Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9506 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9506 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CORRADO ANTONELLO N. IL 07/09/1984
avverso la sentenza n. 9465/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

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Data Udienza: 22/01/2014

Fatto e diritto

CORRADO ANTONELLO ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando
quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole della violazione di cui all’articolo 73

Con il ricorso contesta il giudizio di responsabilità e il diniego dell’attenuante del fatto di
lieve entità e delle attenuanti generiche.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Vi è da rilevare come il motivo in punto di responsabilità si risolva in una doglianza
meramente assertiva e assolutamente generica, che comunque integra una censura
inammissibile sulle modalità valutative del compendio indiziario, che il giudice di merito
ha sviluppato – in linea con quello di primo grado- in modo ampiamente convincente sull’
apprezzamento della vicenda [quantitativo cospicuo dello stupefacente, stupefacente di
qualità diversa, suddivisione in dosi], da cui non arbitrariamente si è ritenuta dimostrata
la destinazione al mercato.

Si tratta di una valutazione non arbitraria, che qui non ammette censure, avendo i
giudici di merito fornito satisfattiva spiegazione in ordine alla riconducibilità della droga
al prevenuto ed alla destinazione illecita della stessa.

Inaccoglibile è anche la doglianza sul diniego dell’attenuante speciale, giustificato
considerando il quantitativo importante della droga e la diversa qualità della stessa.

Il giudicante ha fatto corretta e logica applicazione del principio in forza del quale, in
tema di sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità
(articolo 73, comma 5, del dpr 9 ottobre 1990 n. 309) può essere riconosciuta solo in
ipotesi di “minima offensività penale” della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e
quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla norma (mezzi, modalità e
circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto
degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri. Ciò in
quanto la finalità dell’attenuante si ricollega al criterio di ragionevolezza derivante
dall’articolo 3 della Costituzione, che impone – tanto al legislatore, quanto all’interpretela proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del fatto (Sezione IV,

l-

del dpr n. 309/90 contestatagli.

13 maggio 2010, Lucresi, che ha ritenuto corretto il diniego dell’attenuante basato
proprio sulla gravità della condotta di spaccio).

Qui, il giudicante ha ampiamente motivato sulle

ragioni che deponevano per

l’insussistenza dell’attenuante e il relativo giudizio regge al vaglio di legittimità anche a
fronte di motivazione sicuramente satisfattiva.

novum

normativo introdotto dal decreto legge 23

dicembre 2013 n. 146, che ha trasformato l’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 73 del
dpr n. 309 del 1990 in fattispecie autonoma di reato, giacchè i presupposti del reato
sono rimasti gli stessi che potevano giustificare [o, per converso, negare] la concessione
dell’attenuante.

Incensurabile è anche il diniego delle generiche, motivato sui numerosi precedenti
penali.

Non vi è spazio per una censura in questa sede, anche perché, come è noto, con specifico
riguardo alle generiche vale il principio secondo cui il riconoscimento o il diniego delle
circostanze attenuanti generiche e più in generale l’apprezzamento sul trattamento
sanzionatorio sono rimessi al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio
deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero del
decidente circa l’adeguamento della pena in concreto inflitta alla gravità effettiva del
reato ed alla personalità del reo. Pertanto, nella determinazione della sanzione ben
possono essere presi in esame uno o alcuni soltanto degli elementi indicati dall’articolo
133 c.p., purchè della scelta decisoria adottata si dia adeguatamente conto in
motivazione (cfr., di recente, Sezione II, 23 settembre 2009, Proc. gen. App. Genova in
proc. Kerroum).

Il relativo apprezzamento è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero
arbitrio o di ragionamento illogico.

Ciò che qui deve senz’altro escludersi

avendo il giudice motivato, con puntuale

argomentazione, le ragioni del proprio convincimento, nei termini suesposti.

Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in
favore della cassa delle ammende.

Nessuna conseguenza deriva dal

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 22 gennaio 2014

Il ‘res idente

Il Consigliere estensore

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