Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9544 del 02/12/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9544 Anno 2016
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Mongiovì Massimo, nato a Roma il 17/07/1959
2. Montironi Daniela, nata a Cingoli il 04/02/1962
3. Fraioli Alessio, nato a Roma il 05/04/1978
4. Cese Nando, nato a Schiavi degli Abruzzi il 29/05/1976
5. Frezza Pietro, nato a Roma il 28/06/1952
6. Medori Luciano, nato a Roma il 25/09/1954

avverso l’ordinanza del 07/07/2015 del Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Birritteri, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi i difensori, avv. Pietro Troianiello per Massimo Mongiovì, avv. Marcello
Carriero per Luciano Medori e avv. Monica Marciano, in sostituzione dell’avv.
Massimiliano Rosai, per gli altri ricorrenti, che hanno concluso per l’accoglimento
dei ricorsi;

1

Data Udienza: 02/12/2015

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato veniva confermato, a seguito di riesame, il
decreto del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Velletri del
06/05/2015, con il quale era disposto il sequestro preventivo delle autorizzazioni
al servizio di noleggio di autovetture con conducente, rilasciate dal Comune di
Velletri in favore, fra gli altri, di Massimo Mongiovì, Daniela Montironi, Alessio

di cui all’art. 19, comma sesto, legge 7 agosto 1990, n. 241, ipotizzato nell’aver i
predetti attestato falsamente, in segnalazioni certificate di inizio di attività, di
disporre di idonee rimesse conformi ai requisiti di cui alla legge 15 gennaio 1992,
n. 21.
Gli indagati ricorrenti deducono violazione di legge e mancanza di
motivazione sulla configurabilità del reato e sull’esigenza cautelare. Il ricorrente
Mongiovì lamenta in particolare che il Tribunale abbia adottato, ai fini della
decisione, una nozione restrittiva del termine «rimessa» non prevista dall’art. 3
legge n. 21 del 1992 e tratta dal d.m. 01/02/1986, fonte diretta alla diversa
finalità della disciplina di rimesse pubbliche e della garanzia di conformità alla
normativa antincendio, quest’ultima nella specie comunque rispettata, e peraltro
successiva e sottordinata alla legge, che ha carattere di specialità rispetto al
decreto ministeriale e può ritenersi integrata nella specie solo dal regolamento
del Comune di Velletri, che prevede come sufficiente, per l’esercizio dell’attività
in esame, anche la disponibilità di una semplice area attrezzata; che le strutture
a disposizione degli indagati siano state apoditticamente qualificate come
improvvisati parcheggi privati, risultando invece dagli atti come si trattasse di
aree urbanisticamente destinate a parcheggi; che non stata motivata la
ravvisabilità dell’elemento oggettivo del reato di falso in una dichiarazione
sostanzialmente veritiera sull’esistenza di una rimessa idonea allo scopo, e
dell’elemento psicologico in una condotta connotata dalla convinzione di agire
legittimamente dichiarando l’esistenza di una struttura ritenuta conforme ai
requisiti della legge, con riguardo ad un obbligo di disponibilità di una rimessa
peraltro oggetto di un rinvio pregiudiziale in sede comunitaria della normativa di
cui alla citata legge n. 21; e che la necessità di impedire la prosecuzione
dell’attività criminosa sia stata ritenuta nonostante la conformità dell’area alla
normativa urbanistica, non oggetto di alcun rilievo da parte del Comune di
Velletri. Il ricorrente Medori si duole della mancata considerazione della
particolarità della posizione del predetto indagato, il quale aveva acquistato e
deteneva da undici anni un’autorizzazione rilasciata dal Comune di Velletri ed
2

Fraioli, Nando Cese, Pietro Frezza e Luciano Medori, in quanto pertinenti al reato

annualmente rinnovata, e presentava una segnalazione certificata di inizio di
attività solo nel 2014, successivamente ai fatti oggetto del decreto di sequestro,
limitandosi ad indicare nella stessa una rimessa diversa da quella
precedentemente dichiarata, circostanze che escluderebbero anche la
pertinenzialità dell’autorizzazione sequestrata rispetto al reato. I ricorrenti
Montironi, Fraioli, Cese e Frezza lamentano l’omessa valutazione delle questioni
poste dalla difesa con riguardo alla predisposizione del modulo informatico
previsto dal sito intemet del Comune di Velletri per la segnalazione certificata di

rimessa, che avrebbe impedito agli utenti di dichiarare di essere in possesso di
un’area attrezzata, parificata dal regolamento comunale alle rimesse, alla
distinzione posta dal terzo comma dell’art. 19 legge n. 241 del 1990 fra la
dichiarazione mendace e quella presentata in carenza dei requisiti, quest’ultima
soggetta a sanatoria nella specie non si verifica vasi in quanto il Comune di
Velletri non contestava alcunché agli indagati, ed la motivazione sull’aver gli
indagati fatto proprie, con le segnalazioni certificate, la denuncia di inizio di
attività presentata dalla proprietà degli immobili nel 2004; censurano altresì la
genericità delle argomentazioni del provvedimento impugnato sull’esigenza
cautelare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono fondati per le assorbenti ragioni di seguito esposte.
L’argomentazione del Tribunale sulla configurabilità del reato si fonda
essenzialmente sul raffronto fra il contenuto delle segnalazioni certificate di inizio
di attività presentate dagli indagati, nelle quali si dichiarava la disponibilità di
rimesse idonee allo svolgimento dell’attività di noleggio di autovetture, e quello
dei verbali di sopralluogo della polizia giudiziaria, attesti l’esistenza di semplici
aree di parcheggio recitate.
Nello stesso provvedimento si dava tuttavia atto che il regolamento del
Comune di Velletri, richiamato dai ricorrenti, prevedeva in effetti, per l’esercizio
dell’attività, la disponibilità anche solo di un’area attrezzata, in alternativa a
quella di una rimessa.
Tenuto conto di questo, la motivazione del provvedimento impugnato si
rivela carente con riguardo quanto meno alla ravvisabilità dell’elemento
psicologico del reato; a proposito del quale l’ordinanza si limita ad una generica
affermazione sull’impossibilità di valutare in sede di riesame l’esistenza del dolo,
in mancanza di elementi di evidente segno contrario. La presenza di un dato
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inizio di attività con la possibilità di indicare unicamente la disponibilità di una

normativo regolamentare che parificava la disponibilità di un’area attrezzata a
quella di una rimessa agli effetti giuridici ai quali le dichiarazioni erano destinate,
la mancanza di contestazioni da parte del Comune di Velletri e la concreta
possibilità che le partizioni constatate dalla polizia giudiziaria potessero essere
sia pure erroneamente considerate dai dichiaranti come riconducibili alle aree
menzionate nel citato regolamento, sono infatti tali da rendere altrettanto
concreta l’ipotesi che gli indagati non fossero consapevoli di dichiarare il falso nel
dichiarare la disponibilità di rimesse, attribuendo alle stesse il significato esteso

ricostruita nello stesso provvedimento impugnato, palesava l’insistenza sulla
vicenda di un quadro normativo di indubbia complessità e di difficile
interpretazione, con particolare riguardo alla nozione di «rimessa» sulla quale si
incentra l’ipotizzata falsità. Ed ulteriori carenze motivazionali sono peraltro
individuabili con riguardo alle allegazioni difensive sugli esiti favorevoli, per gli
indagati, dei ricorsi in sede amministrativa sul rilascio delle licenze per l’attività
in discussione; aspetto, questo, da doversi considerare, unitamente a quelli fin
qui indicati, ai fini del giudizio sulla ricorrenza di evidenti circostanze negative in
ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Non senza
considerare che tali questioni avrebbero meritato comunque valutazione anche ai
fini della sussistenza dell’esigenza cautelare, sulla quale la motivazione del
provvedimento impugnato si riduce viceversa all’affermazione della valutabilità
economica delle autorizzazioni e della possibilità che le stesse siano poste in
circolazione a fine di lucro.
La significatività di tali carenze motivazionali, vertenti su punti essenziali del
giudizio ai fini della sussistenza dei presupposti della misura di cautela reale,
impongono l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale
di Roma per nuovo esame sugli aspetti segnalati.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma.
Così deciso il 02/12/2015

autorizzato dal tenore letterale del regolamento, in una situazione che, per come

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