Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9469 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 9469 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIANFERRARI PATRIZIA N. IL 03/12/1956
avverso la sentenza n. 3771/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
03/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/11/2015

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.Alfredo
Pompeo Viola, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile,
Udito l’avv.Elena Jannuzzi in qualità di sostituto processuale dell’avv.Giovanni Paolo

concluso per il rigetto del ricorso.
Udito avv.Pasquale Scrivo in qualità di sostituto processuale dell’avv. Liborio Cataliotti
difensore di Patrizia Gianferrari che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 3.2.2014, la Corte d’Appello di Milano confermava la decisione
di primo grado che aveva condannato Gianferrari Patrizia alla pena di anni uno mesi
dieci di reclusione e € 1400,00 di multa per il reato di truffa aggravata.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1) erronea
applicazione dell’art. 81 c.p. e dell’art.61 n.7 c.p. in riferimento al danno ritenuto
ingente nonostante dovesse essere rapportato a quattro episodi e tenendo conto del
fatto che parte offesa era comunque una banca; 2) erronea applicazione della legge
penale in relazione all’art.99 c.p., e mancanza e manifesta illogicità di motivazione ai
sensi dell’art.606, co.1 lett. e c.p.p. avendo la Corte ritenuto la sussistenza di una
recidiva reiterata specifica in assenza di una pregressa declaratoria di recidiva.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.
Con memoria in data 21.10.2015, pervenuta in data 27.10.2015, il difensore
della ricorrente deduce la violazione dell’art.606 lett.b) c.p.p. in relazione all’art.640
c.p., non essendo ravvisabili nella condotta della Gianferrari gli artifizi e raggiri
descritti dall’art.640 c.p., e ribadisce che rispetto all’aggravante della rilevanza
economica l’entità del danno va valutato in relazione ad ogni singolo reato e non al
complesso dei fatti illeciti.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, e privo della
specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a
fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da
illogicità manifeste.

Accinni difensore della parte civile Banca Popolare Commercio e Industria spa che ha

I giudici di merito hanno ricostruito la vicenda, rilevando che tra agosto 2006 e
marzo 2007 l’imputata aveva presentato all’UBI banca quattro distinte società per le
quali aveva aperto un conto corrente – uno per società – con delega di firma a suo
nome. Dette società andavano a costituire il c.d. “Gruppo Gianferrari” e riuscivano ad
ottenere finanziamenti dell’ammontare di circa centomila euro ciascuno e due di esse
perfino lo “sconto” di ricevute bancarie per il valore complessivo di €50.000,00
ciascuno. I finanziamenti risultarono, poi, privi di garanzie, le ri.ba scontate in banca
contraffatte in quanto mai emesse dall’apparente società debitrice a fronte di reali

Gianferrari, la quale non rivestiva alcuna carica sociale ed era autorizzata ad operare
sulla base di una semplice delega, si “auto-alimentavano” attraverso un giro vorticoso
di operazioni finanziarie. Hanno quindi rilevato che l’apertura dei conti correnti non era
fine a sé stessa ma da inquadrare nella truffa così come ideata nel suo complesso; i
relativi finanziamenti ottenuti servivano infatti a creare fittizie provviste di danaro
attraverso il vorticoso giro di operazioni finanziarie fra le medesime società, e in tal
modo l’imputata riusciva a creare quell’apparenza di operatività e solvibilità che è
stato il presupposto per ottenere ulteriore affidamento. Ogni singola operazione era
parte del piano preordinato in danno della parte lesa, e pertanto correttamente nella
fattispecie è stato ritenuto il danno patrimoniale di rilevante entità, essendo il danno
pacificamente ingente (oltre mezzo milione di euro).
E ciò conformemente alla giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente
affermato che, in caso di reato continuato, la valutazione in ordine alla sussistenza o
meno dell’aggravante del danno di rilevante gravità deve essere operata con
riferimento non al danno cagionato da ogni singola violazione, ma a quello
complessivo causato dalla somma delle violazioni (v., da ultimo, Cass.Sez.I, Sent. n.
49086/2012 Rv. 253961; Sez.VI, Sent. n. 33951/2005 Rv. 232051), e che nel
valutare l’applicabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante
gravità, può farsi riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa
solo qualora il danno sofferto, pur non essendo di entità oggettiva notevole, può
essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono
invece irrilevanti quando l’entità oggettiva del danno è tale da integrare di per sé un
danno patrimoniale di rilevante gravità (v.Cass.Sez.II, Sent.n.33432/2015, Rv.
264543).
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, e anche privo della specificità,
prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p.
Ai fini della configurabilità della recidiva reiterata, quale prevista dall’art. 99 c.p.,
comma 4, è qualificato come già recidivo il soggetto nei cui confronti, al momento
della commissione del nuovo delitto, siano già passate in giudicato più di una
condanna; e la Corte territoriale legittimamente poteva ricavare la sussistenza di tale

rapporti commerciali, e le società del c.d. gruppo Gianferrari, gestite di fatto dalla

condizione in capo al prevenuto dal contenuto del certificato del casellario giudiziale, in
quanto il giudice della cognizione – a differenza di quello di esecuzione – ben può
accertare i presupposti di una recidiva che non sia stata previamente dichiarata,
riconoscendola anche quando in precedenza non sia stata dichiarata giudizialmente la
recidiva semplice (cfr. Cass., Sez.V, Sent. n. 47072/2014 Rv. 261308; Sez.II, Sent.n.
30445/2012; sez.II, Sent.n. 18701/2010, Rv. 247089; Sez.V, Sent.n. n. 41288/2008„
Rv. 241598).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha poi specificamente motivato in ordine

la particolare gravità dei fatti per i quali si è proceduto sia “concretamente significativa
sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità”
dell’imputata già condannata più volte per i reati di calunnia, bancarotta fraudolenta e
falso in atto pubblico. E nulla a riguardo ha rilevato la ricorrente.
3. Il motivo aggiunto in ordine alla violazione dell’art.640 c.p. è inammissibile, in
quanto i “motivi nuovi” a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto i capi o
i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di
gravame ai sensi dell’art. 581 c.p.p., lett. a), e il motivo di cui alla lettera A) della
memoria in data 27.10.2015 non ha ad oggetto alcun punto della decisione impugnata
enunciato in ricorso.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
(v.Corte Cost. sent.n.186/2000), nella determinazione della causa di inammissibilità al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nonché alla refusione delle spese
sostenute nel grado dalla parte civile costituita che liquida in complessive €3500,00
oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende nonché alla
refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita che liquida in
complessive €3500,00 oltre accessori di legge.
Così d ib rato, il 12.11.2015.

alle ragioni che l’hanno indotta a riconoscere la recidiva reiterata, evidenziando come

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