Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9445 del 18/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 9445 Anno 2016
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOTA PASQUALE N. IL 06/08/1958
CICIRELLI LORENZO N. IL 24/03/1962
LOCAPO PASQUALE N. IL 06/05/1965
avverso la sentenza n. 807/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
27/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Q.k-cro
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.A
che ha concluso per o..

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. -airèLQ-C,Q—

Data Udienza: 18/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 27 febbraio 2014 la Corte di Appello di Bari confermava la sentenza
del Tribunale di quella città – Sezione Distaccata di Altamura – del 17 ottobre 2011 con la
quale, per quanto qui rileva, TOTA Pasquale, CICIRELLI Lorenzo e LOCAPO Pasquale, imputati
in concorso tra loro del reato di cui Agli artt. 110 cod. pen. e art. 44 lett. b) del D.P.R. 380/01
[reato accertato in Altamura il 20 marzo 200], erano stati condannati, unitamente a

ammenda.
1.2 La Corte distrettuale, nel richiamare le diffuse considerazioni svolte dal Tribunale,
escludeva che nella specie si fossero verificate le nullità dedotte dall’imputato LOCAPO
Pasquale in riferimento all’ordinanza dell’Il ottobre 2011 con la quale era stata dichiarata la
chiusura dell’istruttoria dibattimentale; nel merito riteneva condivisibili le argomentazioni
svolte dal Tribunale in punto di affermazione della responsabilità dei detti imputati in relazione
ai rispettivi ruoli di proprietario e committente dei lavori; di direttore dei lavori e di esecutore
dei lavori e in punto di pena riteneva congrua quella inflitta agli imputati in relazione alla
gravità della condotta che costituiva ostacolo anche per la concessione dell’ulteriore beneficio
della non menzione e per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
1.3 Avverso la sentenza propongono ricorso a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia gli
imputati TOTA, CICIRELLI e LOCAPO. In particolare la difesa del ricorrente TOTA lamenta
l’inosservanza della legge processuale penale (artt. 190, 1492 e 495 cod. proc. pen.) rilevando
che da parte del primo giudice non era mai stata aperta l’istruttoria dibattimentale con
conseguenze limitazione dei diritti della difesa che non aveva potuto articolare le prove di cui
alla lista testi depositata. Lamentava anche la nullità delle ordinanza dibattimentali del 18
aprile e 10 ottobre 2011 e la conseguente nullità della sentenza, nonché la violazione dell’art.
603 cod. proc. pen. per avere la Corte territoriale omesso di assumere prove decisive costituite
da dichiarazioni testimoniali ritenute indispensabili. Con un secondo motivo la difesa lamenta
l’inosservanza della legge penale (art. 36 del D.P.R. 380/01) per avere la Corte tralasciato di
considerare l’intervenuto rilascio della concessione in sanatoria. Con l’ultimo motivo la difesa
lamenta l’inosservanza della legge penale (art. 133 cod. pen.) e vizio di motivazione per
illogicità manifesta in punto di diniego del beneficio della non menzione.
1.4 La difesa dei ricorrenti CICIRELLI e LOCAPO articola cinque motivi di ricorso che,
stante la loro identità, possono essere esposti congiuntamente. Con il primo motivo viene
dedotto vizio di inosservanza del codice processuale in riferimento agli artt. 190, 492 e 493
cod. proc. pen. in analogia a quando dedotto dal ricorrente TOTA, ribadendo la mancata
apertura dell’istruzione dibattimentale e la conseguente compressione del diritto alla prova.
Con un secondo motivo la difesa si duole della inosservanza ed erronea applicazione degli artt.

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LAURRIERO Antonio, imputato non ricorrente) alla pena di mesi due di arresto ed € 7.000,00 di

495 e 178 lett. c) cod. proc. pen. e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte
territoriale che nulla argomentava in merito alle eccezioni sollevate dalla difesa. Con il terzo
motivo la difesa lamenta l’inosservanza del combinato disposto degli artt. 495 cod. proc. pen.
in relazione all’art. 515 stesso codice. Con un quarto motivo la difesa lamenta l’inosservanza
degli artt. 234 e 237 cod. proc. pen. e, in particolare, la mancata rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale con specifico riferimento alla mancata acquisizione della dichiarazione resa
dall’imputato TOTA ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000. Infine, con il quanto motivo, la

sulla base dei quali la Corte di merito ha confermato il giudizio di responsabilità di entrambi gli
imputati, dolendosi anche della apoditticità della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
2. Con riferimento al motivo afferente alla mancata apertura dell’istruzione dibattimentale
ed alla correlata violazione dei diritti difensivi in punto di mancata articolazione delle richieste
di prova in violazione degli artt. 493 e 495 cod. proc. pen, la censura proposta da tutti gli
imputati è palesemente destituita di fondamento avendo la Corte di merito esaminato funditus
l’eccezione sollevata che ha disatteso con motivazione che si sottrae a qualsivoglia vizio sotto il
profilo motivazionale sotto il profilo anche del rispetto delle norme processuali disciplinanti il
diritto alla prova dell’imputato e l’accesso alla prova. Si legge, in particolare, a pag. 2 della
sentenza impugnata, che, sull’accordo delle parti, il primo giudice aveva proceduto alla
acquisizione di tutte le prove documentali richieste dalle parti che, all’udienza del 18 aprile
2011 dopo l’acquisizione della informativa di reato previo accordo delle parti, avevano
rinunciato all’esame del teste TRAGNI così inducendo il giudice a revocare l’ammissione della
prova: ciò significa che le prove erano state articolate dalle parti nel pieno rispetto della
normativa di cui all’art. 493 cod. proc. pen. e che le stesse erano state poste nelle condizioni di
difendersi adeguatamente dalle accuse loro contestate. Peraltro in riferimento alla ordinanza di
revoca dell’ammissione di un teste a discarico, pur versandosi in una ipotesi di nullità (a
regime intermedio) questa è disciplinata dall’ad 182 cod. proc,. pen,. che esige la deduzione
immediata da parte dell’imputato (o del suo difensore presente) che, se non avvenuta
determina la sanatoria della nullità ai sensi dell’art. 182 comma 2 cod. proc pen. (Sez. 3^
6.12.2005 n. 816, Guappa, Rv. 233256; Sez. 5^ 17.2.2012 n. 18351, Biagini, Rv. 252680;
idem 30.9.2013 n. 51522. Abatelli e altro, Rv. 257891).
2.1 Con riferimento alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale dedotta dalla
difesa del ricorrente TOTA, nessuna violazione di legge si è verificata, tenuto conto che non
rientra negli obblighi specifici del giudice di merito quello di motivare il diniego della riapertura
parziale dell’istruzione, ben potendo la motivazione risultare implicita, e, di contro, dovendosi

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difesa lamenta l’inosservanza dell’art. 192 cod. proc. pen. in tema di valutazione degli elementi

ritenere oggetto di specifica motivazione una eventuale ordinanza ammissiva della prova
suppletiva.
2.2 Quanto alla mancata valutazione del permesso di costruire in sanatoria acquisito in
atti, correttamente la Corte non ne ha tenuto conto in quanto le opere oggetto di quel
permesso erano diverse da quelle oggetto della contestazione sicchè la conclusione della Corte
di merito è stata che le opere de quibus erano del tutto prive di permesso di costruire (si
trattava di lavori in totale difformità del titolo abilitativo come ricorda la Corte territoriale a

3. Con riferimento al terzo motivo del ricorso TOTA la decisione della Corte di negare il
beneficio della non menzione è coerente con il dettato normativo di cui all’art. 133 cod. pen.
che la difesa risulta essere stato violato: invero la pubblicità della decisione è stata ritenuta
dalla Corte di merito un valido deterrente per i prevenuti affinchè non reiterassero fatti
analoghi e dall’altro conto la negativa personalità del TOTA e le modalità di comportamento
costituiscono elementi negativi della quale la Corte ha tenuto conto in osservanza alle
prescrizione dettate dall’art. 133 cod. pen.
4. Con riguardo agli ulteriori motivi dei ricorsi del CICIRELLI e del LOCAPO, rileva il
Collegio che mentre il secondo motivo può dirsi assorbito nel primo, risultato – per come dianzi
esposto – manifestamente infondato, il terzo motivo non risulta essere stato dedotto con l’atto
di appello sicchè, sotto tale specifico profilo, si versa nella ipotesi di inammissibilità
contemplata dal comma 3 dell’art. 606 cod. proc., pen. u.p. Né tale motivo può ritenersi
implicitamente incluso nel primo, trattandosi di una specifica violazione di legge collegata ad
una determinata omissione (la mancata acquisizione degli allegati alla informativa di reato).
5. Con riguardo al quarto motivo afferente alla dedotta inosservanza dell’art. 603 cod.
proc. la Corte di merito ha del tutto correttamente omesso di acquisire la dichiarazione redatta
dal TOTA ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/00, sia perché ritenuta non necessaria
(osservandosi che è legittima la decisione del giudice di non acquisire documenti ritenuti
irrilevanti), sia perché il permesso di sanatoria rilasciato ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/01
in tanto può ritenersi legittimo in quanto venga verificata la doppia conformità agli strumenti
urbanistici, nel caso in esame del tutto esclusa: peraltro non può farsi a meno di osservare che
la censura sollevata in seno al quarto motivo di ricorso è del tutto generica non
comprendendosi neanche la ragione per la quale il documento in parola dovesse essere
acquisito.
6. Quanto, infine, all’ultimo motivo con il quale viene dedotta l’apoditticità della decisione
della Corte di merito in punto di conferma della responsabilità del CICIRELLI e del LOCAPO,
dalla lettura del testo della decisione non risulta affatto il vizio denunciato, in quanto la Corte
di merito ha fatto riferimento alle risultanze del sopralluogo eseguito da personale della Polizia
Municipale di Altamura in data 20 marzo 2009 alla presenza del LOCAPO nella sua veste di

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pag. 2 della sentenza impugnata.

esecutore dei lavori. E’ dunque evidente la riconducibilità del fatto al LOCAPO, ma anche al
CICIRELLI nella veste di direttore dei lavori, essendo anche questi soggetto tenuto a sincerarsi
della conformità dei lavori al progetto e rispondendo personalmente delle eventuali difformità
riscontrate, difformità risultanti ictu °cui/ in sede di sopralluogo come ricordato dalla Corte di
Appello sulla base anche dei riscontri fotografici che smentiscono la tesi del ricorrente
CICIRELLI, secondo la quale i lavori difformi sarebbero stati eseguiti dal TOTA a sua insaputa e
dopo che egli aveva esaurito il compito di direzione dei lavori.

spese processuali nonché al versamento, a carico di ciascuno, della somma – ritenuta congrua
– di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa i ricorrenti nella
determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna W ricorrente( al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 18 marzo 2015

7. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle

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