Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9462 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9462 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– ITALFONDIARIO S.p.A.

avverso la ordinanza del tribunale del riesame di MILANO in data 24/03/2015;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. F. Marinelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite, per la ricorrente, le conclusioni dell’Avv. S. Maranella, in sostituzione
dell’Avv. S. Preziosi, che ha chiesto accogliersi il ricorso;

Data Udienza: 17/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 24/03/2015, depositata in pari data, il tribunale
del riesame di MILANO dichiarava inammissibile l’appello cautelare proposto
nell’interesse di ITALFONDIARIO S.p.A., terzo interessato, avverso l’ordinanza
emessa dal tribunale della stessa città in data 3/02/2015 con cui era stata
rigettata l’istanza di revoca o, in subordine, di modifica del sequestro preventivo

data 6/07/2013; giova precisare, per migliore intelligibilità della questione, che il
sequestro aveva interessato i beni ed i valori nella disponibilità di tale Sala
Cristiano, sino alla concorrenza dell’importi di 4.278.298,00 euro, in relazione ai
reati di cui agli artt. 5 e 10 bis, d. lgs. n. 74 del 2000, reati per i quali il Sala era
indagato quale amministratore di fatto della soc. Coop. Staff & co. con sede in
Milano, attualmente fallita, contestati come commessi in concorso in Milano dal
settembre 2010 all’ottobre 2011.

2. Ha proposto ricorso avverso l’ordinanza di inammissibilità, nell’interesse di
ITALFONDIARIO S.p.A., terzo interessato, il difensore fiduciario cassazionista,
deducendo due motivi, di seguito illustrati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c), c.p.p., in
relazione all’art. 321, comma terzo, cod. proc. pen.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto, sostiene il
ricorrente, erroneamente il tribunale del riesame avrebbe ritenuto
ITALFONDIARIO S.p.A. non legittimata a proporre istanza di revoca del
sequestro per equivalente, non potendo vantare il titolare di un diritto reale di
garanzia sul bene sottoposto a sequestro preventivo essere considerato
“interessato” ai sensi dell’art. 321 c.p.p.; ciò contrasterebbe, anzitutto, con il
tenore letterale del comma terzo della richiamata disposizione processuale, che
utilizza il termine “interessato” senza ulteriori specificazioni 7 dunque non vi
sarebbe alcun elemento testuale che possa consentire di escludere il titolare di
un diritto reale di garanzia e di includere solo il titolare di un diritto di proprietà
(l’argomentazione non sarebbe nemmeno smentita dal disposto degli artt. 322 e
322-bis c.p.p., che attribuiscono la facoltà di presentare riesame ed appello alla
persona che avrebbe diritto alla restituzione delle cose sottoposte a sequestro;
nel caso in esame la posizione di ITALFONDIARIO S.p.A. quale creditore
garantito da ipoteca sull’immobile oggetto di sequestro per equivalente,
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finalizzato alla confisca per equivalente emesso dal GIP dello stesso tribunale in

trascritta anteriormente all’apposizione del vincolo cautelare che ha dimostrato la
propria buona fede e la totale estraneità rispetto alla commissione dei reati
nonché l’assenza di qualsiasi collegamento con la condotta delittuosa del Sala,
avrebbe dritto alla restituzione del bene, inteso come diritto allo svincolo del
bene ed alla sua restituzione alla procedura esecutiva civile, già pendente per il
soddisfacimento del proprio diritto reale di garanzia; in secondo luogo, poi,
l’interpretazione del tribunale contrasterebbe con la

ratio dell’art. 321 c.p.p.,

garanzia del mutuo concesso costituisce un vincolo di appartenenza del bene al
creditore che, come tale, precluderebbe il sequestro preventivo e la confisca del
bene, onclusione tra sarebbe confermata da una serie di pronunce di questa
Corte secondo cui i provvedimenti ablativi aventi finalità preventiva non possono
pregiudicare diritti acquisiti dai terzi di buona fede, decisioni di cui il ricorrente
richiama gli estremi; il tribunale, peraltro, nel ritenere carente di legittimazione
ITALFONDIARIO S.p.A. non avrebbe tenuto conto delle obiezioni difensive che
richiamavano la giurisprudenza Cedu riferita all’art. 1 del protocollo n. 1 alla
Convenzione ka.W. in tema di tutela della proprietà, nozione in cui è ricompresa
non solo la proprietà di beni mobili ed immobili ma anche i diritti reali; sul
punto, poi, la difesa di ITALFONDIARIO S.p.A. censura poi il sostanziale
appiattimento dell’ordinanza impugnata su una recente sentenza di questa Corte
(la n. 10471/2014) resa in procedimento analogo in cui sempre ITALFONDIARIO
S.p.A. era parte ricorrente, richiamo che sarebbe fuori luogo nel caso in esame,
in quanto la procedura esecutiva in atto escluderebbe ogni disponibilità dei beni
da parte della persona nei cui confronti pende il procedimento penale, non
potendo peraltro ritenersi che il soddisfacimento in sede esecutiva dei diritti dei
terzi creditori ipotecari osti alle finalità del procedimento penale, in quanto / di
fatto impedisce allo Stato di acquisire la proprietà dei beni mediante l’eventuale
conversione del sequestro in confisca, come affermato dalle Sezioni Unite di
questa Corte (il riferimento è alla sentenza 28/04/1999); conclusivamente,
apparirebbe illogico e contra legem, sostiene la difesa di ITALFONDIARIO S.p.A.,
obbligare il creditore a tutelarsi solo in via posticipata in attesa che il
provvedimento cautelare si converta in misura ablatoria definitiva, non potendo
privarsi il terzo del proprio diritto sul bene in fase di sequestro, quando la misura
potrebbe essere revocata o, come chiesto in subordine da ITALFONDIARIO
S.p.A., dichiarata inefficace nei suoi confronti, trasferendosi sul solo residuo del
ricavato dell’esecuzione immobiliare dopo aver soddisfatto il diritto del terzo,
soprattutto laddove si consideri che l’oggetto del sequestro in questione non

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atteso che – si sostiene – la pregressa trascrizione dell’ipoteca volontaria a

poteva essere considerato come cosa pertinente al reato, trattandosi di
sequestro per equivalente.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e),
c.p.p., in relazione all’art. 24 Cost. e correlati vizi di insufficienza ed illogicità
della motivazione quanto alla carenza di legittimazione a presentare appello

ex

art. 322-bis c.p.p.

ricorrente, la declaratoria di inammissibilità dell’appello tradirebbe un
fraintendimento mascroscopico del principio di cui all’art. 24 citato, in quanto
l’esito del giudizio incidentale in realtà sarebbe espressione dell’intento di salvare
a tutti i costi un provvedimento assolutamente infondato con lo stratagemma
dell’inammissibilità; nel caso di specie, si ribadisce, non si tratterebbe di
anticipare la tutela del creditore ipotecario, ma renderla attuale, rispondendo
siffatta tutela non a ragioni di opportunità – come si legge nell’impugnata
ordinanza – ma a ragioni giuridiche legate alla corretta applicazione del disposto
di cui all’art. 321, comma terzo, cod. proc. pen. che, ove fosse interpretato come
inteso dal tribunale del riesame, produrrebbe un indebito pregiudizio del diritto
del creditore ipotecario che non troverebbe alcuna giustificazione, neanche
nemmeno alla presunta salvaguardia di un interesse pubblico; conclude, infine, il
motivo di ricorso la difesa di ITALFONDIARIO S.p.A. svolgendo considerazioni
circa la insufficienza motivazionale e la illogicità della stessa sia quanto alla
mancata risposta circa il necessario rispetto della giurisprudenza Cedu sia quanto
alla confusione che i giudici avrebbero fatto tra diritto ipotecario con il diritto di
credito contrapponendo l’assolutezza del diritto di proprietà con la non
assolutezza del diritto reale di garanzia, ignorando che il diritto ipotecario non è
un diritto di credito e che il diritto reale di garanzia è pure un diritto assoluto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

4. Quanto ai motivi di ricorso, che per l’omogeneità dei profili di doglianza mossi,
meritano trattazione congiunta, deve qui essere precisato che sul tema della
legittimazione del creditore ipotecario all’impugnazione dei provvedimento di
sequestro incidenti sulla sua posizione processuale, questa Corte si è già
espressa negativamente con la sentenza oggetto di richiamo da parte dei giudici
del riesame, affermando che in caso di sequestro preventivo disposto su un bene
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In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto, sostiene il

gravato da pegno o da ipoteca, il terzo creditore titolare del diritto reale di
garanzia non è legittimato a chiedere la revoca della misura cautelare, non
essendo la sua posizione giuridica assimilabile a quella del titolare del diritto di
proprietà, la cui sussistenza – essendo giuridicamente incompatibile con la
pretesa ablatoria dello Stato – comporta l’immediata restituzione del bene ai
sensi dell’art. 321, comma terzo, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 10471 del

Questo Collegio condivide le argomentazioni espresse nella sentenza, cui deve
essere data continuità. In particolare, va osservato che non è discussione l’ormai
pacifico e consolidato principio secondo il quale il terzo titolare di un diritto di
credito assistito da garanzia reale non può essere pregiudicato dalla confisca
penale eseguita su quei beni. Sul punto, per quanto possa occorrere, non resta
che ribadire quanto statuito dalle SSUU n 9/1999 riv 213511, Bacherotti e cioè
che: a) “nessuna forma di confisca può determinare l’estinzione dei diritti reali di
garanzia costituiti sulla cosa, in puntuale sintonia col principio generale di
giustizia distributiva per cui la misura sanzionatoria non può ritorcersi in
ingiustificati sacrifici delle posizioni giuridiche soggettive di chi sia rimasto
estraneo all’illecito”; b) “i terzi che vantino diritti reali hanno l’onere di provare i
fatti costitutivi della pretesa fatta valere sulla cosa confiscata, essendo evidente
che essi sono tenuti a fornire la dimostrazione di tutti gli elementi che
concorrono ad integrare le condizioni di appartenenza e di estraneità al reato,
dalle quali dipende l’operatività della situazione impeditiva o limitativa del potere
di confisca esercitato dallo Stato. Ai terzi fa carico, pertanto, l’onere della prova
sia relativamente alla titolarità dello ius in re aliena, il cui titolo deve essere
costituito da un atto di data certa anteriore alla confisca e – nel caso in cui
questa sia stata preceduta dalla misura cautelare reale

ex art. 321 c.p.p.,

comma 2 – anteriore al sequestro preventivo, sia relativamente alla mancanza di
collegamento del proprio diritto con l’altrui condotta delittuosa o, nell’ipotesi in
cui un simile nesso sia invece configurabile, all’affidamento incolpevole
ingenerato da una situazione di apparenza che rendeva scusabile l’ignoranza o il
difetto di diligenza”.
La questione, quindi, che il ricorrente ha sollevato non ha natura di diritto
sostanziale ma solo ed esclusivamente di natura processuale in quanto consiste
nello stabilire quale sia il momento processuale in cui il suddetto diritto può
essere fatto valere e cioè se in via anticipata durante il processo penale o solo in
1
, i
via posticipata e cioè quando, riconosciuta la colpevolezza dell’imputato, il
sequestro si trasforma in confisca. La norma invocata dal ricorrente (art. 321
cod. proc. pen., comma 3) è la norma in base al quale il terzo che assuma di
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12/02/2014 – dep. 05/03/2014, Italfondiario S.p.a, Rv. 259346).

essere lui il proprietario del bene sequestrato, può, in effetti, pacificamente,
proporre istanza di revoca del sequestro, e cioè mentre il processo penale è
pendente, sicché, ove nell’ambito del procedimento incidentale del riesame delle
misure cautelari reali, si accerti che il bene non è di proprietà dell’indagato, il
sequestro è immediatamente revocato.
Si potrebbe, quindi, in analogia a quanto appena detto, ritenere che ciò che vale
per il terzo che assume di essere il proprietario del bene (tutela anticipata) possa

In realtà, come già evidenziato dalla richiamata sentenza, le due situazioni sono
profondamente diverse. Il terzo che assume di essere proprietario del bene
sequestrato, fa valere un diritto (quello di proprietà) che, in quanto
caratterizzato dall’assolutezza, si pone in una situazione di giuridica
incompatibilità con quello vantato dallo Stato che, attraverso il sequestro
finalizzato alla confisca, tende a conseguire lo stesso risultato e cioè di divenire
proprietario – a titolo derivativo (SSUU cit.; SSUU civ. n 10532/2013 riv 626570)
– dello stesso bene rivendicato dal terzo.
È chiaro, quindi, che la suddetta situazione può essere risolta immediatamente
senza attendere l’esito del processo penale perché due diritti assoluti (proprietà)
sullo stesso bene sono giuridicamente inconcepibili: quel determinato bene o è
del terzo o è dell’indagato/imputato: tertium non datur.
Di conseguenza, ove all’esito della procedura di riesame, si accerti che quel bene
è di proprietà del terzo, in buona fede e non colluso, il sequestro non può che
essere revocato proprio perché, a quel punto, diventa del tutto irrilevante
attendere l’esito del processo penale perché, quand’anche l’imputato fosse
condannato definitivamente, il giudizio non potrebbe avere alcun effetto sul bene
di proprietà altrui. Ove, invece, il pubblico ministero riesca a dimostrare che il
bene sequestrato è di proprietà dell’indagato-imputato e che il terzo è solo un
intestatario fittizio, il sequestro rimane fino all’esito del giudizio penale.
Non è questa, invece, la posizione del terzo creditore assistito da un diritto reale
di garanzia.
In questa ipotesi, infatti, il conflitto non è fra due soggetti (terzo -Stato) che
reclamano lo stesso diritto (di proprietà) sullo stesso bene, ma fra un terzo che
vanta un diritto di credito e lo Stato che vanta un diritto di proprietà seppure
all’esito di un processo penale che si concluda con la condanna dell’imputato. Si
tratta di una situazione profondamente diversa sotto il profilo giuridico.
Il creditore, infatti, sebbene assistito da un diritto reale di garanzia caratterizzato
dal cd. ius sequelae, non ha la stessa valenza del diritto dominicale per la
semplice ragione che il bene continua a rimanere di proprietà dell’imputato il
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valere anche per il terzo titolare di un diritto reale di garanzia.

quale, avendone la disponibilità, ben può effettuare su di esso negozi giuridici. Il
conflitto, quindi, è, pur sempre fra un titolare di un diritto di credito (sebbene
assistito da garanzia reale) ed il titolare di (un futuro) diritto assoluto (diritto di
proprietà) che non sono affatto incompatibili fra di loro.
Il legislatore, a tutela del (futuro) diritto ablatorio a favore dello Stato, ha
previsto proprio il sequestro preventivo finalizzato alla confisca (art. 321 cod.

cautelare che tende ad impedire che l’imputato, nelle more del processo, possa
disperderlo frustrando, quindi, l’interesse dello Stato a divenirne proprietario (è
irrilevante, in questa sede, indugiare sulla natura giuridica della confisca).
Se così è, è intuitivo che, ove si consentisse al terzo creditore di “anticipare” la
tutela del proprio diritto fin dal momento in cui il sequestro è stato disposto, la
pretesa ablatoria dello Stato verrebbe frustrata a monte determinando due
inammissibili effetti giuridici: a) l’impossibilità di disporre il sequestro preventivo
su beni gravati da garanzie reali: si tratterebbe di un effetto giuridico non
previsto da alcuna norma e contrario alla uniforme giurisprudenza di questa
Corte: ex plurimis Cass. 28145/2013 Rv. 255559; Cass. 288203/2002 Rv.
222749; Cass. 2860/1994 Rv. 198942; b) una pronuncia (rectius: il capo della
sentenza che dispone la confisca del bene di proprietà dell’imputato condannato)
inutiliter data ove il bene, nelle more del processo penale, fosse disperso
rendendo, quindi, impossibile allo Stato di attuare la sua pretesa ablatoria.
Di conseguenza, la pretesa del ricorrente di ottenere la revoca del sequestro al
fine di consentirgli di soddisfarsi sul bene deve ritenersi inammissibile perché le
due posizioni (quella del creditore e quella dello Stato) sono sì in conflitto ma
/
non in modo tale da essere incompatibili come nel conflitto fra terzo che
rivendichi la proprietà sul bene sequestrato e Stato. Ma, quel conflitto non può
essere regolato in una fase anticipata per la semplice ragione che, durante il
processo, non può ancora parlarsi di diritto ablatorio dello Stato ma solo di
un’aspettativa. Da qui la necessità di attendere l’esito del processo penale e
l’eventuale decisione definitiva sulla confisca perché solo in tale momento il
conflitto fra creditore e Stato da potenziale diventa attuale e concreto e, quindi,
idoneo ad essere risolto attraverso quella che il ricorrente ha chiamato “tutela
posticipata”: infatti, fino a che il processo penale non si conclude, il terzo
creditore, non ha alcuna legittimazione ne’ ad intervenire nel processo ne’ ad
ottenere la revoca del sequestro penale che può essere disposta solo per la
mancanza delle condizioni previste dall’art. 321 cod. proc. pen., comma 1 sulle
quali, però, non ha os ad eloquendum.

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proc. pen., comma 2) che, infatti, non è che una misura temporanea tipicamente

Come poi già rilevato dalla sentenza richiamata, la tesi del ricorrente, infine, non
è condivisibile perché si basa, a ben vedere, su un argomento non strettamente
giuridico e cioè su un argomento di mera opportunità consistente nel fatto che il
creditore, ove fosse costretto a tutelarsi in via posticipata, finirebbe per trovarsi
in una sorta di “limbo del diritto del terzo, in cui non vi sarebbe tutela attuale ma
solo un’aspettativa di tutela da procrastinare sine die in attesa della definizione
di un procedimento di cui egli non è parte e rispetto al quale non può interagire

(affermazione condivisa da questa Corte, nonostante le critiche svolte dalla
difesa avverso l’ordinanza qui ricorsa) al quale si può solo rispondere con il
vecchio canone interpretativo secondo il quale adducere inconveniens non est
argumentum:

ed invero, le regole processuali non si possono distorcere e

modificare a seconda delle urgenze, delle convenienze o di situazioni contingenti.

5. V’è, poi, un ostacolo giuridico all’accoglimento della jretesa difensiva di
legittimazione all’impugnazione del creditore ipotecario, CI che rende evidente
anche la fallacia del richiamo alla giurisprudenza della Corte

tfi.P.V.,.

circa la

pretesa violazione dell’art. 1 del protocollo n. 1; ed infatti, tanto l’art. 322 bis
cod. proc. pen. (norma che regola il giudizio di appello in materia di misure
cautelari reali) nonché l’art. 325 cod. proc. pen. (norma che qui si applica
trattandosi di ricorso in materia di misure cautelari reali), a differenza di quanto
previsto dall’art. 321, comma terzo, cod. proc. pen., non consentono la
legittimazione all’impugnazione all’interessato. In particolare, mentre il comma
terzo dell’art. 321 citato prevede che “Il sequestro è immediatamente revocato a
richiesta del pubblico ministero o dell’interessato quando risultano mancanti,
anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1”,
l’art. 322 bis e l’art. 325 cod. proc. pen., con formulazione analoga, individuano
come legittimati, rispettivamente, a proporre appello cautelare e ricorso per
cassazione contro i provvedimento cautelari reali, in via esclusiva, i seguenti
soggetti: “il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla
quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro
restituzione”. Vero è che, per quanto concerne la persona avente diritto alla
restituzione della res, ai fini della ricorribilità in cassazione, si richiede che essa
abbia una posizione giuridica autonomamente tutelabile in quanto titolare di un
diritto soggettivo o di una situazione di fatto garantita dall’ordinamento, come ad
esempio il possesso (Sez. 6, n. 520 del 10/02/1995 – dep. 27/05/1995, Hoch
Staffl GMBH in proc. Schreiner, Rv. 201436; Sez. 6, n. 3775 del 04/10/1994 –

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in alcun modo”. Si tratta, però, di argomento, per così dire, metagiuridico

dep. 02/11/1994, Rapisarda, Rv. 199929; Sez. 3, n. 42918 del 22/10/2009 dep. 11/11/2009, Soto Londono, Rv. 245222).
E’, tuttavia, altrettanto vero che condicio sine qua non per potersi qualificare
come legittimato all’impugnazione è che il titolare del diritto (nella specie, reale,
di garanzia, come il creditore ipotecario) vanti un diritto alla restituzione, attuale,
del bene oggetto di sequestro, non potendo l’ordinamento tutelare situazioni in
divenire in quanto non ancora definite, nelle quali difetta l’attualità della pretesa

può convenirsi con il ricorrente laddove (v. pag. 4 ricorso) afferma che il
creditore garantito da ipoteca sull’immobile, trascritta anteriormente
all’apposizione del vincolo cautelare, che ha dimostrato la propria buona fede, la
totale estraneità alla commissione dei reati e l’assenza di alcun tipo di
collegamento con la condotta delittuosa dell’imputato, vanti un diritto alla
restituzione “inteso come diritto allo svincolo del bene e alla sua restituzione alla
procedura esecutiva civile, già pendente per il soddisfacimento del proprio diritto
reale di garanzia”. Già la pretesa di ottenere la restituzione non per sé, ma alla
“procedura esecutiva civile”, evidenzia il chiaro difetto di legittimazione del
creditore ipotecario, atteso che, fin quando il bene è nella disponibilità della
procedura esecutiva, il creditore ipotecario è, e resta nell’attualità, solo titolare di
un diritto reale di garanzia e non può vantare alcun diritto alla restituzione
immediata della res sottoposta a sequestro, d’i alchè è palese la carenza di
legittimazione al ricorso come già all’appello cautelare, non potendo qualificarsi
la posizione del creditore ipotecario parificabile a quella del proprietario del bene
né alla posizione di “quella che avrebbe diritto alla loro restituzione”, dovendosi
intendere il condizionale (avrebbe) come riferito, pur sempre, alla posizione
giuridica soggettiva di chi vanti un diritto, in caso di accoglimento, alla
restituzione diretta della res, non potendo certo ritenersi sufficiente il mero
“diritto allo svincolo del bene”, come ipotizzato dal ricorrente.

6. A ciò va aggiunto, per rispondere alla censura difensiva di omessa valutazione
da parte dei giudici del riesame della giurisprudenza della Corte 0.L2 sulla
pretesa violazione dell’art. 1 del protocollo n. 1 (protezione della proprietà), che
è ben vero che l’elemento significativo di maggior rilievo che si trae dalla
giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, nel delineare l’autonomo
concetto di bene tutelato, è quello afferente la garanzia offerta a quelle situazioni
che parrebbero escluse in dipendenza del necessario requisito dell’attualità del
bene. Si vuole alludere a quella giurisprudenza che ha riconosciuto meritevole di

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soggettiva alla restituzione del bene. Ed è questo il caso in esame, posto che non

tutela anche la c.d. “espérance légitime et raisonnable” ovvero la aspettativa
legittima e ragionevole di pervenire al godimento effettivo di un bene.
L’aspettativa tutelata in tanto può essere considerata un elemento patrimoniale
attivo – facente quindi parte del patrimonio del singolo – in quanto essa sia
legittima: il che implica il necessario riferimento a tal fine all’ordinamento
giuridico nazionale del soggetto richiedente; la giurisprudenza della Corte è
infatti costante nel ritenere che, ai fini della tutela de qua è rilevante e decisiva

concretizzato un certo valore patrimoniale sulla base di un sufficiente
fondamento giuridico sul piano interno, che può anche derivare da una
giurisprudenza consolidata (vi veda,

ex multis, Maurice c. Francia [GC], n.

11810/03, CEDH 2005-IX, § 63, nel quale si afferma che la legittima aspettativa
«se rapportait à la manière dont la créance qualifiée de « valeur patrimoniale »
serait traitée en droit interne, et spécialement à la présomption selon la quelle la
jurisprudence constante des juridictions nationales continuerait de s’appliquer à
l’égard des dommages déjà causés»;

nello stesso senso, più recentemente,

anche Draon v. France [GC], no. 1513/03, §§ 70-72, 6 ottobre 2005; and Hasani
v. Croatia (dec.), no. 20844/09, 30 settembre 2010; si noti che il principio per il
quale la nozione di “beni” può riguardare tanto i beni effettivamente esistenti,
quanto i valori patrimoniali, inclusi i crediti, in virtù dei quali il ricorrente può
pretendere di avere almeno una “legittima aspettativa” di ottenere il godimento
effettivo di un diritto di proprietà viene ribadito anche nella nota pronuncia
Pressos Compania Naviera S.A. c. Belgio, 20 novembre 1995).
Tuttavia, dall’analisi delle pronunce della Corte, emerge chiaramente che ai fini
della configurabilità di una “espérance legitime et raisonable” di ottenere il
godimento effettivo di un diritto proprietà è necessario che tale legittima
aspettativa si fondi “sur une base suffisante en droit interne” (in tal senso, ex
pluribus, Depalle c. Francia, [GC], n. 34044/02, § 63, CEDH 2010; Saghinadze e
altri c. Georgia, 18768/05, § 103, 27 maggio 2010; Fabris c. Francia [GC],
16574/08, 7 febbraio 2013; si veda inoltre la sentenza resa nella causa Centro
Europa 7 srl e Di Stefano c. Italia [GC], n. 38433/09, 7 giugno 2012, § 179), con
la conseguenza che, in tutte quelle ipotesi in cui invece vi sia un contrasto in
ordine alla corretta interpretazione ed applicazione della normativa interna,
l’aspettativa del richiedente non viene considerata meritevole di tutela ai sensi
dell’art.1 prot.1 (in tal senso,

ex multis, Kopecky c. Slovacchia, [GC], n.

44912/98, § 50, CEDH 2004-XI, per la quale «on ne peut condure à l’existence
d’une “espérance légitime ” lorsqu’il y a controverse sur la fagon dont le droit
interne doit étre interprété et appliqué et que les arguments développés par le
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la circostanza che il singolo possa ragionevolmente attendersi di veder

requérant à cet égard sont en définitive rejetés par les juridictions nationales»;
nello stesso senso si vedano anche J.A. PYE (Oxford) LTD e J.A. PUE (Oxford)
Land LTD c. Regno Unito[GC], 44302/02, 30 agosto 2007, § 58, e la
recentissima N.K.M. c. Ungheria, n. 66529/11, 14 maggio 2013).
Il che è quanto si verifica nel caso in esame, dove il diritto del creditore
ipotecario, come detto, non può considerarsi pari a quello del titolare del diritto

qualità di legittimato, allo stato attuale, alla restituzione del bene in sequestro
per non essergli riconosciuta dall’ordinamento una posizione processuale, si
ribadisce attuale, meritevole di tutela per le ragioni esplicitate.

7. Alla declaratoria d’inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.
Corte Costituzionale sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a
favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 17 novembre 2015

di proprietà sul bene e – per quanto rileva in questa sede – tale da rivestire la

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