Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 9417 del 22/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 9417 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIOP CHEIKH N. IL 20/06/1992
avverso la sentenza n. 3860/2012 TRIBUNALE di TORINO, del
31/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 22/01/2014

Osserva

Ricorre per cassazione, personalmente, Diop Cheich avverso la sentenza emessa in
data 31.7.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di
Torino con la quale veniva applicata al predetto la pena concordata di mesi dieci di
reclusione ed C 3.000,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 co. 1 e 1 bis dPR
309/1990 (detenzione di eroina).
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla sussistenza delle condizioni per il
proscioglimento ex art. 129 c.p.p. e alla congruità della pena.

infondati.
I motivi sono palesemente generici perché privi del requisito della specificità,
consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di
effettiva critica alla decisione impugnata.
Le censure sono manifestamente infondate: infatti, come questa Corte ha
ripetutamente affermato (cfr.

ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del

27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla delibazione degli
elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta
qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di
bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale
della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi
(che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo
129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere
in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in
particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè
recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la
congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime:
evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi aspecifici e manifestamente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, addì 22.1.2014

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