Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9476 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9476 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SAHAKJAN HRACIK N. IL 06/09/1962
TELGHAMTI BELKACEM N. IL 07/02/1973
avverso la sentenza n. 474/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 22/01/2014

PI

(‘
Motivi della decisione

Avverso la sentenza indicata in epigrafe, gli imputati Sahakjan
Hracik e Telghamti Belkacem – giudicati responsabili di
fattispecie criminose di cui all’articolo 73, comma 1 e l ° bis d.
P.R. n. 309/1990- hanno proposto distinti ricorsi per cassazione,
chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio di

all’art. 73, comma settimo, d.P.R. 309/90 e Telghamti Belkacem
altresì per difetto di motivazione in ordine alla mancata
concessione delle attenuanti generiche in via di prevalenza anche
attraverso la disapplicazione della recidiva.
I ricorsi sono inammissibili,
cod.proc.pen.,

perché

proposti

ex

articolo 606,
per

motivi

comma 30 ,

manifestamente

infondati.
La Corte d’appello di Trieste ha invero adeguatamente ed
esaustivamente motivato, correttamente ritenendo non concedibile
a nessuno dei due imputati l’attenuante di cui all’art. 73, comma
settimo, d.P.R. 309/90, in considerazione del fatto che non
avevano fornito agli inquirenti elementi che rendessero possibile
uno sviluppo investigativo, limitandosi a confessare talune
cessioni che già emergevano dagli atti di indagine o ad indicare
elementi che già risultavano dalle indagini.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte (cfr., Cass, Sez. 6,
Sent. n.8243 del 6.05.1993, Rv. 194955) ha infatti ritenuto che la

motivazione in relazione al diniego dell’attenuante di cui

disposizione dell’art.73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n.309, in forza
della quale sono diminuite dalla metà a due terzi le pene per chi
si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a
conseguenze ulteriori, si applica allorquando le dichiarazioni
dell’imputato o dell’indagato si concretizzano o in un contributo
determinante nel neutralizzare la produzione di nuovi danni o di
ulteriori delitti come conseguenze dell’attività criminosa già
posta in essere, ovvero in una collaborazione con l’autorità di
polizia o con quella giudiziaria che consenta a tali organi di
giungere all’individuazione di grossi o abituali fornitori o

fei

C
spacciatori della droga oppure alla scoperta e alla sottrazione di
importanti risorse di capitali, sostanze e attrezzature aventi
attinenza con la produzione, il traffico e l’uso delle sostanze
stupefacenti. Ne consegue che non possono ritenersi sufficienti,
ai

fini

della

concessione

dell’attenuante

suindicata,

comportamenti e ammissioni che portino soltanto a rafforzare il

verso i quali le indagini siano già positivamente orientate.
Per quanto poi attiene alla doglianza proposta dal ricorrente
Telghamti in ordine alla mancata concessione delle attenuanti
generiche in via di prevalenza anche attraverso la disapplicazione
della recidiva, si rileva che la decisione impugnata risulta
sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa
appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto concerne la
dosimetria della pena. E appena il caso di considerare che in tema
di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione
e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di
questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione
implicita (Cass., Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o con formule
sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass., sez.6, 4 agosto
1998, Rv.211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al
giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti,
effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art.133 c.p., sono

quadro probatorio o soltanto ad affrettare i risultati positivi

censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero
arbitrio o ragionamenti illogico (Cass., sez.3, 16 giugno 2004
n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza che certamente non
sussiste nel caso di specie, avendo la Corte di appello di Trieste
espressamente chiarito le ragioni in base alle quali ha ritenuto
di confermare la sentenza emessa nel giudizio di primo grado che
aveva formulato un giudizio di equivalenza tra

le circostanze

attenuanti generiche e la recidiva.
I ricorsi devono essere pertanto dichiarati inammissibili.

pi

Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento, a favore della Cassa delle ammende, della somma di euro
1.000 ciascuno a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
colpa, dei ricorrenti stessi (cfr. Corte Costituzionale sent.

P Q M

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese del procedimento e ciascuno al pagamento a
favore della Cassa delle ammende della somma di euro 1.000.
Così deciso in Roma,11 22 gennaio 2014.

n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).

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