Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9556 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9556 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FRISCINA NATALE N. IL 27/11/1968
avverso la sentenza n. 283/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 20/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 22/01/2014

I

Osserva
Ricorre per cassazione, personalmente, Friscina Natale avverso la sentenza emessa in
data 20.6.2012 dalla Cotte di Appello di Lecce- Sezione distaccata di Taranto che
confermava quella del Tribunale di Taranto in data 13.2.2012 con la quale il predetto
era stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed C 200,00 di multa giustizia
per il reato di furto aggravato.
Deduce la violazione di legge in relazione: alla mancata sussunzione della condotta
nella fattispecie di cui all’art. 626 n. 2 c.p.; al mancato riconoscimento della

criterio di prevalenza sulle aggravanti e all’entità della pena inflitta, sproporzionata
rispetto alla condotta posta in essere; alla mancata applicazione di sanzioni sostitutive
o misure alternative alla pena detentiva. Rappresenta, altresì, il vizio motivazionale in
relazione alla svalutazione degli assunti difensivi.
Il ricorso è inammissibile essendo i motivi addotti manifestamente infondati e non
consentiti nella presente sede.
Si tratta di censure con cui si pretende di rivalutare le acquisizioni probatorie ed i
comportamenti dell’imputato, prerogativa, questa, riservata al giudice di merito e
preclusa in sede di legittimità. Invero, “esula dai poteri della Corte di Cassazione
quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa
integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass. Pen. Sez. Un.
30.4.1997, Dessimone).
L’impugnata sentenza, invero, ha reso compiuta ed esaustiva motivazione, come tale
non meritevole di alcuna censura, in ordine a tutte le doglianze sollevate con l’atto di
appello, sicchè i motivi oggi addotti s’appalesano anche aspecifici dal momento che
sono state obliterate le argomentazioni rese al riguardo dalla Corte territoriale. Infatti
è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse
ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi
considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a
mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV,
29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n.
19951, Rv. 240109).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidaPe- in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
2

circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p. e delle attenuanti generiche con

ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, addì 22.1.2014

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