Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9466 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9466 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
STOLA CHRISTIAN N. IL 04/07/1987
avverso la sentenza n. 348/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 05/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 22/01/2014

Osserva

Ricorre per cassazione Stola Christian avverso la sentenza emessa in data 5.11.2012
dalla Corte di Appello di Lecce- Sezione distaccata di Taranto che, in parziale riforma
di quella in data 20.2.2012 del G.u.p. del Tribunale di Taranto, rideterminava la pena
inflitta al predetto per il delitto di cui all’art. 73 dPR 309/1990 (detenzione a fini di
spaccio di eroina), in anni quattro di reclusione ed C 18.000,00 di multa, applicando
l’interdizione dai pp.uu. per anni cinque ed escludendo quella legale.

309/1990.
Il ricorso è inammissibile essendo la censura aspecifica e manifestamente infondata.
Giova premettere che, come si evince dalla sentenza impugnata, l’imputato rinunciò
in sede idi appello al motivo concernente l’applicazione dell’allora attenuante di cui al
50 comma dell’art. 73 dPR 309/1990.
Non solo il ricorrente ha omesso di esplicitare le ragioni sulle quali avrebbe dovuto
esser fondato il riconoscimento dell’invocata attenuante, ma l’espressa rituale rinuncia
in appello a tutti i motivi di merito ad eccezione di quello attinente all’esclusione della
recidiva e alla riduzione della pena, preclude, in virtù, del principio del devolutum, la
sottoposizione alla cognizione di questa Corte delle censure relative al riconoscimento
dell’ipotesi attenuata in questione. E’ stato affermato, al riguardo, che “È
inammissibile il ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice di appello che,
rilevata la rinuncia dell’imputato ai motivi di appello diversi da quelli relativi alla
riduzione di pena, dichiari, in virtù degli art. 589, commi secondo e terzo e 591,
comma primo, lett. d) cod. proc. pen., l’inammissibilità sopravvenuta dei motivi
oggetto di rinuncia, omettendone l’esame ai fini dell’applicazione dell’art. 129 cod.
proc. pen., considerato che la rinuncia ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento
processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità. Pertanto, poiché, ex art. 597,
comma primo, cod. proc. pen., l’effetto devolutivo dell’impugnazione circoscrive la
cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i
motivi proposti, una volta che essi costituiscano oggetto di rinuncia, non può il giudice
di appello prenderli in considerazione, né può farlo il giudice di legittimità sulla base di
un’ipotetica implicita revoca di tale rinuncia, stante l’irrevocabilità di tutti i negozi
processuali, ancorché unilaterali (Cass. pen. Sez. II, n. 3593 del 3.12.2010, Rv.
249269).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
2

Deduce la violazione di legge in relazione al diniego di applicazione dell’ipotesi
attenuata (come ora riqualificata per legge) di cui all’art. 73, 5 0 comma dPR

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, addì 22.1.2014

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