Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9483 del 04/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9483 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
MAGNIFICO Lorenzo, nato a Terracina il 04/04/1985
MAIURI Emiliano, nato a Roma il 24/08/73
MAIURI Franco, nato a Roma il 21/02/1945

avverso l’ordinanza del 10/06/2015 del Tribunale del riesame di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ugo De Crescienzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dr.
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi

RITENUTO IN FATTO

Lorenzo Magnifico, Emiliano Maiuri, Franco Maiuri, sottoposti alla misura della
custodia cautelare in carcere per la violazione dell’art. 644 e 629 cod. pen.
ricorrono per Cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe indicata con la quale è
stata confermata la custodia cautelare in carcere disposta dal Giudice delle
indagini preliminari di Latina con ordinanza 20.5.2015.
I difensori richiedono l’annullamento del provvedimento per i seguenti motivi così
riassunti ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

Data Udienza: 04/11/2015

MAGNIFICO Lorenzo, lamenta:
1) ex art. 606 comma 1 lett. c), e) cod. proc. pen. Violazione dell’art. 125
cod. proc. pen., nonchè: vizio di motivazione in relazione alla denunciata
inutilizzabilità ex art. 271 cod. proc. pen. delle intercettazioni telefoniche
ed ambientali; violazione dell’art. 15 Cos. e 5 ed 8 CEDU interposte ex
art. 117 cost, e degli artt. 267 e 268 cod. proc. pen., posto che le
intercettazioni

telefoniche

sono

state

effettuate

mediante

apparecchiature appartenenti a privati.
ex art. 606 comma 1 lett. c) ed e ) cod. proc. pen.: violazione dell’art.
125 cod, proc. pen., e degli artt. 13 Cost. e 5 legge CEDU, 274 e 292
lett. c) cod. proc. pen. a cagione dell’insussistenza di esigenze cautelari.

MAIURI Emiliano e MAIURI Franco, con ricorsi fra loro sovrapponibili lamentano:
1) ex art. 606 comma 1 lett. b), c), e) cod. proc. pen.: violazione di legge
per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 125, comma 3, 292
n. 2 lett. c) e 274 cod. proc. pen., 309 comma IX così come riformato
dalla legge 47/2015, nonchè vizio e contraddittorietà della motivazione.
La difesa si duole del fatto che gli imputati, sotto il profilo della
indicazione delle esigenze cautelari, sono stati oggetto di una valutazione
globale e non singolarmente differenziata.
2)

ex art. 606 comma 1 lett. b), c), e) cod. proc. pen.: violazione di legge
per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 125, comma 3, 292
n. 2 lett. c) in riferimento all’autonoma valutazione delle esigenze ex art.
274 cod. proc. pen., 309 comma IX così come riformato dalla legge
47/2015, nonché vizio e contraddittorietà della motivazione. La difesa
sostiene che l’ordinanza nella sostanza riprende quanto già sostenuto
dall’Ufficio del Pubblico Ministero nella richiesta della misura in atto, con
la conseguenza che l’ordinanza del Tribunale del riesame (come già quella
genetica del Giudice delle indagini preliminari) è una mera acritica
ripetizione delle argomentazioni del Pubblico Ministero,

“…difettando

palesemente del quid no vi, di quel tratto distintivo di originalità dell’iter
logico argomentativo idoneo a differenziarla e a conferirle autonomia
rispetto alle richieste del pubblico ministero…” [pag. 4 del ricorso]
3)

ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen.: violazione di legge per
inosservanza ed omessa applicazione degli artt. 125 comma 3, 275 n. 3
bis cod, proc. e motivazione inesistente. La difesa lamenta il vizio di
carenza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali non è stata
ritenuta applicabile la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari con
mezzi di controllo (c.d. braccialetto elettronico).

1

2)

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di doglianza del Magnifico Lorenzo (al limite dell’inammissibilità)
è infondato: non ricorre la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. perché il
Tribunale ha reso puntuale motivazione sulla legittimità delle intercettazioni
disposte dalla Procura della Repubblica [v. pp. 5 e 6 dell’ordinanza impugnata].
Ricorre infatti la violazione della norma citata nei soli casi in cui sia assente ogni

apparente; nel caso in esame la motivazione è specifica facendo essa
riferimento al caso concreto sottoposto all’attenzione del Tribunale.
La denuncia di violazione di norme costituzionali è

inammissibile, perché

l’inosservanza di disposizioni della Costituzione non è prevista tra i casi di ricorso
dall’art. 606 cod. proc. pen. potendo soltanto essere fondamento di questione di
legittimità costituzionale.
La denunciata violazione degli artt. 5 e 8 CEDU è inammissibile non essendo stati
dedotti specifici motivi in base ai quali ravvisare una violazione di norme penali
sostanziali o processuali dell’ordinamento italiano.
La denuncia di violazione dell’art. 268 cod. proc. pen. va rigettata. La Procura
della Repubblica di Latina ha eseguito le operazioni di intercettazione (telefonica
ed ambientale) utilizzando un server di proprietà di soggetti privati. Come si
evince dal contenuto dell’ordinanza e dello stesso ricorso, lo strumento
informatico è installato presso gli uffici della Procura della Repubblica. L’articolo
268 comma 3 cod. proc. pen. dispone che le operazioni di intercettazioni siano
effettuate per mezzo degli impianti “installati” nella Procura della Repubblica.
Il riferimento normativo testualmente è inerente alla sola ubicazione degli
impianti [v. in tal senso Cass. sez. 3 del 27.2.2015 n. 32699, Diano in Ced Cass.
Rv. 264517] senza che si possa trarre dalla norma, indicazione in ordine al
diverso aspetto della proprietà degli impianti utilizzati o delle modalità
contrattuali o negoziali attraverso le quali la Pubblica Amministrazione ha
acquisito la disponibilità degli impianti stessi. Di qui deriva che essendo
l’impianto installato presso la Procura della Repubblica, la esecuzione delle
operazioni di intercettazione è conforme al dato normativo e non ricorre nessuna
ipotesi di nullità. Il motivo va quindi rigettato, posto che la soluzione alla quale è
pervenuto il Tribunale del riesame è corretta.
Il secondo motivo di ricorso (al limite della inammissibilità per taluni suoi aspetti)
va rigettato. Inammissibili, per le ragioni già indicate sono censure relative alla
denunciate violazioni delle norme costituzionali e dell’art. 125 cod. proc pen. alla
luce della motivazione esplicitata dal Tribunale alle pp. 9 e 10 dell’ordinanza
impugnata. Va inoltre osservato che il Tribunale del riesame ha valutato l’aspetto
‘2

motivazione (c.d. mancanza grafica della motivazione) o essa sia meramente

delle esigenze cautelari ricondotte alla ipotesi di cui alla lettera c) dell’art. 274
cod. proc. pen.: la motivazione della conferma della misura cautelare della
custodia in carcere poggia sul rilievo della gravità della condotta criminosa
caratterizzata, secondo la motivazione del Tribunale dalla “spregiudicatezza”
desunta dalle ripetute gravi minacce formulate in danno della persona offesa, dal
rischio di inquinamento probatorio e dalla persistenza del proposito criminoso,
elementi tutti che hanno indotto il Tribunale del riesame a ritenere che esistono
elementi concreti dimostrativi di un pericolo di recidivanza nel reato e di

Tribunale ha riferito aspetti specifici e concreti, aventi come punto di riferimento
le concrete modalità dell’azione delittuosa contestata (e non già una valutazione
astratta derivante dal titolo del reato addebitato) dalla quale è stato tratto un
giudizio consequenziale pienamente giustificativo della decisione adottata.
La esaustività dell’esposizione delle ragioni per le quali il Tribunale ha ritenuto di
confermare la misura in atto, è sufficiente per ritenere assorbita ogni diversa
questione accedente alla richiesta di applicazione di una misura meno intensa. Il
motivo di ricorso va quindi rigettato.
Il primo motivo di ricorso di Franco ed Emiliano Maiuri è infondato. La
difesa si duole perché giustificazione delle esigenze cautelari ex art. 274 lett. b)
e c) cod. proc. pen. sarebbe state espresse con motivazione cumulativa e non
individualizzante per ogni singolo imputato ove si tenesse conto delle peculiari
caratteristiche soggettive di ciascuno di essi.
In linea generale va osservato che la motivazione relativa alle caratteristiche
della personalità degli indagati concorrenti in un medesimo reato non può essere
oggetto di valutazione globale e complessiva, infatti In tema di
misure cautelari personali, le esigenze indicate nell’art. 274, lett. c), cod. proc.
pen. impongono una valutazione prognostica di carattere presuntivo nella quale
il giudice è tenuto a dare concreta e specifica ragione dei criteri logici adottati
senza potere, nell’ipotesi in cui più siano gli indagati, assumere determinazioni
complessive e generali; di qui deriva che, in linea di principio, la motivazione in
ordine alla pericolosità sociale ed alla necessità della misura della
custodia cautelare non può accomunare, in una valutazione cumulativa, la
posizione di più indagati senza valutare invece separatamente le situazioni
individuali di ciascuno di essi. [v. in tal senso Cass. sez. 2 n. 6480 del
21.11.1997, Accardo, in Ced Cass. Rv 210595; Cass. sez. 6 n. 48420 del
5.11.2008, Bernardi, in Ced Cass. Rv.242375]. Peraltro va osservato che nel
caso di specie il giudizio negativo della personalità degli imputati è stato tratto
esclusivamente dalla particolare modalità di commissione del reato (ad avviso
del tribunale caratterizzato da tratti di particolare spregiudicatezza e violenza)
puntualmente descritto nella sua dinamica esecutiva che vede il coinvolgimento
il

pericolo di inquinamento delle prove. La motivazione è del tutto adeguata, il

in pari grado di tutti gli imputati. Il tribunale ha preso quindi in considerazione,
legittimamente, un solo parametro fattuale (modalità di commissione del reato)
ritenuto comune in eguale misura per tutti i concorrenti, senza prendere in
considerazione ulteriori e diversi parametri caratterizzati da spunti più
strettamente soggettivizzanti ed individualizzanti. Sotto questo particolare profilo
si può affermare che la motivazione del provvedimento nella descrizione dei
presupposti di applicazione del parametro di cui alle lett. b) e c) dell’art. 274
cod. proc. pen. è adeguato e corretto, pur se in una visione cumulativa, non

formalistico le ragioni oggettive per le quali il fatto è da ritenersi di gravità tale
da costituire l’indice presuntivo e prognostico dell’esistenza di un rischio dì
reiterazione della condotta criminosa per ciascuno degli indagati. A fronte di
quanto fin qui affermato, v’è da osservare che la stessa difesa, a sua volta, non
ha fornito indicazione di alcun elemento individualizzante di ciascuno indagato, di
cui il Tribunale non abbia doverosamente tenuto conto, sicché la censura mossa,
pur nella sua correttezza iniziale di impostazione, finisce con il presentare i
caratteri della astrattezza e della conseguente genericità, conducente alla
incompletezza del motivo e alla sua genericità, causa di rigetto dello stesso.
Il secondo motivo di ricorso di MAIURI Emiliano e MAIURI Franco, sul punto
relativo al difetto di autonomia della motivazione del provvedimento impugnato
rispetto al provvedimento del Pubblico Ministero e di quello del Giudice delle
indagini preliminari è manifestamente infondato. Infatti deve essere considerato
nullo per difetto di motivazione il provvedimento del giudice che riproduca alla
lettera ampi stralci della parte motiva di altro provvedimento (a meno che detta
tecnica di redazione manifesti una autonoma rielaborazione da parte del
decidente e dia adeguata risposta alle doglianze proposte dal ricorrente). Nel
caso in esame il ricorrente non ha fornito alcuna dimostrazione che il Tribunale
del riesame si sia limitato a riprodurre quanto già contenuto nell’ordinanza
cautelare o nella richiesta del Pubblico Ministero, sicché il denunciato vizio di
motivazione non ricorre. La convergenza di due diversi provvedimenti (uno del
Tribunale del riesame e l’altro del giudice delle indagini preliminari, come nel
caso in esame) verso un identica valutazione conclusiva (in accoglimento della
richiesta del pubblico ministero), non implica necessariamente, fra loro, una
diversità dei passaggi argomentativi della motivazione, dovendo invece essere
evidente (come nel caso sottoposto a questo collegio) che il Tribunale del
riesame abbia svolto un autonomo giudizio critico che consiste anche nel
semplice ripercorrere (in modo autonomo) quanto già argomentativamente
affermato dal primo giudice al fine di verificarne la validità giustificativa alla luce
delle critiche mosse dalla difesa. Nel caso in esame la censura mossa dalla difesa

G

essendo necessario, per ognuno dei concorrenti ripetere in modo puramente

è del tutto generica, perché non fornisce alcuna specifica dimostrazione del vizio
lamentato.
Il terzo motivo di ricorso è infondato e va rigettato. Alla luce della più recente

giurisprudenza, condivisa da questo collegio, va ribadito che in tema di misure
cautelari, il giudice, ritenendo l’inadeguatezza di qualsiasi altra e diversa forma
di cautela, non ha l’obbligo di motivare espressamente sull’inidoneità del
dispositivo di controllo (c.d. braccialetto elettronico) ad assicurare la tutela delle
esigenze di cui all’art. 274 cod. proc. pen., che nel caso di specie sono state

condotte specifiche ritenute particolarmente violente [v. Cass. sez. 3 n. 44364
del 24.4.2015, Querulo, in Ced Cass. Rv 2654941, tali da giustificare la scelta
della misura cautelare adottata.
Per le suddette ragioni i ricorsi vanno rigettati e i ricorrenti devono essere
condannati al pagamento delle spese processuali, mandandosi al sign.
Cancelliere per le comunicazioni di legge ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc.
pen.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Si
comunichi ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso in Roma il 4.11.2015

ampiamente e compiutamente descritte anche attraverso l’esposizione delle

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