Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9517 del 02/12/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9517 Anno 2016
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Barry Mamadou Mouctar, nato in Senegal il 15/02/1982

avverso la sentenza del 25/06/2014 della Corte d’Appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi
Birritteri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di
Ariano Irpino del 12/03/2010, con la quale Mamadou Mouctar Barry era ritenuto
responsabile del reato di cui all’art. 474 cod. pen., commesso in Mirabella Eclano
il 11/08/2007 detenendo per la vendita 149 fra borse, portafogli, cinture,
magliette e camicie recanti i marchi contraffatti Louis Vuitton, D&G, Burberry,
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Data Udienza: 02/12/2015

Cavalli, Gucci, Armani, Hollywood, Sweet Years e Baci e Abbracci, e condannato
alla pena di mesi due di reclusione ed C 200 di multa.
L’imputato ricorrente deduce:
1.

violazione di legge e vizio motivazionale sull’affermazione di

responsabilità; difetterebbe la motivazione sulle censure proposte con motivi
aggiunti di appello in ordine all’insussistenza del fine di vendita e della prova
dell’appartenenza all’imputato della merce sequestrata, tenuto conto del
rinvenimento della stessa nel bagagliaio di un’autovettura sulla quale

contraffazione dei marchi, in assenza di una comparazione tecnica con i marchi
originali, non sostituita dalle dichiarazioni degli agenti di polizia giudiziaria, privi
di specifiche conoscenze; i giudici di merito avrebbero semmai dovuto
valorizzare il fatto che detti agenti si siano immediatamente avveduti della
contraffazione ai fini della configurabilità dell’ipotesi del falso grossolano, sulla
quale mancherebbe invece la motivazione; sarebbe altresì carente la prova della
registrazione dei marchi, alla quale non può sopperire la notorietà degli stessi,
che non fornisce indicazioni sugli elementi grafici specificamente depositati e
sulla validità territoriale del deposito;
2. violazione di legge sul diniego dell’attenuante del danno patrimoniale di
speciale tenuità; non sarebbe stata verificata l’effettiva dimensione dell’offesa
arrecata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità del’imputato sono
infondati.
E’ in primo luogo insussistente il lamentato vizio di mancanza di motivazione
sulla prova dell’appartenenza all’imputato della merce sequestrata, della finalità
di vendita della stessa e dell’avvenuto deposito dei marchi. I relativi punti erano
infatti oggetto dei soli motivi aggiunti di appello, pertanto privi di inerenza ai
motivi principali e come tali inammissibili (Sez. 3, n. 18293 del 20/11/2013, dep.
2014, G., Rv. 259740; Sez. 2, n. 1417 del 11/10/2012, dep. 2013, Platamone,
Rv. 254301; Sez. 6, n. 73 del 21/09/2011, Aguì, Rv. 251780). Non senza
considerare comunque, per il primo aspetto, il richiamo a quanto osservato nella
sentenza di primo grado in ordine all’essere stato l’imputato sorpreso
sull’autovettura a bordo della quale era rinvenuta merce contraffatta in quantità
tale da rendere implausibile che il Barry non ne avesse consapevolezza; per il
secondo, le specifiche considerazioni svolte sul punto nella sentenza impugnata,
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viaggiavano il Barry ed altri connazionali; neppure vi sarebbe prova dell’effettiva

ove si rilevava che il numero e l’eterogeneità degli oggetti sequestrati era
dimostrativo della destinazione degli stessi alla vendita a terzi; e, per il terzo, i
principi affermati da questa Corte di legittimità in ordine al’irrilevanza, ai fini
della configurabilità del reato in esame, della prova della registrazione di marchi
aventi caratteristiche di notorietà (Sez. 5, n. 40170 del 01/07/2009, Bogoni, Rv.
244750), quali senza dubbio quelli nella specie impressi sulla merce di cui
all’imputazione.
Per il resto, la Corte territoriale forniva motivazione congrua sulla

dallo stesso maturata, la deposizione dell’agente di polizia giudiziaria operante, il
quale evidenziava la mancanza di documentazione sulla legittima provenienza
della merce, la pessima fattura dei prodotti e la scadente qualità dei materiali;
opponendovi il ricorrente mere valutazioni di merito sulla necessità di un
accertamento tecnico. Altrettanto correttamente si escludeva nella sentenza
impugnata la ricorrenza dell’ipotesi della grossolanità del falso, in aderenza ai
principi per i quali il reato in discussione ha quale oggetto giuridico la pubblica
fede nella forma dell’affidamento dei cittadini nei marchi che contraddistinguono
i prodotti industriali, e di conseguenza l’attribuzione alla contraffazione del
carattere della grossolanità richiede che le caratteristiche intrinseche del marchio
e del prodotto siano tali da escludere la possibilità che venga tratto in inganno
un numero indeterminato di acquirenti, e quindi di persone di comune
avvedutezza (Sez. 5, n. 5260 del 11/12/2013, dep. 2014, Faje, Rv. 258722;
Sez. 2, n. 22133 del 19/02/2013, Ye, Rv. 255933; Sez. 2, n. 20944 del
04/05/2012, Diasse, Rv. 252836; Sez. 5, n. 33324 del 17/04/2008, Gueye, Rv.
241347). Non incidono pertanto, sulla coerenza logica dell’argomentazione dei
giudici di merito, i rilievi del ricorrente in ordine al rilevamento della
contraffazione da parte di un soggetto esperto quale l’agente operante, la cui
posizione non offre, alla luce dei principi enunciati, il corretto riferimento per la
valutazione sulla grossolanità del falso.

2. Sono altresì infondati i motivi dedotti sul diniego dell’attenuante del
danno patrimoniale di speciale tenuità.
Anche questo punto era toccato dai soli motivi aggiunti di appello, pertanto
inammissibili per quanto detto in precedenza. La sentenza impugnata conteneva
peraltro, sia pure nella parte relativa ala determinazione della pena, un
riferimento alla quantità rilevante della merce detenuta, che implicava una
valutazione sull’offesa in termini di incompatibilità della stessa con l’attenuante,
in ordine alla quale è pertanto comunque insussistente il lamentato vizio di
carenza motivazionale.
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contraffazione dei marchi, ritenendo sufficiente in proposito, per l’esperienza

Il ricorso deve quindi essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 02/12/2015

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