Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9457 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9457 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
1.Abramo Ettore, nato a Roma il 20/12/1966
2.Prearo Paolo, nato a Roma il 21/12/1972;
3.Roberti Davide, nato a Roma il 12/06/1982;
4.Salvatori Daniele, nato a Roma il 17/10/1977;
5.Sciacovelli Massimiliano nato a Roma il 15/10/1969;
6.Vannpo Antonio, nato a Roma il 01/02/1981;

avverso l’ordinanza del 13/07/2015 del Tribunale del riesame di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Corasaniti, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
uditi, per gli imputati, gli avv.ti Patrizio Spinelli, difensore di fiducia di Daniele
Salvatori, Giuseppe Lipera, difensore di fiducia di Davide Roberti, Antonio
Moriconi, difensore di fiducia di Antonio Vampo, Giosuè Naso, difensore di fiducia
di Ettore Abramo, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei rispettivi
ricorsi.

Data Udienza: 06/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza del 13/07/2015 il Tribunale di Roma ha respinto le istanze
di riesame proposte – tra gli altri – dagli odierni ricorrenti avverso l’ordinanza del
18/06/2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma che,
sulla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dei reati di cui agli artt.
74, d.P.R. n. 309 del 1990 (reato associativo non contestato, però, all’Abramo ed

ricettazione di due armi comuni da sparo (reati contestati all’Abramo, al Roberti
ed al Salvatori), aveva applicato nei loro confronti la misura coercitiva personale
della custodia cautelare in carcere.
I ricorrenti (ad eccezione, come detto, dell’Abramo e del Roberti) sono
provvisoriamente accusati di aver costituito un’associazione per delinquere
organizzata in modo “orizzontale”, non verticistico, armata ed operante in Roma,
zona Cinecittà, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, al recupero dei
relativi crediti e al reimpiego dei relativi profitti nell’acquisto di sostanza
stupefacente e di armi di provenienza delittuosa.
Si tratterebbe di un’associazione caratterizzata, come detto, da una
struttura orizzontale, capace di eludere le indagini mediante il ricorso a schede
telefoniche intestate a persona estranee, anche inesistenti, organizzata e
consolidata da duraturi accordi finalizzati alla quotidiana cessione di droga per
mezzo dei “pusher” , dotata di un nascondiglio comune nel quale è detenuta la
droga e di un deposito per le armi (il garage del Vampo).
L’accusa (provvisoria) si alimenta, stando a quanto affermano i giudici del
riesame – che fanno espressamente riferimento all’ordinanza genetica – delle
numerosissime conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate nei mesi da
febbraio a maggio 2014 (nel corso delle quali i presunti sodali facevano ampio
ricorso ad un linguaggio criptico, ma non solo: “eroina”, “roba bona”, “polvere
d’angelo”), dei relativi servizi di osservazione, controllo e pedinamento effettuati
a riscontro del contenuto della conversazioni e finalizzati a ricercarne la chiave di
lettura, dei conseguenti e consistenti sequestri di sostanza stupefacente
(cocaina, hashish, marijuana) e arresti in flagrante detenzione della stessa, delle
dichiarazioni eteroaccusatorie del collaboratore di giustizia Giuseppe Pandolfo.
Quanto all’Abramo ed al Roberti, accusati, insieme al Salvatori, dei reati di
detenzione, porto e ricettazione di due armi comuni da sparo, i relativi gravi
indizi di colpevolezza sono stati tratti dalle conversazioni intercorse tra loro che
avevano consentito alla polizia giudiziaria di rinvenire l’autoveicolo nel quale le
due pistole erano nascoste.

2

al Roberti), e dei relativi reati fine, nonché dei reati di detenzione, porto e

2.Per l’annullamento dell’ordinanza propongono ricorso, per il tramite dei
rispettivi difensori, l’Abramo, il Prearo, il Roberti, il Salvatori, lo Sciacovelli e,
personalmente, il Vampo Antonio.

3.Ettore Abramo propone unico, articolato motivo di impugnazione con il
quale eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, la
contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione.
Il nucleo centrale dell’eccezione si muove intorno a tre considerazioni di

che si è tradotta, nel caso in esame, in una sostanziale mancanza di motivazione
in ordine alle censure mosse nei confronti del provvedimento genetico; b) la
totale mancanza di indizi quantomeno in ordine alla consapevolezza della
presenza delle armi nell’autovettura, niente affatto desumibile dalle poche
conversazioni telefoniche acriticamente riportate nell’ordinanza impugnata, che
non tengono conto del più ampio quadro in cui esse si inseriscono; c) la totale
mancanza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari e all’esclusiva idoneità
della più grave fra esse a farvi fronte.

4.Anche Davide Roberti propone unico motivo di ricorso con il quale
eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza
dell’art. 274, lett. a) e b), cod. proc. pen., e mancanza, difetto e manifesta
illogicità della motivazione in punto di affermata sussistenza delle esigenze
cautelari.
E’ evidente, afferma, che il Tribunale del riesame ha confuso la sua
posizione con quella degli altri ricorrenti, accusati del più grave reato di cui
all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, traendone argomento per ritenere la sua
pericolosità. Questa operazione, conclude, è il frutto della totale trascuratezza
dei temi difensivi proposti con l’istanza di riesame (integralmente trascritti).
Il 27 ottobre 2015 il difensore ha depositato memoria con cui ha
ulteriormente illustrato i motivi di doglianza insistendo nel loro accoglimento.

5.Paolo Prearo e Massimiliano Sciacovelli articolano tre motivi di ricorso.
5.1.Con il primo eccepiscono, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.,
violazione degli artt. 273, cod. proc. pen. e 74, d.P.R. n. 309 del 1990.
Deducono, al riguardo, la totale mancanza dei requisiti strutturali
dell’associazione per delinquere, caratterizzata, nel caso in esame: a) dalla
presenza di soli “capi-organizzatori”, dalla conseguente mancanza di sodali dediti
allo spaccio al minuto della sostanza e di una struttura organizzativa minima; b)
dalla mancanza di stabilità e permanenza nel tempo, posto che le indagini si
sono protratte per soli tre mesi e i reati-fine loro specificamente ascritti sono
3

fondo: a) l’utilizzo della motivazione “per relationem”, certamente ammessa ma

stati consumati in cinque giorni; c) dalla inconciliabilità del ruolo esercitato dal
Salvatori Daniele, contemporaneamente capo di un’autonoma e concorrente
organizzazione dedita anch’essa allo spaccio di sostanze stupefacenti. In sintesi,
concludono, gli elementi individuati nell’ordinanza impugnata sono astrattamente
compatibili con il concorso di persone nel reato continuato di spaccio di sostanze
stupefacenti.
5.2.Con il secondo motivo eccepiscono, si sensi dell’art. 606, lett. b), cod.
proc. pen., la violazione degli artt. 273 e 275, cod. proc. pen. e della legge 16

Lamentano, al riguardo, che il Tribunale ha adottato una motivazione
generalizzata ed onnicomprensiva benché ad essi non sia stata contestata la
detenzione delle armi (circostanza, deducono, valorizzata a fini cautelari)
5.3.Con il terzo motivo, trasversale e comune ai primi due, eccepiscono il
vizio di mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine alle
questioni sollevate con il primo ed il secondo.
Lamentano, in particolare, l’insufficienza e contraddittorietà delle risposte
fornite dal Tribunale del riesame ai temi difensivi testé esposti in ordine alla
sussistenza del reato associativo e delle esigenze cautelari.

6.Daniele Salvatori eccepisce, con unico articolato motivo, la carenza, la
contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
impugnato.
Sulla premessa che il Tribunale del riesame ha fatto esclusivo ricorso alla
tecnica della motivazione “per relationem”, lamenta che in questo modo non è
stata fornita risposta alle questioni poste circa: a) la oggettiva sussistenza della
ipotizzata associazione per delinquere; b) la propria partecipazione ad essa; c) la
sussistenza dei cd. reati-fine; d) la sussistenza delle esigenze cautelari.
Quanto al primo aspetto (l’esistenza del sodalizio) il ricorrente denunzia la
/
mancanza di una stabile struttura operativa preesistente all’attività degli
associati, autonoma e indipendente, distinta dalla (ed insuscettibile di
identificarsi con t la) pura e semplice consumazione dei reati-fine. Mancano gli
investimenti di capitale, il cd. “capitale di partenza”, la divisione degli utili, una
qualsiasi progettualità criminale, una qualsiasi strategia per far fronte a eventi
imprevisti (fughe, arresti, omicidi, defezioni).
Sotto il profilo soggettivo lamenta da un lato la non idoneità e l’insufficienza
t
i
degli elementi indicati dal Tribunale (una telefonata e due SMS, nemmeno
commentati) a provare la sua partecipazione al sodalizio stesso (ammesso che
se ne possa affermare l’esistenza), dall’altro la sua contraddittoria collocazione
1
nell’ambito di una propria associazione in concorrenza con quella capeggiata dal

4

aprile 2015, n. 47.

Vampo, incompatibile con qualsiasi ruolo disimpegnato nell’associazione per cui
si procede, peraltro nemmeno indicato.
Quanto ai reati-fine (che illustra uno ad uno), ne contesta la sussistenza alla
luce degli elementi di prova utilizzati per l’adozione dell’ordinanza cautelare.
Eccepisce, da ultimo, la totale mancanza di indicazione delle esigenze
cautelari, concrete ed attuali, che lo riguardano specificamente avuto riguardo
anche al lasso temporale (un anno e otto mesi) trascorso dai fatti.

7.1.Con il primo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. c), cod. proc. pen.,
l’inutilizzabilità, per violazione degli artt. 267 e 271, cod. proc. pen., delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali e vizio di motivazione sul punto.
Deduce, al riguardo, che le intercettazioni telefoniche ed ambientali sono
state autorizzate in mancanza di indizi di reità compendiati, nelle relative
richieste inoltrate dal PM al G.i.p., dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di
giustizia Giuseppe Pandolfo che avevano ad oggetto, invece, fatti diversi per i
quali egli era stato irrevocabilmente assolto dalla Corte di appello dì Roma (come
da memoria presentata ai Giudici del riesame e del tutto negletta).
7.2.Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e),
cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in
ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato
associativo.
Lamenta, al riguardo, la totale mancanza di prove sul punto e la piena
sovrapponìbilità, semmai, delle condotte accertate con il mero concorso di
persone nel reato continuato di spaccio di sostanze stupefacenti. Non v’è
un’organizzazione gerarchica, una ripartizione di ruoli, un’operatività effettiva e
distinta dai presunti sodali che si spinga, peraltro, oltre il brevissimo periodo di
tempo considerato (14/02/2014 – 02/04/2014).

CONSIDERATO IN DIRITTO

8.Sono parzialmente fondati i ricorsi dell’Abramo e del Roberti; sono
inammissibili tutti gli altri.

9.0ccorre preliminarmente osservare che il Tribunale ha dichiaratamente
limitato la propria valutazione critica del provvedimento oggetto di riesame alle
sole questioni espressamente oggetto di censura, rimandando, nel resto, al
contenuto dell’ordinanza genetica. E’ una tecnica motivazionale che questa Corte
ritiene lecita, quando non sia utilizzata per vanificare l’obbligo di (ri)esaminare i
5

7.Antonio Vampo propone due motivi di ricorso.

presupposti di legittimità del provvedimento coercitivo (Sez. U, n. 919 del
26/11/2003, dep. il 19/01/2004, Gatto, Rv. 2264889; Sez. 6, n. 9752 del
29/01/2014, Ferrante, Rv. 259111).
9.1.Nel caso di specie, come visto, il Tribunale di Roma ha indicato gli
elementi in base ai quali ha ritenuto provata, a fini cautelari, l’esistenza
dell’associazione per delinquere oggetto di provvisoria contestazione che non ha
ritenuto incompatibile con una organizzazione di tipo “orizzontale” non
verticistico. Tra i gravi indizi di colpevolezza, fermo restando quanto si dirà in

elementi indicati a margine della posizione dei ricorrenti interessati, il Tribunale
indica le dichiarazioni etero-accusatorie del collaboratore di giustizia Giuseppe
Pandolfo, di cui dà conto in sede di esame della posizione del Vampo, dalle quali,
però, tranne quest’ultimo, prescindono tutti gli altri ricorrenti. Tali dichiarazioni
hanno fornito l’input investigativo dal quale si sono dipanate le successive
indagini volte ad acquisire i relativi riscontri, individuati – come anticipato – nei
contenuti delle conversazioni intercettate e nei conseguenti sequestri ed arresti
(dei quali il Tribunale dà ulteriormente conto in sede di esame delle posizioni del
Salvatori e del Vampo).
I ricorrenti interessati all’accusa di aver organizzato l’associazione per
delinquere, prescindono del tutto, nei loro ricorsi, dal contenuto di tali
conversazioni ed, in particolare, dalla valorizzazione che ne ha fatto il Tribunale.
Ci si riferisce, in particolare, a quelle intercorse tra il Salvatori e Corsaro Matteo
e che avevano preceduto (per non dire “provocato”) l’arresto di quest’ultimo,
trovato nell’occasione anche in possesso di un foglio manoscritto contenente
“nomi e cifre” (oltre a 823 grammi di hashish e 3,7 grammi di cocaina); alle
conversazioni intercorse tra il Vampo e il Prearo all’interno dell’autovettura del
primo (relative ai consistenti debiti per droga accumulati, per decine di migliaia
di euro, da un tale “Giorgio”), a quelle intercorse con tal Turchetto Andrea,
successivamente arrestato perché colto nella detenzione di 21 grammi di cocaina
cedutigli proprio dal Vampo; alle conversazioni intercorse tra il Prearo, il Vampo
e tal Nardoni nelle quali si fa riferimento alla disponibilità di un luogo comune per
la detenzione dello stupefacente; a quelle intercorse tra il Prearo, lo Sciacovelli
ed il citato Nardoni dalle quali risulta il premio riconosciuto allo Sciacovelli per
aver “presentato al gruppo” un nuovo cliente (tal Dionisi Rodolfo, definito come
“pusherg. A tali conversazioni si aggiungono quelle intercorse tra il Salvatori e
l’Abramo e tra il Salvatori ed il Roberto, che avevano consentito il ritrovamento
delle armi nell’autovettura formalmente noleggiata dal Roberti e le dichiarazioni
del Pandolfo circa la disponibilità di armi da parte del Vampo.
I ricorrenti prescindono altresì dalla esplicita indicazione dei ruoli loro
/
f
“assegnati” sia dall’ordinanza cautelare che da quella impugnata (in quest’ultima
6

ordine alla configurabilità astratta di un simile tipo di associazione e agli ulteriori

si legge anzi che il Salvatori non aveva nemmeno, in sede di riesame, il ruolo
associativo assegnatogli dal G.i.p., affermazione non contrastata in sede di
odierno ricorso) e quando lo fanno utilizzano inammissibilmente dati di fatto
estranei al testo del provvedimento impugnato, genericamente denunziando
l’assenza di elementi idonei a giustificare tale asserzione.
Appare conclusivamente chiara la logica del provvedimento impugnato che
cuce attorno alle dichiarazioni accusatorie del Pandolfo (che richiama per le parti
significative) i riscontri acquisiti secondo le modalità e i termini sopra descritti.

contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato; censure che,
oltretutto, nel far formalmente leva sulla motivazione “per relationem”, in gran
parte fanno inammissibilmente riferimento a elementi investigativi (e dunque a
dati di fatto) estranei al testo del provvedimento impugnato.
E così, in particolare:

Daniele Salvatori propone un proprio modello di associazione per

delinquere che utilizza come metro di paragone per saggiare la contraddittorietà
(con esso e non con il testo) del diverso approdo cui sono giunti i Giudici del
riesame;
– Paolo Prearo e Massimiliano Sciacovelli fanno riferimento a “risultanze
investigative [che] non hanno consentito l’individuazione di spacciatori al
dettalgio” e ad altre in base alle quali il Salvatori sarebbe a capo di una propria
autonoma associazione (come se ciò costituisse motivo astrattamente ostativo
alla contemporanea partecipazione ad altra associazione), nonché ad “elementi
individuati nell’ordinanza impugnata [che] appaiono astrattamente compatibili
anche con la fattispecie di concorso di persone nel reato”;
– Antonio Vampo riporta brani di interrogatori resi al PM dal collaboratore e li
pone in correlazione con la eccepita inesistenza degli indizi di reità sufficienti a
giustificare il ricorso alle intercettazioni telefoniche e ambientali.
Nessuno di essi, dunque, indica, a supporto dell’eccezione del vizio di
motivazione, quali specifiche censure fossero state sollevate nei confronti
dell’ordinanza genetica non esaminate attraverso l’elusiva tecnica della
motivazione “per relationem”.
9.2. Quanto alla sussistenza dell’associazione per delinquere di cui all’art.
74, d.P.R. n 309 del 1990, ed alla differenza rispetto al concorso di persone nel
reato (tema che secondo i ricorrenti sarebbe stato eluso dal Tribunale del
riesame), premesso che, come correttamente ricordato dal Tribunale, non
costituisce requisito dell’associazione per delinquere la struttura gerarchica
(Corte cost., n. 231 del 22/07/2011; Cass. Sez. 1, n. 17027 del 25/03/2003,
Faci, Rv. 224808; Sez. 6, n. 25698 del 15/06/2011, Brusaferri, Rv. 250515), e
che l’aggravante dell’essere l’associazione armata prescinde dalla concreta
7

Non sono quindi giustificate le censure di mancanza, insufficienza e

disponibilità delle armi da parte di ciascun associato, il Collegio rileva che,
diversamente da quanto eccepito, l’ordinanza impugnata:
9.2.1. individua gli elementi di fatto dai quali trae il non manifestamente
illogico convincimento circa l’esistenza di un minimo sostrato organizzativo
strumentale alla realizzazione di uno scopo che si proietta oltre la consumazione
dei singoli reati-fine (la disponibilità di schede intestate a persone diverse dagli
utilizzatori, se non inesistenti, e di un deposito comune della droga, oltre che di
armi);

conseguente riconoscimento del premio al socio che l’ha procurato, i consistenti
debiti per droga maturati dai clienti, il rinvenimento di fogli contenenti nomi e
cifre in occasione dell’arresto del Corsaro) dai quali non è manifestamente
illogico trarre il convincimento della stabilità e permanenza del vincolo
associativo, e ciò a prescindere dalla breve durata temporale delle indagini (due
mesi);
9.2.3.indica le modalità con cui i profitti venivano reinvestiti (il
procacciamento di altra droga e l’acquisto di armi);
9.2.4.descrive i ruoli di ciascun associato.
Occorre peraltro considerare che, come osservato da questa Corte (e la
questione ha rilevanza – come si vedrà – sotto il diverso profilo delle esigenze
cautelari), la fattispecie associativa di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990 è
qualificata unicamente dai reati-fine e non postula necessariamente l’esistenza
dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni del vincolo associativo
tipiche, per esempio, del reato di cui all’art. 416-bis, cod. pen. (Sez. 4, n. 26570
del 11/06/2015, Flora, Rv. 263871; Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014, Alessi, Rv.
261670)
Sono t conclusivamente infondate le censure che riguardano la sussistenza
dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309
del 1990.
9.3.Solamente il Salvatore eccepisce, sotto il profilo del vizio di motivazione,
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati-fine.
Rileva tuttavia la Corte che le censure si fondano sul confronto diretto con
t
dati estranei al testo del provvedimento impugnato, prescindendo da quanto
affermano i Giudici del riesame circa la consapevolezza del Salvatori in ordine
alla presenza delle armi nell’auto noleggiata dal Roberti, jul sistematico ricorso a
schede telefoniche intestate a terze persone e al contestuale utilizzo di un
linguaggio criptico e cifrato per dissimulare il reale contenuto delle conversazioni
intercorse con il Corsaro, il Roberti ed il Galoni, e le circostanze che avevano
permesso l’arresto del Corsaro (e ciò a prescindere dal fatto che i Giudici del

8

9.2.2.fa riferimento a fatti (la presentazione del nuovo cliente al gruppo, con

riesame affermino che le censure del ricorrente si erano concentrate solo su
questo specifico episodio).

10.Quanto ai reati ascritti all’Abramo (la detenzione e il porto delle armi
provento di furto detenute nell’autovettura noleggiata da Roberti Davide), il
Tribunale del riesame valorizza la riconducibilità del possesso dell’auto anche al
ricorrente quale fatto gravemente indiziante della sua corresponsabilità. Tale
circostanza, unita al fatto che l’autovettura era stata formalmente noleggiata dal

stessa era stata prelevata dalla polizia giudiziaria (telefonata negata
dall’Abramo) ha indotto i Giudici del riesame a condividere la decisione assunta
dal G.i.p. sul punto.
10.1.Gli argomenti difensivi che oppone il ricorrente sono in parte del tutto
infondati (non potendosi qualificare la motivazione assunta dal Tribunale come
una motivazione

“per relationem3, in parte fondati sull’inammissibile richiamo

alle fonti di prova al fine di sollecitarne l’esame diretto da parte di questa Corte.
10.2.Quel che rileva, in questa sede, è che il ragionamento utilizzato dai
Giudici del riesame per trarre da un fatto noto (il possesso dell’auto) la
conseguente attribuzione della responsabilità per il reato provvisoriamente
ascritto all’Abramo non è manifestamente illogico. In questo contesto, oltretutto,
la decisione del ricorrente di cambiare ristorante presso il quale normalmente si
recava a pranzo con il Salvatori, presa nel corso della conversazione telefonica
con cui quest’ultimo aveva appena comunicato all’amico che gli avevano rubato
la macchina, non appare una congettura, soprattutto se si considera che tale
contatto telefonico era stato negato dall’Abramo. La lettura che questi ne
propone costituisce pertanto solo un’inammissibile tentativo di fornirne
un’interpretazione alternativa.

11.Con riferimento alle misure custodiali applicate ai ricorrenti gravemente
indiziati del reato di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990, premette la Corte che,
anche a seguito delle modifiche introdotte con legge 16 aprile 2015, n. 47, è
rimasta immutata la presunzione relativa di pericolosità e di adeguatezza della
sola custodia cautelare in carcere già prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc.
pen., come interpolato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 22
luglio 2011.
11.1.Non hanno dunque pregio le eccezioni volte a superare il dato
normativo mediante il puro e semplice richiamo alla mancanza di concretezza e
attualità del pericolo (che il legislatore presume) o alla onnicomprensività della
valutazione, in totale assenza di deduzioni sulla mancanza di operatività della
associazione (o del vincolo associativo) al momento dell’adozione dell’ordinanza.
9

Roberti e alla conversazione telefonica intercorsa con il Salvatori dopo che l’auto

Del resto, la cessazione dell’attività di indagine non equivale automaticamente
alla cessazione dell’attività illecita oggetto di accertamento. La cessazione delle
indagini preliminari, legate a logiche procedurali del tutto avulse dal fenomeno
illecito monitorato, può derivare dalla scelta del PM allorquando ritenga di aver
acquisito elementi sufficienti a dimostrare l’assunto accusatorio. Quel che conta è
che dalle prove assunte possa trarsi il ragionevole convincimento della
persistenza dell’associazione per delinquere, tema che nessuno ha contestato,
non sottoposto all’attenzione dei Giudici del riesame e nemmeno utilizzato negli

11.2.E’ un dato di fatto che il Tribunale afferma perentoriamente
l’inesistenza di elementi di segno contrario alla presunzione relativa di
pericolosità e adeguatezza della custodia cautelare in carcere e che contro i
presupposti fattuali di questa affermazione nessuno dei ricorrenti prende una
specifica posizione.

12.Sono invece fondati i ricorsi dell’Abramo e del Robert’.
12.1.La valutazione delle esigenze cautelari relative al primo è totalmente
mancante. Sicché si concretizza il vizio di omessa motivazione eccepito
dall’Abramo.
12.2.11 Robert’, che come l’Abramo non risponde del reato associativo,
lamenta esclusivamente l’insufficiente motivazione del Tribunale in ordine alla
valutazione delle esigenze cautelari.
Il rilievo è fondato.
La posizione del Roberti è stata indiscutibilmente valutata insieme con quella
degli associati senza alcuna specifica ed autonoma valutazione né della
peculiarità della sua posizione, né degli articolati motivi di riesame integralmente
trascritti nel ricorso.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata nei confronti
dell’Abramo e del Roberti, limitatamente alle esigenze cautelari, con rigetto, nel
resto, del ricorso dell’Abramo.
Gli altri ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen.,
non potendosi escludere che sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent.
7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del
versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa
equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 1000,00,
ciascuno.

10

odierni ricorsi.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata nei confronti di Abramo Ettore e Robert’
Davide, limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale di Roma in
diversa composizione.
Rigetta nel resto il ricorso dell’Abramo.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Salvatori Daniele, Prearo Paolo, Sciacovelli
Massimiliano e Vampo Antonio, che condanna al pagamento delle spese

Cassa delle Ammende.
Così deciso il 06/11/2015

processuali e al versamento, ciascuno, della somma di C 1.000,00 in favore della

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