Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9453 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 9453 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
i. RAVE Paolo, n. a Ortona il 30\7\1980
2. CIARELLI Massimo, n. a Pescara il 25\9\1983
3. ATTANASIO Pio, n. a Napoli il 4\5\1977
4. D’AMICO Alessandro, n. ad Atri il 28\9\1976
5. MELE Ciro, n. a Napoli il 26\6\1959
6. MELE Carmine, n. a Napoli il 16\1\1985
7. FIORENTINO Salvatore, n. a Napoli il 25\1\1976

avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila del
29\4\2011 (n. 3083\10);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale dr. Carmine
Stabile, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
Udito l’Avv. Salvatore Lepre per il Mele Ciro, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO in FATTO
1. Con sentenza del 15\1\2010 il G.U.P. del Tribunale di Pescara, in sede di
rito abbreviato, condannava Rave Paolo, Ciarelli Massimo, Attanasio Pio,
D’Amico Alessandro, Mele Ciro, Mele Carmine e Fiorentino Salvatore, alla pena
di legge per plurimi delitti di cui all’art. 73 T.U. 309 del 1990 (acc. in Pescara
Osservava il Tribunale che dalle indagini svolte dai Carabinieri di Pescara ed in
particolare da intercettazioni, era stata scoperta una vasta attività di traffico di
stupefacenti gestita da tale Rave Paolo. Questi era solito approvvigionarsi della
sostanza tramite Martinelli Manuel, Lepore Carlo, Ciarelli Massimo e Ciarelli
Domenico (“Gino”). In un secondo momento, avvalendosi dell’opera di
mediazione di Attanasio Pio, aveva scavalcato i fornitori pescaresi, rivolgendosi
direttamente ai fornitori napoletani Mele e Fiorentino.
Con sentenza del 29\4\2011 la Corte di appello di L’Aquila confermava quasi
totalmente la sentenza di condanna, assolvendo da alcuni capi di imputazione il
Rave, riducendo la pena a suo carico ed a carico di Attanasio Pio e D’Amico
Alessandro.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli
imputati, lamentando :
2.1. per RAVE Paolo : a) violazione di legge e l’omessa motivazione sul punto,
per non avere il giudice di merito rilevato la inutilizzabilità delle intercettazioni
per difetto di motivazione delle autorizzazioni del G.I.P.; b) la violazione di
legge ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento
dell’attenuante del fatto di lieve entità, non avendo la corte di merito tenuto
conto che l’attività svolta dal Rave non era stata determinata da finalità di
profitto, ma dalla necessità di approvvigionarsi di droga anche per uso
personale e ciò incideva sulla intensità del dolo e sul complessivo disvalore del
fatto; c) la erronea applicazione della legge laddove il G.U.P. aveva condannato
gli imputati in solido al pagamento delle spese processuali, senza tener conto
che il vincolo di solidarietà era stato abrogato dalla legge 69 del 2009.
2.2. per CIARELLI Massimo : a) il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
penale responsabilità dell’imputato per il fatto del 23\1\09 a fronte di
intercettazioni che non avevano significato univoco, anche alla luce del fatto
che esso non era ripetitivo nell’uso di parole criptiche e, pertanto, non se ne
poteva dedurre avere un significato nascosto. Inoltre da nessun elemento
poteva dedursi che l’imputato avesse acquisito il “possesso” della droga per
poter configurare la illecita detenzione. Anche le accuse di cui ai capi B), EE),
II) e KK) erano prive di riscontri.
2.3. per ATTANASIO Pio : a) il vizio di motivazione in relazione alla condanna,
avendo il giudice di appello fatto mero rinvio alle argomentazioni del giudice di
primo grado; b) la mancanza di motivazione in ordine all’invocato
riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità ai sensi del V comma
dell’art. 73.
2.4. per D’AMICO Alessandro : a) ha svolto i prime tre motivi in analogia a
quanto già detto per il Rave; b) inoltre lamenta il vizio di motivazione in
relazione al diniego delle attenuanti generiche, considerato che i precedenti
penali erano risalenti nel tempo.

a

dal settembre 2008 al gennaio 2009).

responsabilità per il capo mm), basata su intercettazione di equivoco contenuto
e che in ogni caso non davano conto della partecipazione del Mele Carmine
all’incontro del 28\10\08 tra Ciarelli Massimo (pescarese) e Mele Ciro
(napoletano); b) In ogni caso il giudice di merito non aveva valutato la
sussistenza dell’attenuate della minima partecipazione; c) il difetto di
motivazione sulla mancata estensione massima delle concesse attenuanti
generiche.
2.6. per FIORENTINO Salvatore : a) la violazione di legge ed il vizio di
motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per i fatti addebitatigli (capo
MM) e ult. capo imp.) in considerazione della genericità dell’accusa non
suffragata da univoci elementi di prova e sulla base di intercettazioni di difficile
interpretazione; b) il vizio di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche
2.7. per MELE Ciro : a) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine
alla condanna pronunciata dalla corte territoriale sulla base di una motivazione
“per relationem” alla sentenza di primo grado la quale, a sua volta,
riproduceva sostanzialmente la motivazione dell’ordinanza cautelare. Pertanto
la pronuncia della corte non aveva alcun contenuto critico in relazione ai motivi
di appello formulati; b) il difetto di motivazione sul diniego delle attenuanti
generiche, basato su un generico richiamo agli “inquietanti” precedenti penali.
Con memoria depositata in data 9\11\2012 il difensore dell’imputato ha
ulteriormente lamentato la carenza motivazionale della sentenza di appello.

CONSIDERATO in DIRITTO
3. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.
4. In relazione alla doglianza di natura processuale formulata da Rave Paolo,
circa la inutilizzabilità delle intercettazioni, va rilevato che la censura formulata
è priva di specificità e di autosufficienza.
Va ricordato che questa Corte, ha più volte ribadito che qualora venga eccepita
in sede di legittimità l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, è onere
della parte indicare specificamente l’atto che si afferma essere affetto dal vizio
denunciato e curare che tale atto sia comunque effettivamente acquisito al
fascicolo trasmesso al giudice di legittimità, magari provvedendo a produrlo in
copia nel giudizio di cassazione. In difetto, il motivo è inammissibile per
genericità, non essendo consentito al giudice di legittimità di individuare l’atto
affetto dal vizio denunciato (cass. IV, 32747\2006, imp. Pizzinga, rv. 234809).
Nella specie, come detto, il ricorrente non ha indicato i decreti che sarebbero
affetti dal vizio dedotto, ne’ li ha prodotti, venendo meno, pertanto, al rispetto
dell’onere di autosufficienza del ricorso.
In ogni caso, sul punto, il giudice di merito, ha evidenziato, con congrua
motivazione, la regolarità procedurale dell’autorizzazione alle intercettazioni e
delle modalità di esecuzione delle operazioni, dando atto della pertinenza delle
motivazione del G.I.P. nei decreti, il quale ha fatto esplicito riferimento ai gravi
indizi emergenti dai rapporti del Rave con Di Bartolomeo Francesco.
4.1. In ordine al mancato riconoscimento della attenuante del fatto di lieve
entità, la corte di merito ha fondato la decisione sulla “professionalità”
manifestata dal Rave nell’attività di spaccio.
3

2.5. per MELE Carmine : a) il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta

Rv. 192325).

La valutazione della corte distrettuale è esente da censure, tenuto conto degli
orientamenti di questa Corte regolatrice la quale ha affermato che la
circostanza attenuante speciale del fatto di lieve può essere riconosciuta solo in
ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato
qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione
(mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga
meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante
l’eventuale presenza degli altri (cass. sez. Un. Sentenza n. 17 del 21/06/2000 Ud.
(dep. 21/09/2000), Rv. 216668).

Sulla base di tali insegnamenti il giudice del merito, a fronte alla reiterazione
dell’attività di spaccio, coerentemente ha ritenuto superate le soglie per
ritenere il fatto di minima offensività.
4.2. Infine, in ordine alla lamentata illegittima della condanna in solido degli
imputati al pagamento delle spese processuali, contenuta nella sentenza di
primo grado, va osservato che effettivamente nella motivazione della sentenza
erroneamente gli imputati sono condannati “in solido” alle spese (pg. 72). Nel
dispositivo, però, tale errore non è reiterato laddove si legge che gli imputati
sono condannati “….tutti al pagamento delle spese processuali e di
mantenimento in carcere”, senza alcun cenno al vincolo della solidarietà.
Ricordata la consolidata giurisprudenza circa la prevalenza del dispositivo sulla
motivazione (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 2996 del 06/12/2007 Ud.
(dep.
21/01/2008), Rv. 238672), ne deriva la infondatezza della censura.
5. Ciarelli Massimo ha lamentato il vizio di motivazione in ordine alla condanna
per l’episodio del 23\1\2009 e per i capi B), EE), II) e KK).
Quanto al primo episodio, il giudice di merito ha ricostruito attraverso le
intercettazioni ed i servizi di osservazione tutti i movimenti dello Ciarelli e dei
suoi coimputati per l’acquisto di gr. 586 di cocaina a Napoli (da Mele Ciro ed
altri) ed il successivo trasporto a Pescara.
Durante il viaggio lo Ciarelli aveva avuto la cautela di lasciare il suo cellulare al
nipote Ciarelli Domenico, per poi utilizzare l’utenza portatile di Di Lazzaro
Marco; nonostante ciò non aveva però evitato la captazione delle conversazioni
e la ricostruzione dei suoi movimenti. A seguito dell’incontro a Napoli con
Fiorentino Salvatore e Mele Ciro e la consegna della droga, il trasporto dello
stupefacente era stato effettuato con due auto : una Golf su cui viaggiava
Santone Gabriele, ove era custodito lo stupefacente ed una Suzuky Swift a
4

Va ricordato che questa Corte ha più volte ribadito che l’attenuante del fatto di
lieve entità deve essere individuata in base ad un’operazione interpretativa che
consenta di rapportare in modo razionale la pena al fatto, tenendo conto del
criterio di ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost., che impone – tanto al
legislatore quanto all’interprete – la proporzione tra la quantità e la qualità
della pena e l’offensività del fatto (Cass. VI, 4194\95, imp. Salmi Ben, rv. 200797).
Inoltre, questa Corte ha avuto modo di statuire che : “In tema di commercio di
sostanze stupefacenti non è qualificabile come fatto di lieve entità l’ipotesi di
singolo spaccio di modesta quantità della sostanza, se esso costituisca
l’apprezzabile reiterazione, antecedentemente programmata o meno, di altri
simili atti” (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10764 del 25/05/1992 Ud. (dep. 05/11/1992),

(il Santone).

In ordine alle censure di vizio di motivazione relativamente ai capi B),
EE), II) e KK), va ricordato che in tema di ricorso per cassazione, i relativi
motivi non possono limitarsi al semplice richiamo “per relationem” ai motivi di
appello, allo scopo di dedurre, con riferimento ad essi, la mancanza di
motivazione della sentenza che si intende impugnare. Requisito, infatti, dei
motivi di impugnazione è la loro specificità, consistente nella precisa e
determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto da
sottoporre al giudice del gravame. Conseguentemente, la mancanza di tali
requisiti rende l’atto di impugnazione inidoneo ad introdurre il nuovo grado di
giudizio (Cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2896 del 09/12/1998 Ud. (dep, 03/03/1999),
Rv. 212610; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 21858 del 19/12/2006 Ud. (dep. 05/06/2007), Rv.
236689).

Nel caso di specie, dalla semplice lettura dei motivi di ricorso si rileva la loro
assoluta aspecificità rispetto alle articolate motivazioni dei due giudici di
merito.
In ogni caso le censure mosse alla sentenza, costituiscono obiezioni di mero
fatto ed esprime un dissenso “di merito” nei confronti della ricostruzione di
segno opposto, coerente e non manifestamente illogica, operata dal giudice di
merito.
6. Attanasio Pio ha lamentato il vizio di motivazione della sentenza di appello,
avendo questa fatto mero rinvio alle argomentazioni del giudice di primo
grado. Premessa la assoluta genericità della doglianza, rilevabile ictu °cui/ dal
testo del ricorso, va rilevato che la motivazione della Corte distrettuale
ripercorre in modo puntuale ed esaustivo la posizione dell’Attanasio senza far
ricorso a valutazioni apodittiche o meramente ripetitive, facendosi carico di
argomentare sull’inconsistenza ovvero sulla non pertinenza delle censure
proposte. Peraltro l’adempimento da parte del giudice di appello della sua

bordo della quale vi erano quattro persone tra cui lo Ciarelli Massimo. I due
veicoli dopo aver fatto lo stesso percorso di ritorno, sebbene in tempi diversi, si
erano ritrovati sotto casa dello Ciarelli, dopo che l’imputato, utilizzando
l’utenza cellulare del nipote Ciarelli Domenico, aveva inviato numerosi
messaggi al Santone per chiedergli ragione del ritardo. Al momento dell’arrivo
della Golf sotto casa dello Ciarelli, quest’ultimo e gli altri correi si erano
avvicinati al veicolo, aprendo la portiera posteriore e venendo in tale frangente
bloccati dai Carabinieri che, dopo il rinvenimento della droga (proprio sotto un
sedile posteriore) li arrestavano in flagranza.
Alla luce di tale ricostruzione dei fatti, appare irrilevante la censura formulata
dalla difesa circa la natura non chiara delle conversazioni intercettate, in
quanto ciò che vale dal punto di vista probatorio, come sottolineato dal giudice
di merito, è la organizzazione del viaggio finalizzata al prelievo ed al trasporto
della droga poi effettivamente rinvenuta dall’auto scortata dallo Ciarelli con
altro veicolo, con il conducente del quale egli era in contatto telefonico, tanto
da portargli l’auto contenente la cocaina fin sotto casa. Quanto al materiale
“possesso” della droga da parte dello °areni, secondo la difesa mai acquisito,
premessa la sua irrilevanza per la consumazione del reato, una volta
intervenuto l’accordo per l’acquisto, in ogni caso la detenzione illecita era
mantenuta in via mediata, attraverso il corriere da lui incaricato per il trasporto

funzione di controllo è testimoniata dalla circostanza che è stata pronunciata la
assoluzione di taluni imputati relativamente ad alcune delle imputazione e, in
relazione all’Attanasio Pio la corte distrettuale, in accoglimento di un motivo di
impugnazione, ha sensibilmente ridotto la pena (da 5 anni e 4 mesi di reclusione
6.1. Quanto alla doglianza della mancanza di motivazione circa il
riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità, va premesso che nella
formulazione dei motivi di appello la difesa si è limitata ad esplicitare il mero
“petitum” del riconoscimento del quinto comma dell’art. 73, senza alcuna
motivazione a sostegno della richiesta. Ne consegue che implicitamente la
corte di merito sul punto ha fatto riferimento alla pronuncia di primo grado.
Vanno comunque richiamate le argomentazione già svolte sul punto a
proposito della posizione del Rave (punto 4.1.).

7. D’Amico Alessandro ha svolto motivi di ricorso del tutto analoghi a quelli
proposti dal Rave, quanto alla inutilizzabilità delle intercettazioni, al mancato
riconoscimento della attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73 ed alla
illegittima condanna al pagamento in solido delle spese.
Si richiamano, pertanto, a dimostrazione della infondatezza delle censure, le
argomentazioni già svolte nella trattazione della posizione del Rave,
evidenziando che per quanto riguarda il capo AA.3), il traffico riguarda una
partita di due kg. di hashish (f. 46 sant. I grado e 25 appello) e per quanto riguarda
il capo n.1 esso è relativo al traffico di 7 gr. di cocaina (f. 32 sent. appello), dal
che la infondatezza della censura con cui è stata invocata la sussistenza
dell’attenuante del fatto di lieve entità.
Quanto al trattamento sanzionatorio va evidenziato che la corte di merito ha
ridotto la pena a carico del D’Amico, qualificando la recidiva reiterata e
specifica (precedenti per art. 73, 582 – 585 c.p., armi e 635 c.p., 186 C.d.S.), ma non
infraquinquennale, considerata a tal fine la ininfluenza della condanna per
contravvenzione. Nel rideterminare la pena ha valorizzato la recidiva,
implicitamente negando i presupposti per il riconoscimento delle attenuanti
generiche.
Le doglianze formulate sono pertanto infondate.
8. Fiorentino Salvatore ha lamentato il vizio di motivazione in ordine alla
condanna per l’episodio del 23\1\2009 e per il capo MM).
In ordine alla vicenda del gennaio 2009 si richiama quanto già esposto in
relazione alla posizione di Ciarelli Massimo. Il giudice di merito ha evidenziato
che il Fiorentino era stato uno di quelli che aveva mantenuto i contatti con
Mele Ciro e Ciarelli Massimo, nonché aveva seguito il trasporto della droga
dall’area di Napoli a Pescara. Nella nottata del 23 gennaio era stato arrestato in
flagranza in quanto era una delle persone che, unitamente allo Ciarelli, si era
avvicinato all’auto del Santone con la quale era stata trasportata a
destinazione (Pescara) la cocaina.
Quanto al capo MM) il giudice di merito ha ricostruito con dovizia di
particolari la vicenda. Ed in particolare i contatti tra Ciarelli Massimo acquirente
ed il gruppo dei napoletani, tra cui Mele Ciro e suo genero Fiorentino Salvatore.
In un primo tempo i napoletani dovevano andare a consegnare la droga a

ed C 24.000= di multa, ad anni 3 e mesi 4 ed C 14.000=, previa la concessione delle
attenuanti generiche).

ex plurimis, Cass. IV, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV 230278).

9. Mele Carmine ha lamentato il difetto di motivazione della condanna in
relazione alla sua partecipazione ai fatti contestati sub MM) del 28\10\08. Le
censure sono formulate in modo generico, a fronte di una ricostruzione della
vicenda analiticamente effettuata dai giudici di merito.
Richiamando quando già esposto nell’analizzare la posizione di Fiorentino
Salvatore, va evidenziato che Mele Carmine è protagonista, unitamente al
Giacobelli, dell’organizzazione degli incontri a Pescara tra i napoletani e lo
Ciarelli; incontri non concretizzatisi per la resistenza dei napoletani a spostarsi
dal territorio e culminati con la discesa nel napoletano dello Ciarelli.
Vero è che per l’organizzazione di questo terzo incontro l’imputato non ha
svolto un ruolo da protagonista, ma come osservato dal giudice di merito, egli
ha partecipato alla consegna della droga fatta dal padre Mele Ciro (585 gr. di
cocaina), poi effettivamente rinvenuta. Ciò si desume dalle conversazioni

Pescara; successivamente dopo incomprensioni e malumori, gli imputati si
erano accordati perché fosse lo Ciarelli a recarsi in provincia di Napoli a ritirare
la droga. Dopo il prelievo (il 28\10\08), all’uscita del casello autostradale di
Chieti l’auto dello Ciarelli veniva fermata e quest’ultimo veniva trovato in
possesso di 586 gr. di cocaina.
Il coinvolgimento nel fatto del Fiorentino, come esposto dal giudice di merito,
si rileva non solo dalle intercettazioni nelle quali, unitamente a Mele Ciro è uno
degli organizzatori del viaggio dello Ciarelli, ma anche dal suo comportamento
successivo all’arresto del pescarese, quando unitamente al Mele rimproverano
Giacobelli Michele di aver loro presentato lo Ciarelli, il quale si era dimostrato
poco affidabile e da cui non avevano ancora ricevuto il saldo del pagamento
della droga.
In considerazione di quanto esposto, le censure mosse dalla difesa alla
sentenza, esprimono solo un dissenso generico rispetto alla ricostruzione del
fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano
ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di
legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al
sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei
profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.
8.1. In ordine alla doglianza relativa al diniego delle attenuanti generiche, la
corte distrettuale, facendo riferimento alla gravità dei fatti ed ai precedenti
penali (per rapine, furto e delitti di falso), ha valutato negativamente la
personalità del Fiorentino così negando le attenuanti. Quanto al complessivo
trattamento sanzionatorio, l’aumento per la continuazione è stato contenuto in
anni due di reclusione ed C 9.000 di multa e la pena finale è stata fissata in
anni 6 di reclusione ed C 24.000= di multa.
Ciò detto, va rammentato che la valutazione del riconoscimento delle
attenuanti generiche e la determinazione della misura della pena tra il minimo
e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di
merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli
elementi indicati nell’articolo 133 c.p. Anzi, non è neppure necessaria una
specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta, come nel
caso di specie, contenuta in una fascia minima rispetto alla pena edittale (cfr.

230278).

Per quanto detto, i motivi di censura sono infondati.
10. Mele Ciro, detto lo “Zio”, padre di Mele Carmine e suocero di Fiorentino
Salvatore, ha lamentato la mancanza di motivazione della condanna, per avere
il giudice di primo grado ed, a seguire, quello di appello basato il tessuto
motivazionale della sentenza sulle stesse trame dell’ordinanza cautelare.
La censura è infondata. Va premesso che essendo stato il giudizio celebrato
con il rito abbreviato, la valutazione della responsabilità degli imputati è stata
effettuata pressoché sugli stessi elementi utilizzati per l’adozione della misura
cautelare. Ciò però non ha intaccato l’autonomia di giudizio del G.I.P. e della
Corte di Appello, tanto vero che nei due gradi di giudizio sono state
pronunciate una pluralità di assoluzioni.
Ciò premesso i motivi di ricorso si palesano ictu ocull del tutto generici anche
con riferimento ai capi MM) e PP), esplicitamente citati dal ricorrente, ciò a
fronte di una articolata motivazione della condanna.
10.1. Quanto al diniego delle attenuanti generiche, esse sono state negate con
il richiamo al “inquietante” certificato penale. Invero il Mele ha plurimi
precedenti penali per furto (6), armi, traffico di stupefacenti ed associazione di
stampo mafioso. Ebbene in assenza di elementi positivi di valutazione,
correttamente il giudice di merito ha negato le attenuanti, peraltro fissando la
pena in anni 6 di reclusione ed C 22.000= di multa, vicino al minimo edittale
tenuto conto della diminuente del rito abbreviato.

intercettate dopo l’arresto in flagranza dello Ciarelli , nelle quali il Mele
Carmine, colloquiando con lo Giacobelli, utilizzando il consueto linguaggio
criptico, lo informava che “hanno mangiato a casa dello Zio” intendendo che lo
Ciarelli aveva prelevato la droga dallo “Zio” (Mele Ciro). Inoltre forniva
particolari precisi sull’orario di partenza dello Ciarelli, dimostrando
ulteriormente di esser stato presente a tutta la vicenda.
Da quanto esposto emerge la infondatezza delle censure formulate, le quali
invocano una non consentita rilettura nel merito della vicenda, a fronte di una
coerente motivazione della condanna.
9.1. Quanto al trattamento sanzionatorio, la corte distrettuale ha negato il
riconoscimento della attenuante della minima partecipazione, considerato il
ruolo non secondario svolto dall’imputato ed attestato anche dal successivo
arresto in flagranza del 23\1\09 per analoghi fatti, a testimonianza di una non
occasionale partecipazione ai traffici illeciti del padre Mele Ciro.
Quanto all’entità della pena inflitta, il giudice di primo grado l’ha fissata in anni
5 e mesi 4 di reclusione ed C 20.000= di multa, concesse le attenuanti
generiche, nonostante il precedente penale per lesioni volontarie.
Orbene anche per tale imputato va ricordato che la determinazione della
misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere
discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se
abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’articolo 133 c.p.. Anzi, non
è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta
del giudice risulta, come nel caso di specie, contenuta in una fascia bassa
rispetto alla pena edittale (cfr. ex plurimis Cass. IV, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV

All’infondatezza dei ricorsi segue i loro rigetto e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.

Il Consigliere este ore

Il Presidente

Così deciso in Roma il 20 novembre 2012

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