto nella disponibilità del tossicodipendente Cavalli Gabriele.
3. Tutti gli imputati propongono ricorso.
3.1. Montanaro Michele e Montanaro Francesco deducono violazione dell’art.606,
comma I, lett.b) e c) c.p.p. in relazione all’art.581 c.p.p. per avere la Corte di merito
ritenuto inammissibili i motivi di appello per mancanza di specificità, nonostante fosse
stata contestata la valenza probatoria di tutto il complesso delle intercettazioni poste a
base della sentenza di condanna.
3.2. Ruino Davide lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione in
ordine alla ritenuta responsabilità e alla non applicazione dell’attenuante di cui all’art.73,
V comma, DPR 309/90. Il primo motivo è stato ampliato dal difensore con memoria
depositata il 7 gennaio scorso.
3.3. Vistola Giuseppe prospetta come unico motivo la inosservanza e/o erronea
applicazione di norme giuridiche in relazione all’art.597, comma IV, c.p.p. nonché
mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in parte qua sul rilievo che la
Corte di Bari, pur avendo assolto l’imputato dal reato di cui al capo R), in relazione al
quale il giudice di prime cure aveva determinato un aumento per la continuazione pari a
mesi 2 di reclusione ed C 1.000,00 di multa, aveva operato la riduzione della pena
detentiva di un solo mese e non della intera frazione.
3.4. Santone Antonio si duole di una erronea applicazione della legge penale e di
un vizio di motivazione circa l’acquisizione in dibattimento degli atti contenuti nel
fascicolo del P.M., in ordine alla quale il difensore non aveva manifestato un esplicito
consenso, e la determinazione della pena in base alle riforme legislative intervenute nelle
more.
3.5. Ceglia Mario deduce infine violazione di legge e vizio di motivazione della
pronuncia di colpevolezza basata esclusivamente sul contenuto delle intercettazioni
1

medesima sentenza, che li aveva ritenuti responsabili di similari condotte spaccio,

telefoniche e censura per i medesimi profili il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui al
comma quinto dell’art.73 DPR 309/90.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Preliminarmente, osserva il Collegio come i reati per i quali gli imputati Ruino,
Vistola, Santone e Ceglia sono stati condannati debbano ritenersi prescritti, trattandosi di
ipotesi di cessione di modica quantità di sostanza stupefacente rientranti nella previsione
normativa dell’art.73, V comma, D.P.R.n.309/90 (nel testo novellato dal D.L.n.36/2014

ad hashish per i quali occorre tenere conto della sentenza della Corte Cost.n.32 del 2014,
risalenti ai mesi di febbraio-marzo 2008.
A tale pronuncia si perviene rilevando, sotto un primo aspetto, che i ricorsi dei
detti imputati, per come articolati nel contenuto di cui si è dato cenno, non appaiono
manifestamente infondati, né risultano affetti da profili d’inammissibilità di altra natura, e
che, sotto un secondo aspetto, non è applicabile l’art.129, secondo comma, c.p.p.
Invero, in conformità dell’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte,
in presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare
l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontra solo nel caso in cui
gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità
penale all’imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa
valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una
‘constatazione’, che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con qualsiasi
necessità di accertamento o di approfondimento (Sez.Un., n.35490/2009, Tettamanti).
Ciò perché il concetto di evidenza, richiesto dal secondo comma dell’art.129
c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da
rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto
la legge richieda per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento
immediato (Sez.4, 31.5.2013, n.23680).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine di
pervenire al proscioglimento nel merito occorre applicare il principio di diritto secondo cui
‘positivamente’ deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore
accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso
che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova
positiva della sua innocenza, non rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o
insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra le
opposte risultanze (sez.6, 4.3.2014, n.10284).
Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui questa Corte anche tenendo conto degli elementi evidenziati nelle motivazioni delle sentenze di merito

2

convertito nella L,n.79/2014), e IV comma per il Ceglia, che risponde solo di reati relativi

- non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro delle previsioni di cui al secondo
comma dell’art. 129 c.p.p.
Ai sensi del richiamato art.129 c.p.p., la sentenza impugnata va perciò annullata
senza rinvio per essere i reati contestati agli imputati in parola estinti per prescrizione.
5. Quanto ai ricorsi di Montanaro Francesco e Montanaro Michele, che impugnano
la declaratoria di inammissibilità dell’appello pronunciata dalla Corte di Bari per genericità
dei motivi di gravame, occorre operare una distinzione tra i due imputati.

Francesco in relazione ai reati di cui ai capi M), N) e 02) previa riqualificazione dei fatti ai
sensi dell’art.73, comma V, D.P.R.n.309/90, unificati sotto il vincolo della continuazione,
e concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva, lo ha condannato
alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed € 6.000,00 di multa, e ciò con sentenza
emessa il giorno 17 dicembre 2009, prima delle richiamate modifiche legislative che
hanno riguardato la norma incriminatrice.
Tale pena, di cui pure con l’appello si era sollecitata la riduzione, rimasta
immutata in conseguenza della richiamata pronuncia di inammissibilità dell’appello, che al
riguardo del trattamento sanzionatorio nulla ha osservato né in relazione al
d.l.n.146/2013 conv.in I.n.10/2014, né all’ulteriore d.l.n.79/2014 conv.in I.n.79/2014,
deve formare oggetto di nuova valutazione.
Con sentenza n.46653 depositata il 25 novembre 2015 le Sezioni Unite di questa
Corte, decidendo su questione riferita alla nuova disciplina in materia di stupefacenti,
hanno infatti stabilito che, in caso di ricorso inammissibile per qualunque ragione e privo
di motivi relativi al trattamento sanzionatorio è -applicabile d’ufficio, in sede di legittimità,
la legge sopravvenuta modificativa del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole
all’imputato, emanata successivamente alla pronuncia impugnata, e ciò anche nell’ipotesi
in cui la pena inflitta rientri nella nuova cornice edittale, alla cui luce il giudice del rinvio
deve comunque riesaminare la questione.
In relazione al Montanaro Francesco va quindi disposto rinvio ad altra sezione
della Corte d’Appello di bari per nuovo esame sul punto, essendo nel resto il ricorso
inammissibile per manifesta infondatezza oltre che genericità della ulteriore doglianza con
cui l’imputato ha contestato la valenza probatoria delle intercettazioni poste a base della
sentenza di condanna (definendola “discutibile”), che di contro sono state specificamente
indicate nel loro contenuto nei singoli capi di imputazione e correttamente valutate ai fini
del giudizio di colpevolezza.
5.2. Quanto invece al Montanaro Michele, condannato per le più gravi condotte
rientranti nella ipotesi di reato di cui all’art.73, primo comma, D.P.R.n.309/90 – non
interessato da modifiche legislative per quanto attiene al trattamento sanzionatorio –

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5.1. Il giudice di primo grado ha affermato la penale responsabilità di Montanaro

l’odierno ricorso va dichiarato inammissibile perché ripropone del tutto genericamente la
medesima censura, manifestamente infondata, già disattesa con congrua motivazione
dalla Corte di merito anche con riferimento alla posizione di questo imputato, che
nell’atto di appello si era del pari limitato a definire “ben discutibile” la ritenuta valenza
probatoria delle intercettazioni.
6. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di E 1.000,00 in favore della cassa

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio nei confronti di Ruino Davide, Vistola
Giuseppe, Santone Antonio e Ceglia Mario, perché i reati ad essi ascritti sono estinti per
prescrizione.
Annulla la medesima sentenza nei confronti di Montanaro Francesco relativamente
ai reati di cui ai capi M), N) ed 02) limitatamente alla determinazione della pena con
rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari; dichiara
inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara inammissibile il ricorso di Montanaro Michele, che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 gennaio 2016

Il Consigli

Il Presidente

delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero.

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