Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9440 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9440 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MONTAGNA ALESSIA N. IL 30/04/1980
avverso la sentenza n. 5180/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 22/01/2014

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Montagna Alessia avverso la sentenza emessa
in data 17.10.2012 dalla Corte di Appello di Milano che, in parziale riforma di quella del
G.i.p. del Tribunale di Voghera in data 3.4.2008 con la quale la predetta era stata dichiarata
colpevole di 7 delitti di cui all’art. 73 comma 10 dPR 309/1990 (cessione di hashish e
marijuana e coltivazione di cannabis indica), riduceva la pena inflitta ad anni uno e mesi
quattro di reclusione ed C 400 di multa, concedendo i benefici della sospensione condizionale
e della non menzione della condanna.

c.p., assumendo la ricorrenza di elementi sufficienti per ravvisare l’uso personale ed il
consumo di gruppo; nonché la violazione di legge in ordine al trattamento sanzionatorio,
poiché la misura della pena avrebbe dovito essere contenuta nel minimo edittale.
Il ricorso è inammissibile essendo i motivi addotti aspecifici, manifestamente infondati e non
consentiti nella presente sede di legittimità.
Invero le censure mosse sono palesemente generiche perché prive del requisito della
specificità, consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di
effettiva critica alla decisione impugnata che fornisce, invece, un’esaustiva motivazione alla
base del diniego del prospettato “uso di gruppo”.
Peraltro si pretende di rivalutare le acquisizioni probatorie ed i comportamenti dell’imputato,
prerogativa, questa, riservata, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1,
lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, in via esclusiva al giudice di
merito e preclusa in sede di legittimità.
Quanto alla misura della pena inflitta, si rammenta che la determinazione della misura della
pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di
merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente
gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. (tra le altre, Cass. pen., Sez. IV, 13.1.2004, Palumbo).
A ciò dovendosi aggiungere che non è neppure è necessaria una specifica motivazione tutte
le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta in una fascia medio bassa, come nel caso
di specie, rispetto alla pena edittale (Cass. pen. Sez. IV, 4.12.2003, Cozzolino ed altri).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, addì 22.1.2014

Deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 73 c. 1 e 1 bis dPR 309/1990, 192 e 533

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