Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9455 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9455 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) TAURO TONIO N. IL 06/03/1964
avverso la sentenza n. 951/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
27/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Comk. , t(j_ V.¢.1)
(t.A.ALL50 tptdt._ (1) L■A
che ha concluso per .9 r ckmuu..

Udito, per

arte civile, l’Avv

Uditi(difensortAvv. PflJ01<-42 ,2-hu), (24( 1.1-4 c&ifi-L-Cb (Ad N esi.40 f CiAm udizeu.azit, Data Udienza: 20/11/2012 Ritenuto in fatto Con sentenza del 3/2/2011 il GIP di Brindisi, a seguito di giudizio abbreviato, riconosceva Tauro Tonio colpevole del reato di cui all'art. 73 DPR 309/90, perché trasportava senza autorizzazione e fuori dei casi di cui all'art. 75 dello stesso decreto sostanza stupefacente di tipo cocaina, nonché deteneva presso l'abitazione con finalità di successiva rivendita sostanza stupefacente dello stesso tipo, oltre a un limitato quantitativo di sostanza stupefacente di tipo marijuana e, condannava, con la diminuente del rito, alla pena di anni 4 di reclusione e euro 18.000,00 di multa (fatti del 7/10/2010). A seguito di appello interposto dall'imputato, con sentenza del 27/10/2011, la Corte d'Appello di Lecce riconosceva l'attenuante prevista dall'art. 73 co. 5 DPR 309/1990, ritenuta equivalente, insieme alle attenuanti generiche, alla recidiva e confermava la pena inflitta. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato deducendo: 1) Violazione dell'art. 606 co. 1 lett. B) CPP in relazione all'art. 597 co. 4° C.P.P. Osserva che la fattispecie di lieve entità di cui all'art.73 comma 5 DPR 309/90 si configura come attenuante ad effetto speciale, per la quale la legge determina la misura della pena in modo indipendente rispetto a quella per il reato e che il riconoscimento della stessa deve necessariamente comportare una diminuzione della pena irrogata in primo grado ai sensi dell'art. 597 comma 4 CPP, talché il giudice del merito era incorso nella violazione di tale ultima norma omettendo di diminuire la pena inflitta. 2) Violazione dell'art. 606 co. 1 lett. E) CPP in relazione all'art. 132 CP Si deduce mancanza assoluta di motivazione in relazione alla determinazione della pena inflitta in conseguenza della ritenuta ipotesi di lieve entità di cui al comma 5 dell'art. 73 DPR 309/90 e all'esplicitazione dell'iter logico che ha condotto alla conferma della sentenza del primo giudice. Considerato in diritto E' fondata la censura attinente alla violazione del divieto di reformatio in peius di cui all'art. 597 c. 4 CPP. Vale in proposito richiamare il principio interpretativo affermato dalle SU di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 40910 del 27/09/2005) con riferimento all'art. 597 c.p.p. Tale norma è ritenuta non limitata a sancire, al terzo comma, il divieto della "reformatio in peius", ma atta a introdurre, al quarto comma, una con le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata recidiva, lo disposizione volta a "rafforzare il divieto della reformatio in peius", in modo da evitare la sostanziale elusione del medesimo divieto fondata sulla riferibilità alla sola pena complessivamente inflitta, consentendo di lasciare privo di conseguenze il riconoscimento di attenuanti, l'esclusione di aggravanti o il proscioglimento da alcune delle imputazioni contestate come concorrenti. Osservano le Sezioni Unite che "proprio a seguito dell'introduzione di una previsione innovativa, come quella contenuta nel quarto comma dell'art. 597 soprattutto sotto Il vigore dell'art. 515 co. 3 c.p.p. del 1930, in base al quale il divieto della "reformatio in peius " andava riferito alla pena in definitiva irrogata e non ai singoli elementi che la compongono ed ai calcoli effettuati per giungere alla determinazione complessiva di essa. Deve, quindi, affermarsi che il divieto di "reformatio in peius" riguarda - oggi - non soltanto il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena. La disposizione contenuta nel quarto comma dell'art. 597 c.p.p. individua, infatti, quali elementi autonomi, pur nell'ambito della pena complessiva, sia gli aumenti o le diminuzioni apportati alla pena base per le circostanze, che l'aumento conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione. Conseguenza di tale autonomia non è solo l'obbligatoria diminuzione della pena complessiva, in caso di accoglimento dell'appello in ordine alle circostanze o al concorso di reati, anche se unificati per la continuazione, come espressamente previsto dall'art. 597 co. 4 c.p.p., ma anche l'impossibilità di elevare la pena comminata, per detti singoli elementi, pur risultando diminuita quella complessiva a seguito dell'accoglimento dell'appello proposto con riferimento non alle circostanze o al concorso di reati, ma per altri motivi. Il divieto di aumento di pena consegue all'effetto devolutivo dell'appello, di cui all'art. 597 co. 1 c.p.p., che riafferma un principio già contenuto nell'art. 515 co. 1 del codice di rito del 1930. La previsione normativa secondo cui l'appello attribuisce al Giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai "punti della decisione" ai quali si riferiscono i motivi proposti, non si limita a circoscrivere l'ambito oggettivo entro cui il Giudice di secondo i grado può operare, ma, con l'esplicito riferimento ai "motivi proposti", lascia chiaramente intendere che, entro quell'ambito oggettivo, la decisione non può che essere nel senso dello accoglimento o della reiezione, in tutto o in parte, dei suddetti motivi i quali, a loro volta, come è dato rilevare dal testuale tenore dell'art. 581 c.p.p., sono strettamente collegati alle "richieste", cioè al "petitum" sostanziale dell'impugnazione, rappresentando, rispetto ad esso, per mutuare le categorie civilistiche, l'equivalente della "causa petendi". Dalle esposte considerazioni discende che, in caso di condanna dell'imputato, in primo grado, per un reato aggravato, quando venga esclusa, su mera impugnazione dello c.p.p. appare, infatti, superato l'orientamento giurisprudenziale, formatosi stesso, la circostanza aggravante contestata, il Giudice dell'appello, pur irrogando una pena inferiore a quella comminata nel precedente grado di giudizio, non può assumere, come pena base, una di entità maggiore di quella determinata in primo grado". Nel caso in esame la Corte di merito non ha applicato il suesposto principio, giacché, a seguito d'impugnazione del solo imputato, ha riconosciuto la circostanza attenuante del V comma dell'art. 73 D.P.R. 09/10/1990, n. 309, complessivamente irrogata invariata rispetto alla precedente decisione, senza tener conto, come avrebbe dovuto, del minor disvalore del fatto comunque conseguente al riconoscimento dell'attenuante. Invero, confermando l'entità della pena, pur a seguito del riconoscimento dell'attenuante suddetta, la Corte ha tenuto conto nel computo di una pena base pecuniaria superiore al minimo edittale (pari a C 27.000 in luogo di C 26.000) pervenendo, con la diminuzione del rito, alla determinazione di una pena di C 18.000,00, superiore al il limite sanzionatorio minimo, nella specie individuabile in C 17.333,33 ( pari a C 26.000,00-1/3). Poiché la pena pecuniaria irrogata in primo grado è superiore ai limiti edittali, e, quindi, suscettibile di aggiustamento in diminuzione, è evidente che il giudice d'appello non ha tenuto conto della minore gravità del fatto in ragione dell'incidenza della riconosciuta attenuante, in tal modo violando il principio di divieto di reformatio in peius. In conformità a tale divieto, infatti, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto tener conto ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio della minore gravità del fatto accertata a seguito del riconoscimento dell'attenuante ad effetto speciale. La sentenza, pertanto, va annullata con riferimento al trattamento sanzionatorio, con rinvio al giudice del merito che si atterrà nella determinazione del trattamento sanzionatorio al principio di divieto di reformatio in peius nei termini sopra esplicitati, restando assorbito a seguito dell'accoglimento del primo motivo l'esame del secondo motivo d'impugnazione. P.Q.M. La Corte: Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Lecce per l'ulteriore corso. Così deciso in Roma il 20/11/2012 Il Co sigliere relatore CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Il Presidente confermato giudizio di equivalenza tra le aggravanti e mantenendo la pena

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