Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9485 del 04/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9485 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
ILIC Aleksandar, nato a Cragujevac (Serbia! Montenegro) il 14/07/1985

avverso l’ordinanza del 03/03/2015 del Tribunale del riesame di Torino

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ugo De Crescienzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dr.
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore, avv. Nome Cognome, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Aleksander ILIC, personalmente ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza
3.3.2015 con la quale il Tribunale della Libertà di Torino, ex art. 310 cod. proc.
pen ha confermato il provvedimento di custodia cautelare in carcere statuito dal
Giudice delle indagini del Tribunale di Ivrea il 30.1.2015 in sostituzione degli
arresti domiciliari in precedenza accordati.

Data Udienza: 04/11/2015

Il ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata deducendo la
esistenza di ragioni di incompatibilità tra le proprie condizioni di salute e il
regime carcerario in atto, riservando la produzione di ulteriori motivi nel corso
del giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince che l’imputato, sottoposto al

aggravato e 648 cod. pen., è stato successivamente sottoposto al regime degli
arresti domiciliari, con la facoltà di recarsi presso il SERT dalle ore 9 alle ore 12
di ogni martedì per esigenze terapeutiche. Condannato a seguito di giudizio
abbreviato alla pena di anni due mesi otto di reclusione ed C 1.000,00 di multa
per i suddetti reati, il ricorrente è stato successivamente tratto in arresto il
13.1.2015 per il reato di furto aggravato. Alla luce del suddetto quadro fattuale,
constatato che il ricorrente aveva violato in ripetute occasioni le prescrizioni
relative agli arresti donniciliari, il Giudice delle indagini preliminari di Ivrea ex art.
276 cod. proc. disponeva l’aggravamento della misura in atto sostituendola con
quella della custodia cautelare in carcere. La difesa interponeva appello
formulando considerazioni in merito ai fatti che avevano determinato la
sostituzione della misura cautelare ed incentrati fondamentalmente sulla non
gravità delle violazioni contestate; il Tribunale rigettava l’appello ritenendo la
ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 276 comma 1 ter cod. proc. pen.
Il ricorso proposto in questa sede è manifestamente infondato: l’istante deduce
questioni che non sono state sottoposte all’esame del giudice della libertà che si
è pronunciato in fase di appello cautelare ex art. 310 cod. proc. pen. in termini
esaustivi rispetto alla materia devoluta con l’impugnazione.
Dalla lettura del provvedimento impugnato non vi è la prova che al Tribunale
torinese sia stata devoluta anche la questione (in questa sede prospettata)
relativa alla compatibilità tra le condizioni di salute del ricorrente e lo stato di
detenzione in carcere. Di qui discende che la prospettazione del ricorrente,
peraltro sfornita di prova e formulata in termini del tutto generici, esula del tutto
da quanto è stato oggetto del giudizio di appello, con la conseguenza che ricorre
l’inammissibilità per violazione dell’art. 606 comma 3 cod. proc. pen.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00
alla Cassa delle ammende, così equitativamente determinata la sanzione
amministrativa prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi nella condotta
processuale del ricorrente gli estremi della responsabilità ivi stabilita; si manda

n

regime della custodia cautelare in carcere per il delitto di cui agli artt. 628

al sign. Cancelliere per le comunicazioni di legge ai sensi dell’art. 94 disp. att.
cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Si

Così deciso in Roma il 4.11.2015

comunichi ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

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