Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9421 del 17/02/2016

Penale Sent. Sez. 6 Num. 9421 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso la sentenza n. 3577/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
06/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO COSTANZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. H. ”
L23 (A (Q » ttk
che ha concluso per frs2, k
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Udito, per la pa
Udit difensoAvv.

Data Udienza: 17/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pistoia ha condannato
A.A. per calunnia continuata ex artt. 81 e 368 cod. pen. consistita
nella mendace e artefatta attribuzione a B.B. di una serie di
condotte persecutorie nei suoi confronti. La seconda sezione penale della Corte
di appello di Firenze, con sentenza n.1545/2013, in parziale riforma della

rifondere alla parte civile B.B. le spese del secondo grado.

2. Nel ricorso presentato nell’interesse della A.A. si chiede l’annullamento
della sentenza della Corte di appello per vizio della sua motivazione
relativamente: a) alla prova della responsabilità dell’imputata; b) alla entità della
pena e al risarcimento del danno, per avere la Corte trascurato di considerare
che l’imputata si limitò a aggiungere alcune e-mail a quelle effettivamente
ricevute.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso assume come errato il ragionamento probatorio
seguito dalla Corte di appello perché fondato sulla seguente formula logicamente
viziata: poiché la A.A. ha mentito relativamente alle e-mail dell’agosto 2009
che ha sostenuto di avere ricevuto da B.B., allora ha mentito in
relazione a tutti gli altri episodi denunciati. In altri termini, si osserva che

Le e-

mail minatorie che la stessa imputata ammette di avere confezionato per
avvalorare le sue accuse non escludono che siano invece reali tutti gli altri
episodi ricondotti a comportamenti di B.B..
Tuttavia deve rilevarsi che la struttura del motivazione della sentenza
impugnata non è riconducibile alla riduttiva formula suindicata. La Corte ha
evidenziato, con apposite analitiche argomentazioni – le conclusioni della quali
convergono con quelle raggiunte nella sentenza del Tribunale – quanto segue: i
contenuti degli messaggi (sms) mostrano che le comunicazioni di B.B. sono
risposte a precedenti comunicazioni della A.A. – o, comunque, si ineriscono
nel contesto di conversazioni fra loro – e i tabulati indicano centinaia di
comunicazioni a iniziativa dell’imputata (pag.10); in questo contesto le
espressioni usate da B.B. perdono la valenza minatoria prospettata dalla
A.A. (pagg.10-11); anche per le e-mail diverse da quelle che l’imputata ha
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condanna, ha rideterminato la pena e condannato l’appellante A.A. a

ammesso di avere confezionato e per altre tracce di atti persecutori emergono
validi argomenti – traibili anche dalle risultanze dei tabulati relativi all’impianto
satellitare montato sulla vettura usata dalla A.A.- per non escludere che
provengano da lei (pagg.12 e 14-15); non vi era ragione di forzare i dati sulla
intensità della denunciata persecuzione per rendere più solerti i carabinieri
perché risulta con evidenza che essi effettuarono molteplici tempestivi interventi
(pag.13); né gli interventi dei carabinieri né le testimonianze raccolte
avvalorano le narrazioni dell’imputata circa le aggressioni patite per mano di un

prodotte dalla donna risultano dissonanti rispetto alla entità delle narrate
aggressioni, tutte – peraltro – concomitanti con occasioni nelle quali la donna ha
affermato di praticare l’equitazione così da non risultare implausibile che le
certificazioni si riferiscano a episodi connessi alla attività sportiva (pag.17).
Né il “travisamento dei fatti” dedotto nel ricorso può costituire oggetto di
giudizio in questa sede. Il ricorso per cassazione è ammesso per vizi della
motivazione riconducibili tassativamente soltanto alla motivazione totalmente
mancante o apparente, manifestamente illogica o contraddittoria
intrinsecamente o rispetto a altri atti processuali specificamente indicati. Resta
estraneo alla cognizione della Corte di cassazione la conoscenza del contenuto
degli atti processuali per verificare l’adeguatezza della valutazione delle prove e
sono, pertanto, irrilevanti tutte le deduzioni che introducano direttamente nel
ricorso il materiale probatorio al fine di ottenerne una valutazione diversa da
quella dei giudici di merito e conforme a quanto prospettato dal ricorrente (Cass.
pen., Sez. 7, ordinanza n. 12406 del 19/02/2015, Rv. 262948).
Le modifiche apportate dall’art. 8 legge 20 febbraio 2006 n.46 non hanno
mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un giudizio di legittimità,
sicché la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione non può
tradursi in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a
quella effettuata dal giudice di merito. Gli “altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame” menzionati ora dall’art. 606, comma 1, lett.e,
cod. proc. pen., dai quali ricavare il vizio di motivazione, che non risulti dal testo
del provvedimento impugnato, non possono che essere quelli concernenti
l’eventuale travisamento della prova che ricorre se il giudice di merito ha fondato
il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova
incontestabilmente diverso da quello reale: in questo caso, non si tratta di
reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della
decisione, ma di verificare se questi elementi esistano (Cass.pen.: Sez. 4, n.

3

ignoto complice straniero di B.B., anzi i contenuti delle certificazioni mediche

4675 del 17/05/2006, dep. 2007, Rv. 235656; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007,
Rv. 237652; Sez. 5, n. 30440 del 22/06/2006, Rv. 234603).
Sulla base di quanto precede, il primo motivo di ricorso è inammissibile.

2. Il secondo motivo di ricorso mira a ottenere l’annullamento della sentenza
impugnata con rinvio a altro giudice sul presupposto che, dovendosi restringere
– per quanto posto a base del primo motivo di ricorso – il numero delle condotte
calunniose, la pena andrebbe ridotta. Sulla scorta dello stesso ragionamento, il

danno e della rifusione delle spese processuali alla parte civile, alla eliminazione
delle sanzioni accessorie. Ne deriva che la sorte di entrambi segue quella del
primo motivo di ricorso.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 17/02/2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

terzo motivo di ricorso mira a una riduzione della misura del risarcimento del

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