Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9539 del 20/01/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9539 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PECORARO SALVATORE N. IL 15/11/1966
avverso la sentenza n. 4820/2014 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 13/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
rale in persona del Dott.
Udito il Procuratore
per
che ha conci

Udito, per la pa
Udit i di sor Avv.

l’Avv

Data Udienza: 20/01/2016

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott.ssa P. Filippi, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Udito
altresì per il ricorrente l’avv. Delisi, che si è riportato ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata in data 13/05/2015, la Corte di appello di Palermo,
in parziale riforma della sentenza in data 07/10/2014 del Tribunale di Palermo,

fatto non sussiste, e ha confermato la condanna per il reato di cui agli artt. 110,
485 cod. pen. (concorso con ignoti, al fine di procurarsi un vantaggio, nella
formazione di un contrassegno assicurativo falso), rideterminando la pena
irrogata all’imputato.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Palermo ha proposto
ricorso per cassazione Salvatore Pecoraro, attraverso il difensore avv. R. De Lisi,
denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – inosservanza ed erronea applicazione degli
artt. 49 e 648 cod. pen. e vizi di motivazione. Il falso contestato è grossolano,
come confermato dal carabiniere Enzo Cavallaro e da Calogero Pistone,
funzionario della società assicuratrice, i quali hanno riferito le palesi anomalie
che avevano condotto il primo all’immediata constatazione del reato e il secondo
a confermare quanto già chiaro all’occhio del carabiniere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento. La Corte di appello ha escluso che
ricorresse nel caso di specie l’ipotesi del falso grossolano, rilevando che
l’attenzione del personale dì polizia giudiziaria era stata nell’immediato attirata
dal fatto che il tagliando assicurativo esposto sull’auto dell’imputato era
parzialmente strappato, circostanza, questa, che aveva indotto i carabinieri ad
approfondire gli accertamenti sul documento, la cui falsificazione non è affatto
emersa ictu ()culi, ma solo a seguito dei chiarimenti forniti dal funzionario della
società assicuratrice che apparentemente risultava aver emesso il contrassegno,
chiarimenti, peraltro preceduti, come emerge dalla – sul punto – conforme
sentenza di primo grado, dal controllo effettuato dagli operanti presso la
Centrale operativa. Ciò posto, i rilievi del ricorrente, richiamando le dichiarazioni
dei testi, omettono di collocarle nel quadro delineato dalle sentenze di merito in
sede di ricostruzione della vicenda (che ha visto prima la richiesta di
informazione al Comando dei Carabinieri e poi l’intervento del funzionario della

ha assolto Salvatore Pecoraro dal reato di cui all’art. 648 cod. pen., perché il

A

società assicuratrice), risultando pertanto inidonee a scalfire la tenuta logicoargomentativa della sentenza impugnata.
Peraltro, il ricorso fa leva su un richiamo alle testimonianze acquisite nel
giudizio articolato in termini carenti di specificità: lungi dall’offrire un quadro
esaustivo delle testimonianze prese in considerazione dai giudici di merito e
svolgere, in riferimento a tale analitico e completo quadro di riferimento, le
critiche alla decisione impugnata, il ricorso si limita a segnalare, in modo del
tutto frammentario, alcuni profili di tali testimonianze, così rimettendo, in buona

complessiva del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito: il ricorso si
è quindi sottratto all’onere di completa e specifica individuazione degli atti
processuali che intende far valere, non essendo sufficiente, per l’apprezzamento
del vizio dedotto, «la citazione di alcuni brani» dei medesimi atti (Sez. 6, n. 9923
del 05/12/2011 – dep. 14/03/2012, S., Rv. 252349). Nel caso di specie, dunque,
deve ribadirsi che è inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al
giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad una
rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo
sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica
della interpretazione che ne è stata fornita (Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012 dep. 16/11/2012, P.M. in proc. Aprovitola, Rv. 253774).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 20/01/2016.

sostanza, al giudice di legittimità una inammissibile rivalutazione generale e

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