Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 947 del 12/12/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 947 Anno 2015
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: CONTI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Verdura Rosario, nato a Messina il 15/08/1980

avverso la ordinanza del 01/08/2014 del Tribunale di Messina

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Messina, adito ex art. 309
cod. proc. pen., confermava l’ordinanza in data 14 luglio 2014 con la quale il
Giudice per le indagini preliminari in sede aveva applicato a Rosario Verdura la
misura degli arresti domiciliari in ordine a due reati di illecita detenzione e
cessione di stupefacenti (capi 3 e 17).

Data Udienza: 12/12/2014

2. Il Tribunale, premesso che era da rigettare l’istanza di retrodatazione
della custodia cautelare in relazione alla esistenza di un precedente
procedimento cautelare riguardante fatti di natura del tutto diversa, in quanto
quelli di cui alla successiva contestazione non erano desumibili dagli atti al
momento della prima contestazione, osservava che sussistevano gravi indizi di
colpevolezza a carico del Verdura sulla base delle dettagliate dichiarazioni della
ex-convivente Santina Cavò, avendo la stessa riferito di avere assistito, in tre

dell’indagato, aduso egli stesso al consumo di stupefacenti.
Tali dichiarazioni erano confermate da un colloquio telefonico intercettato,
nel corso del quale il Verdura confessava la sua dipendenza dalla roga, e, quanto
al capo 17, dalle conversazioni telefoniche relative alla vendita di circa mezzo
chilogrammo di marijuana da parte dell’indagato a Giuseppe Laganà e
Alessandro De Luca, fatto verificato attraverso servizi di osservazione di p.g. e
sfociato poi nella operazione che permetteva il rinvenimento di un quantitativo di
cannabis sativa del peso di circa 28 grammi contenuto in una busta di plastica
abbandonata per strada dal Verdura e dal Laganà a seguito di un posto di blocco
stradale effettuato dalla p.g.
Sussistevano poi ad avviso del Tribunale esigenze cautelari connesse al
pericolo di reiterazione criminosa in considerazione dei contatti tenuti dal
Verdura con vari fornitori di stupefacenti di diversa natura; pericolo non
fronteggiabile con misure di tipo non custodiale.

3. Ricorre per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore avv. Salvatore
Giuseppe Carabba, il quale con un primo motivo, denuncia la violazione dell’art.
297, comma 3, cod. proc. pen., osservando che gli elementi relativi agli addebiti
di spaccio di sostanze stupefacenti erano stati precedentemente acquisiti
nell’ambito di un unico procedimento, nel quale si trattava anche dell’omicidio di
tale Domenico Santapaola; fatto quest’ultimo “stralciato” ed oggetto di una
ordinanza cautelare emessa da altro G.i.p. in data 30 luglio 2012. A tale data,
tuttavia, erano stati già acquisite le fonti indiziarie relative ai fatti di droga (tutti
antecedenti al 30 luglio 2012) oggetto del presente procedimento cautelare che
ha tratto origine dalla ordinanza del 14 luglio 2014.
In particolare, contrariamente a quanto osservato nella ordinanza
impugnata, le dichiarazioni di Santina Cavò, su cui si è basata la presente

occasioni, ad operazioni di vendita di quantitativi di cocaina da parte

procedura, erano state già acquisite al momento della emissione della prima
ordinanza cautelare.
Con un secondo motivo, si contesta la gravità del quadro indiziario, basato
sulle dichiarazioni generiche e contraddittorie della Cavò, le quali comunque,
essendo la dichiarante coinvolta nell’attività di spaccio da lei denunciata,
avrebbero necessitato di riscontri, a norma dell’art. 192, comma 3, cod. proc.
pen., tali non potendo essere considerati le conversazioni intercettate, che erano
indicative solo dell’abitudine del Verdura a fare uso di stupefacenti.

punto di esigenze cautelari, affermate senza alcun riferimento a dati obiettivi e
riscontrabili; essendo comunque la libertà di movimento del Verdura impedita da
altra misura coercitiva in corso di esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso appare manifestamente infondato.

2. Quanto al motivo circa la dedotta inosservanza dell’art. 297, comma 3,
cod. proc. pen., l’ordinanza impugnata ha osservato che le dichiarazioni di
Santina Cavò, costituenti elemento rilevante ai fini della configurabilità dei fatti
contestati nell’ambito della presente procedura, non risultavano essere acquisite
agli atti del procedimento che aveva dato luogo alla emissione del primo
provvedimento cautelare del 30 luglio 2012, né tali nuovi fatti erano in altro
modo chiaramente desumibili, allora, da altre fonti indiziarie.
Il ricorrente si è limitato a contestare tale assunto, ma senza fornire specifici
e oggettivi elementi di valutazione in senso contrario; i quali avrebbero
comunque dovuto essere prodotti davanti al Tribunale, non essendo compito del
giudizio di legittimità quello di verificare direttamente il contenuto e la natura
delle risultanze processuali che avrebbero in ipotesi determinato l’applicabilità
della fattispecie di cui all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
E’ poi appena il caso dì puntualizzare che le questioni afferenti al tema delle
“contestazioni a catena” in tanto possono essere dedotte nel procedimento di
riesame in quanto tutti gli elementi idonei a una simile valutazione siano
desumibili in modo incontrovertibile e completo dalla ordinanza applicativa della
misura coercitiva (Sez. U, n. 45246 del 19/07/2012, Polcino, Rv. 253549),
presupposto che evidentemente non ricorre nella presente fattispecie, secondo la

Con un ultimo motivo, si contesta infine la congruità della motivazione in

valutazione in questa sede non censurabile espressa dal Tribunale nell’ordinanza
impugnata.

3. Il secondo motivo si limita genericamente a contestare la specificità delle
dichiarazioni della Cavò, che invece, come rappresentate nell’ordinanza
impugnata, appaiono particolarmente dettagliate e rappresentative dei fatti
contestati; ad asserire apoditticamente che la dichiarante era coinvolta
nell’attività di spaccio, senza peraltro offrire puntuali elementi di valutazione; e

certamente non esaminabili in sede di legittimità

4. Infine, il motivo relativo alle esigenze cautelari da un lato è meramente
assertivo, dall’altro fa riferimento ad altra misura coercitiva in corso di
esecuzione che è elemento palesemente irrilevante ai fini della presente
procedura.

5. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si ritiene equo contenere in
mille euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/12/2014.

infine a svalutare il senso delle conversazioni intercettate, con argomenti

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