Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9511 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9511 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARBONI PIETRO PAOLO N. IL 27/02/1969
avverso la sentenza n. 53/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 24/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/11/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Francesco Salzano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Carboni Pietro Paolo è stato condannato dal Tribunale di Sassari, con sentenza
confermata dalla locale Corte d’appello, alla pena di un anno di reclusione ed

sezione AICS di Usini; reato commesso di notte e previa forzatura di una grate di
protezione della porta di accesso al locale.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a
mezzo del difensore, lamentando:
a) la violazione dell’art. 420/quater cod. proc. pen., per la ragione che la
sentenza d’appello è stata pronunciata il 24/9/2014, allorché egli era
impossibilitato a comparire in udienza, per essere stato arrestato nei giorni
precedenti;
b) l’inosservanza dell’art. 132 cod. pen. e dell’art. 111 della Costituzione, per la
ragione che non sono stati esplicitati i criteri seguiti per la commisurazione della
pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
1. Va sottolineato, quanto al primo motivo, che Carboni non deduce la mancata
conoscenza del procedimento d’appello, né il fatto che non abbia avuto
conoscenza della citazione in appello, regolarmente a lui notificata. Deduce
solamente di essere stato arrestato prima dell’udienza conclusiva del giudizio
d’appello, tenutasi il 24/9/2014. Ebbene, è del tutto indifferente – oltre che
indimostrato – il fatto che Carboni fosse stato arrestato – in altro procedimento nei giorni che precedettero l’udienza suddetta, per la semplice ragione che era
contumace. Pertanto, anche se fosse vera la circostanza addotta col ricorso, la
stessa non sarebbe stata idonea, comunque, ad imporre il rinvio dell’udienza, né
da essa deriva una qualche nullità idonea ad incidere sulla legittimità della
decisione. Egli aveva infatti l’obbligo, se avesse inteso intervenire all’udienza, di
comunicare al giudice procedente la sua intenzione e chiedere di essere tradotto,
a nulla rilevando il fatto che fosse detenuto nello stesso circondario del giudice
procedente o in altro circondario (la circostanza, valorizzata nel ricorso, assume
rilevanza per l’imputato detenuto nello stesso procedimento e non anche per
quello detenuto per ragioni diverse).

euro 250 di multa per il furto aggravato di C 2.500, sottratti all’interno della

2. Quanto alla determinazione della pena – anche per effetto del giudizio di
bilanciamento tra circostanze -, trattasi di doglianza che, per un verso, passa del
tutto sotto silenzio la pur esistente motivazione offerta sul punto dalla Corte
territoriale (la quale ha rimarcato la gravità della condotta ed i gravi e numerosi
precedenti penali dell’imputato) e, per altro verso, non tiene conto della pacifica
giurisprudenza di questa Corte di legittimità sul punto. Invero, la quantificazione
della pena può essere sindacata avanti questi Giudici di legittimità soltanto

maniera illogica; la determinazione in concreto della pena, infatti, costituisce il
risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari
elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da, parte del
Giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in
relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata
l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla
adeguata o non eccessiva; ciò dimostra, infatti, che egli ha consideralo sia pure
intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’articolo 133 cod.pen.
ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello. Né, d’altra parte,
il ricorrente segnala decisivi elementi a suo favore, salvo appellarsi, in maniera
ripetitiva e incongruente, ad una carenza di motivazione nient’affatto desumibile
– per i motivi espressi – dalla sentenza impugnata e a trascurare il fatto che la
pena è già stata applicata in misura prossima al minimo edittale e che sono state
concesse – per attenuare il peso di una sanzione già minima in relazione ai
parametri normativi – attenuanti generiche.

3. Il ricorso è pertanto inammissibile. Alla declaratoria di inammissibilità del
ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
ravvisandosi profili di colpa nella proposizione del ricorso, al versamento di ,una
somma a favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei motivi de’ dotti, si
stima equo determinare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende’.
Così deciso il 24/11/2015

allorquando sia stata effettuata in limiti superiori a quelli edittali ovvero in

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