Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9508 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 9508 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PISANI DOMENICO N. IL 25/02/1980
avverso la sentenza n. 147/2014 CORTE APPELLO di POTENZA, del
19/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 24/11/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Francesco Salzano, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata perché il reato è estinto per remissione della querela.
– Udito, per l’imputato, l’avv. Marco Melillo, che si è riportato ai motivi di ricorso.

1. La corte d’appello di Potenza, con la sentenza impugnata, ha confermato
quella emessa dal Tribunale di Matera, che aveva condannato Pisani Domenico
per lesioni gravi in danno di Pantone Luca, a cui fratturava – con una testata – le
ossa nasali.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato con
due motivi.
Col primo si duole del fatto che non sia stato avvisato della possibilità di
avvalersi dell’istituto della messa alla prova, introdotto dalla legge 28 aprile
2014, n. 67. Col secondo lamenta una manifesta illogicità della motivazione con
riguardo all’affermazione della responsabilità, proclamata sulla base delle sole
testimonianze d’accusa e senza tener conto di quelle a difesa.

3. In data 27/10/2015 il difensore dell’imputato ha fatto pervenire a questa
Corte remissione di querela della persona offesa, accettata dall’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati, per cui il ricorso va
dichiarato inammissibile.
1. Quanto al primo motivo, basti rilevare che le nullità sono di ordine tassativo e
che nessuna nullità è collegata, dalla legge, alla “omissione” lamentata. Infatti,
né gli artt. 168/bis e segg. del cod. pen., introdotti dalla legge n. 67/2014, né gli
artt. 468/bis e segg. introdotti dalla medesima legge prevedono un obbligo del
giudice di “avvisare” l’imputato delle facoltà connesse all’introduzione
dell’istituto; prevedono, bensì, la facoltà dell’imputato di chiedere,
personalmente o a mezzo di procuratore speciale, la sospensione del
procedimento con messa alla prova. Imputet sibi, quindi, Pisani se non ha
provveduto ad avvalersi delle facoltà previste dall’ordinamento.

2

RITENUTO IN FATTO

2. Le doglianze formulate con riguardo all’affermazione della responsabilità sono
inammissibili per totale genericità. L’art. 581 cod. proc. pen. prescrive
all’impugnante di enunciare – a pena di inammissibilità (art. 591 cod. proc. pen.)
– i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione e i motivi della
stessa, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto
che sorreggono ogni richiesta. Nella specie, il ricorrente si è limitato a contestare
la conclusione cui sono pervenuti entrambi i giudici di merito senza muovere
alcuna critica al percorso argomentativo da essi seguito e a lamentare l’omessa

elementi di prova – trascurati dai giudici di merito – essa si fondi, incorrendo nel
vizio suddetto.

3. Nessun effetto può attribuirsi – contrariamente all’opinione del Pubblico
Ministero d’udienza – alla remissione di querela (e relativa accettazione) nel
frattempo intervenute, dal momento che il reato è procedibile d’ufficio, essendo
stata contestata e ritenuta l’aggravante dell’art. 582, comma 2, cod. pen.
(malattia di durata superiore a venti giorni). E nemmeno può attribuirsi rilevanza
alla prescrizione nel frattempo intervenuta, giacché la maturazione della
prescrizione dopo la sentenza d’appello rende applicabile il principio, affermato
da questa Corte nel 2000 (Sezioni Unite, sent. n. 32 del 22/11/2000, De Luca), e
da allora mai più messo in discussione, secondo cui l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129
c.p.p.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, ravvisandosi profili di colpa nella
proposizione del ricorso, al versamento di una somma a favore della Cassa delle
ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in Euro
1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento délie
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammendé.
Così deciso il 24/11/2015

adesione alla tesi difensiva senza nemmeno illustrarla e senza indicare su quali

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