Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9454 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9454 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) MINARELLI ANNA N. IL 08/01/1960
2) GAIANI ALESSANDRO N. IL 01/03/1963
avverso la sentenza n. 2097/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 29/03/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (gAA.0…(0.4..t. (ADII CL
che ha concluso per ‘ ■ e 9-‘19 0(.94 cm>4

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/11/2012

Ritenuto in fatto
Con sentenza del 28/6/2011 la Corte d’Appello di Bologna, concedendo la non
menzione al secondo imputato, confermava nel resto la sentenza con la quale il
Tribunale di Bologna aveva ritenuto Minarelli Anna e Gaiani Alessandro (tratti a
giudizio insieme con due altri coimputati in seguito assolti) colpevoli del reato di
cui all’art. 590 c.p.p. co. 1, 2 e 3 c.p., commesso il 13/4/2004, poiché, in
qualità, rispettivamente, di responsabile tecnico aziendale della Olmeta s.r.l. e di

imprudenza imperizia e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni
sul lavoro, cagionavano lesioni personali gravi (frattura femorale pertocanterica
chiusa del femore), dalle quali derivava una malattia con durata superiore ai
quaranta giorni, al lavoratore Nasah Mustapha Ben Nbrarek, nonché
l’Indebolimento permanente dell’organo della deambulazione. In particolare,
perché omettevano di dotare il predetto di alcun sistema di ritenuta o protezione
contro le cadute al suolo, mentre era intento ad effettuare la riparazione di un
buco presente in un muro e si trovava sopra un ponteggio mobile con ruote
all’altezza di quattro o cinque metri, omettendo, altresì, di vigilare sulla
esecuzione del lavori in regime di sicurezza. I predetti, con la concessione delle
attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, erano condannati
alla pena di mesi due di reclusione ciascuno, oltre al risarcimento dei danni nei
confronti della parte civile, in favore della quale veniva liquidata una
provvisionale di euro 15.000,00.
In fatto era accaduto che il lavoratore, il quale operava presso lo stabilimento
Co.Ge.Frin. S.p.a. nel cantiere della ditta Olmeta s.r.I., alle dipendenze di
quest’ultima, scivolava mentre tentava di salire sul ponteggio, in ragione
dell’assenza di appigli (parapetti) all’ultimo piano (piano dl lavoro), in tal modo
rovinando al suolo e riportando in seguito alla caduta le sopradescritte lesioni,
essendo, altresì, il ponte mobile privo di scale interne ovvero di altri sistemi di
ritenuta contro le cadute al suolo.
Avverso la sentenza proponevano ricorso per cessazione entrambi gli imputati.
Minarelli Anna deduceva, con unico motivo, erronea applicazione di legge (art.
606 lett. b) c.p.p. in relazione agli artt. 21 e 22 D.Igs. 626/1994
Osservava che non le poteva essere imputato alcun rimprovero fondato sulla
posizione da lei rivestita di direttore del servizio di prevenzione e protezione e di
direttore tecnico riguardo all’omessa cura di adeguata informazione e formazione
del lavoratore in merito agli apprestamenti di difesa da utilizzarsi per accedere al
ponteggio e all’omessa vigilanza sull’uso delle attrezzature.
Sotto il primo profilo, pur muovendo dal presupposto normativo che il
Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ha il compito ex lege di

rappresentante della ditta Go.Ge.Frin., per colpa consistente in negligenza,

valutare i rischi connessi alle attività lavorative e le misure di sicurezza
necessarie a fronteggiarli, nonché, ai sensi dell’art. 9 D.Igs 494 1996, di fornire
ai lavoratori le informazioni ex art. 21 del medesimo decreto, rilevava che, in
ogni caso, gli obblighi in questione concernevano esclusivamente i lavoratori che
necessitavano di formazione rispetto all’attività ed alle lavorazioni agli stessi
affidate dal datori di lavoro, senza che tale compito potesse ritenersi esteso alle
diverse operazioni in concreto eseguite, come pacificamente avvenuto nel caso di
tutto privo di esperienze professionali specifiche preg resse.
Rilevava che l’addebito di responsabilità nei suoi confronti non poteva neppure
essere riferito alla qualità di direttore tecnico di cantiere. Pur condividendo
l’assunto in forza del quale “il direttore tecnico di cantiere rientra tra le figure
tipiche titolari di autonoma posizione di garanzia in quanto destinatario
dell’obbligo di dare attuazione alla normativa in tema di sicurezza sul lavoro”,
osservava che l’infortunio era avvenuto quando le lavorazioni di competenza di
Olmeta s.p.a. si erano già esaurite e in esecuzione di un compito affidato alla
persona offesa non già dal datore di lavoro, ma da soggetto (il Galiani) che
aveva violato le disposizioni del piano di coordinamento per la sicurezza, le quali
prevedono che il direttore dei lavori si rapporti non al singolo lavoratore ma al
direttore di cantiere della ditta alle cui dipendenze lavora il soggetto.
Il Galiani, a sua volta, deduceva la violazione degli artt. 41 cpv. 42, 43, 590 c.p.
in relazione all’art. 606 lett. B) c.p.p. e la carenza di motivazione della sentenza
in relazione all’art. 606 lett. e) c.p.p. Osservava che non era configurabile un suo
obbligo giuridico di impedire l’evento rilevante ex art. 40 c.p., dato che egli non
era né imprenditore, né direttore dei lavori, né responsabile tecnico e che il suo
ruolo di coordinatore delle imprese operanti sul cantiere escludeva una qualsiasi
sua situazione giuridicamente rilevante come posizione di garanzia, tanto più che
il cantiere aveva una struttura giuridico-organizzativa congrua per quanto attiene
alla sicurezza, sulla quale vi era fondata ragione di fare affidamento, né la
disposizione alla parte offesa di effettuare il banale lavoro di cui era stata
Incaricata era tale da determinare in lui il ruolo di garante della sicurezza del
lavoratore.
Osservava, inoltre, che non gli era attribuibile alcuna violazione di norme
cautelari, talché era da escludere l’elemento obbiettivo della colpa: essendo
quella compiuta dal lavoratore operazione estremamente semplice da eseguirsi
con utilizzazione di un usuale strumento, non era configurabile una regola
cautelare che imponesse a chi ha disposto il lavoro dl seguirne de visu
l’esecuzione.

specie. Osservava, altresì, che l’infortunio era occorso ad un soggetto non del

Rilevava, infine, la carenza dell’elemento subiettivo della colpa, stante la sua
legittima aspettativa di rivolgersi ad un muratore mediamente capace,
adeguatamente addestrato e dotato di strumenti antinfortunistici, elementi tutti
sui quali egli aveva ragione di fare affidamento, trattandosi, tra l’altro, di
operazione compatibile con la qualifica dell’operaio.
Con il secondo motivo rilevava la violazione dell’art. 69 c.p., nonché la carenza e
contraddittorietà di motivazione in ordine al giudizio di prevalenza delle concesse

Osservava che la corte di merito a tal riguardo non aveva tenuto conto del
comportamento tenuto dall’imputato, che non si era sottratto al dovere di offrire
un contributo per l’esauriente ricostruzione del fatto, si era adoperato per
coordinare l’intervento di soccorso dell’infortunato, aveva risarcito il danno.
Con il terzo motivo deduceva nullità della sentenza per mancanza e
contraddittorietà di motivazione in punto di mancata conversione della pena
detentiva inflitta.
Considerato in diritto

Va preliminarmente rilevato che il reato è estinto per prescrizione. Trattasi,
infatti, di delitto commesso il 13/4/2004, per il quale il termine prescrizionale si
è compiuto il 13/2/2012, avuto riguardo alla previsione di cui all’art. 157 c.p.,
all’aumento dovuto a interruzione nella misura di 1/4 previsto dall’art. 161 comma
2 c.p.p. (per un complessivo periodo di sei anni e mezzo), nonché alla
Intervenuta sospensione del termine per la durata di 60 giorni a seguito di
legittimo impedimento.
Non ricorrendo, pertanto, per un verso elementi attestanti con evidenza la
mancata colpevolezza degli imputati, e, per altro verso, la radicale
Inammissibilità dell’impugnazione, deve disporsi l’annullamento senza rinvio della
sentenza relativamente alle statuizioni penali, con dichiarazione della predetta
causa di estinzione del reato, restando assorbiti nella pronuncia i motivi di
ricorso formulati dal Galiani in via subordinata, pure attinenti a dette statuízioni.
Tanto premesso, ai fini della decisione in ordine alle statuizioni civili correlate alla
sentenza devono in ogni caso essere valutate le doglianze di cui ai motivi
d’impugnazione.
Rileva la Corte che i ricorsi proposti dagli imputati risultano infondati.
Specificamente, per quanto riguarda la doglianza avanzata dalla Minarelli, non è
ravvisabile la dedotta violazione di legge.
Va premesso che, secondo l’assunto contenuto in sentenza, rimasto
incontroverso, “era provato che il lavoratore aveva utilizzato un ponte mobile
non conforme al requisiti di sicurezza previsti dalla legge (mancava un sistema di

attenuanti generiche rispetto alla contestata aggravante (art. 606 lett. e c.p.p.).

blocco delle ruote) e lo aveva utilizzato in modo improprio (salendo dall’esterno
anziché dall’interno), senza essere stato informato dei rischi specifici connessi né
sulle corrette modalità di utilizzo”. Ciò posto, correttamente la responsabilità
della Minarelli viene ravvisata, stante la duplice qualità della predetta e
l’accertata proprietà in capo alla Olmeta s.r.l. del trabattello privo dei necessari
requisiti di sicurezza e necessitante per l’uso d’imbragatura e ancoraggio ogni
due piani, nella omissione da parte sua, nella veste di direttore tecnico della

mezzi di salvaguardia da utilizzare da parte dei lavoratori propri dipendenti per
accedere al ponteggio, oltre che nell’omessa vigilanza sull’uso di attrezzature
richiedenti particolari modalità di accesso dall’interno.
Non può, infatti, disconoscersi la fondatezza del rilievo in forza del quale,
secondo quanto affermato dai giudici di merito, erano esigibili nei confronti della
ricorrente gli obblighi di prevenzione di legge, giacché, unendo ella la funzione di
direttore tecnico e di responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, non
era realistica l’ipotesi che lo stato del trabattello non le fosse noto, e, al
contempo, per aver appaltato tutte le opere murarie, rientrava nei compiti della
Olmetta s.r.l. la stuccatura dei muri nel soffitto (attività in esecuzione della quale
il lavoratore era incorso nell’infortunio), anche se i lavori erano terminati e il
lavoratore era lì presente per sgomberare il cantiere.
Quanto alla posizione del Gallani, non può disconoscersi la sua responsabilità,
posto che la sentenza di merito, con argomentazione logica e congrua, ha posto
in luce la posizione di garanzia che deriva dall’aver dato al lavoratore un ordine
diretto, anomalo e non consentito (come accertato nella sentenza di primo
grado), pur possedendo in ragione del ruolo svolto le competenze, tecniche e di
esperienza, per rendersi conto della pericolosità del trabattello, senza peraltro
fornire istruzioni adeguate e sorvegliare il lavoro in quota (circostanza di cui si dà
atto a pg 19 della sentenza d’appello).
Nessuna violazione di legge o vizio motivazionale sono, pertanto, riscontrabili in
punto di affermazione della responsabilità dell’imputato.
Tutte le ragioni esposte inducono alla conferma le statuizioni della sentenza
concernenti gli interessi civili.
P.Q.M.

La Corte:
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione; conferma le disposizioni della sentenza che concernono gli interessi
civili.

5

predetta società, di adeguata informazione e formazione riguardo all’uso dei

Così deci • in Roma il 20/11/2012
Il Consigli re relatore

Il Presidente

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IV Sezione Penale

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