Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9434 del 09/02/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 9434 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari

avverso la sentenza pronunciata in data 3.11.2015 dalla Corte di Appello di Bari,
riguardante la richiesta di estradizione di
Dzhangveladze Merab, nato in Georgia il 20.11.1961

visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso e la memoria difensiva
depositata il 3.2.2016;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Mogini;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Francesca Loy. , che ha concluso per l’annullamento con rinvio
dell’impugnata sentenza;
udito l’avvocato Francesco Paolo Sisto, difensore di fiducia del ricorrente, che ha
concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari
ricorre avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Bari ha
dichiarato insussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di
estradizione proposta dal Kazakistan nei confronti di Dzhangveladze Merab,

Data Udienza: 09/02/2016

essendo in corso in Italia procedimento penale per gli stessi fatti di associazione
a delinquere oggetto della citata domanda di estradizione.

2.

Il pubblico ministero ricorrente lamenta vizi di motivazione con

riferimento alla valutazione dell’identità del fatto oggetto della domanda di
estradizione rispetto a quello per il quale risulta pendente in Italia, nei confronti
della persona richiesta in consegna, procedimento penale (art. 705, comma 1,

come proprio capo e promotore il Dzhangveladze, operano separatamente ed
autonomamente l’una dall’altra ed hanno compagini, sfere d’azione territoriali,
attività e finalità diverse. Diversa sarebbe anche l’estensione temporale delle
condotte criminose considerate nei procedimenti in corso in Italia e in Kazakistan
nei confronti del Dzhangveladze.

3. La difesa del Dzhangveladze ha depositato in data 3.2.2016 memoria con
la quale ha sostenuto l’inesistenza dei vizi di motivazione denunciati dal pubblico
ministero ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato. Per affermare la sussistenza dell’identità del fatto ai
fini dell’art. 705, comma 1, cod. proc. pen., la sentenza impugnata, dopo aver
riportato l’imputazione per la quale la persona richiesta in consegna è perseguita
in Italia, si limita a segnalare che nella domanda di estradizione si indicano
“connotazioni analoghe all’imputazione italiana”, della quale viene sottolineata
l’ampiezza e l’espresso riferimento alla transnazionalità dell’associazione, sicché
non sarebbe possibile individuare una o più associazioni diverse da quella per la
quale si è proceduto in Italia.
Orbene, tale apparato argomentativo si palesa generico e incongruo rispetto
alle suddette finalità di verifica, come puntualmente definite nella giurisprudenza
di questa Corte.
Premesso che in tema di cooperazione funzionale tra gruppi criminosi
risponde di distinti reati associativi colui che agisce per conto di due consorterie
criminali, le quali, pur se tra loro federate e funzionalmente collegate,
conservano entrambe autonomia decisionale ed operative (ex multis, Sez. 2, n.
27116 del 22/05/2014, Grande Aracri, Rv. 259810), va ribadito che per la
valutazione dell’identità del fatto rilevante ai fini dell’art. 705 cod. proc. pen.
deve compiersi un analitico raffronto degli elementi costitutivi del reato
2

cod. proc. pen.). Si tratterebbe infatti di due compagini criminali che, pur avendo

(condotta, evento, messo causale), nonché delle circostanze di tempo e di luogo,
delle modalità attuative, delle parti offese, di eventuali concorrenti, etc. così da
accertare o escludere la corrispondenza storico – naturalistica e giuridica dei fatti
costituenti illecito penale nei due paesi (Sez. 6, n. 26290 del 28.5.2013, Rv.
256565).
Si rende quindi necessario l’annullamento della sentenza impugnata con

principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimità, proceda, anche
con riferimento alle specifiche censure enunciate dal pubblico ministero, a nuovo
esame sui punti e profili critici segnalati, colmando – nella piena autonomia dei
relativi apprezzamenti di merito – le indicate lacune e discrasie della
motivazione.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte

di

Appello di Bari. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203
disp. att. c.p.p..

Così deciso il 9/2/2016.

rinvio degli atti alla Corte di Appello di Bari perché, in coerente applicazione dei

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