Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9560 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9560 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 22/01/2014

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COSTA GIOVANNI N. IL 13/09/1980
COSTA PIERO N. IL 19/09/1988
avverso la sentenza n. 399/2013 TRIBUNALE di MESSINA, del
15/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

(kr

Osserva

Ricorrono per cassazione Costa Giovanni e Costa Piero avverso la sentenza ex art. 444 c.p.p.
emessa in data 15.5.2013 dal Giudice monocratico del Tribunale di Messina con la quale veniva
applicata ai predetti la pena concordata di mesi dieci di reclusione ed C 200,00 di multa
ciascuno per il delitto di furto aggravato.
Deducono la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al mancato proscioglimento ai
sensi dell’art. 129 c.p.p..
Il ricorso è inammissibile essendo i motivi addotti aspecifici e manifestamente infondati.

sottese alle doglianze prospettate, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr.

ex

plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della

motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare
natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla delibazione degli elementi
positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia
ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in particolare,
proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè recriminare sulla
qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la congruità della pena a
meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di
specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo
liquidare in C 1.500,00, per ciascuno, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, addì 22.1.2014

Invero, oltre alla palese carenza di qualsivoglia specifica indicazione delle concrete ragioni

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