Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9551 del 02/03/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9551 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
MILANO
nei confronti di:
ARCADIPANE SALVATORE N. IL 21/06/1961
avverso la sentenza n. 1523/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
23/06/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO GIANESINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per La
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Udito, per la pa civile, l’Avv
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Data Udienza: 02/03/2016

RITENUTO IN FATTO

2. Il ricorrente ha sostanzialmente dedotto un unico motivo di ricorso per
contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione, che in linea
generale non aveva realizzato una lettura coordinata e globale delle
condotte attribuite all’imputato.
2.1 La notizia della collaborazione del PANAIJA era stata ottenuta
dall’imputato dietro insistenza con un appartenente al corpo di Polizia
Penitenziaria ripetutamente pressato dalle richiesta dell’ ARCADIPANE che
ben sapeva che il modo più diretto ed efficace per apprendere notizie al
riguardo della collaborazione era quello di rivolgersi alla casa circondariale
vantando un incarico fiduciario che il PANAIJA non poteva revocare.
2.2 Ulteriore profilo di illogicità e contraddittorietà della motivazione
doveva rinvenirsi nel fatto che l’imputato era stato incaricato da Orlando
DEMASI, poi giudicato per associazione mafiosa, di verificare la
collaborazione del PANAIJA per adempiere ad un incarico ricevuto dalla
casa madre calabrese, così che in definitiva la sentenza impugnata non
aveva colto le logiche ‘ndranghetistiche all’interno delle quali la vicenda si
era svolta.

3.11 difensore dell’imputato ha presentato una memoria con cui ha chiesto
la dichiarazione di inammissibilità del ricorso del Procuratore generale
segnalando che le considerazioni svolte nei motivi di ricorso erano già
state tutte ampiamente valutate e disattese con approfondita
argomentazione nei due giudizi di merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Procuratore generale è inammissibile.
1.1 L’atto di impugnazione della Pubblica accusa si dipana richiamando
sostanzialmente considerazioni di mero fatto che la sentenza di primo
grado e quella di appello hanno approfonditamente confutato con
motivazioni che non sembrano davvero soffrire di quegli stigmi di illogicità
e di contraddittorietà lamentati dal ricorrente; le regioni addotte dai Giudici
di merito nelle sentenze dei due gradi di giudizio hanno preso in
considerazione tutti gli aspetti rilevanti della vicenda e hanno dato atto,
con ragionamento lineare e privo di contraddizioni, dei motivi per i quali
l’imputato, che oggettivamente aveva realizzato la fattispecie materiale del
reato di favoreggiamento personale, poteva ragionevolmente non essere a
conoscenza del coinvolgimento di Orlando DEMASI nella associazione
2

1. Il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Milano ha
presentato ricorso per Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte
di Appello di Milano ha confermato l’assoluzione di Salvatore ARCADIPANE
dal reato di cui all’art. 378 cod. pen. e 7 d.l. 152/91; l’imputato era
accusato di aver fornito ad Orlando DEMASI e per suo tramite alla intera
associazione ‘ndranghetista alla quale quest’ultimo era accusato di
appartenere, la conferma che Michael PANAJIA stesse collaborando con la
giustizia, così aiutando il DEMASI e gli altri associati ad eludere le
investigazioni della autorità e sottrarsi alle ricerche.

criminale denominata ‘ndrangheta e della appartenenza dello stesso
DEMASI alla famiglia del pentito PANANA.

1.3 Non va infine dimenticato che il ricorso fa seguito alla pronuncia di due
sentenze assolutorie di merito di identico contenuto sostanziale e che,
quindi, un eventuale rinvio per nuovo giudizio dovrebbe farsi carico di
dimostrare la concreta possibilità da parte del Giudice di merito di
vanificare convincentemente e radicalmente, sulla base dello stesso
materiale probatorio già più volte valutato in senso assolutorio, le
considerazioni svolte nei precedenti giudizi e di riconoscere quindi la
responsabilità dell’imputato oltre la regola del ragionevole dubbio di cui
all’art. 533, comma 1 cod. proc. pen.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 2 marzo 2016.

1.2 Agli elementi che si sono sopra richiamati va poi aggiunta
l’osservazione, da un lato, che la contestazione della aggravante di cui
all’art. 7 del di. 152/91 ha impresso al dolo del reato di favoreggiamento,
che ordinariamente si atteggia come dolo generico ( si veda sul punto, da
ultimo e a conclusione di una iter giurisprudenziale del tutto univoco, Cass.
sez. 6 del 24 maggio 2011 n. 24035, Rv 250433) una indubbia
connotazione finalistica, dall’altro che le valutazioni svolte dal ricorrente,
come si è accennato più sopra, sembrano soffermarsi quasi esclusivamente
su aspetti che attengono specificamente a profili squisitamente materiali
della condotta.

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